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“Psiche, media e social network”: perchè mostriamo le nostre vite sui Social Network? Che fine ha fatto la privacy?

Creato il 18 ottobre 2015 da Stivalepensante @StivalePensante

Settimo appuntamento con “Psiche, media e social network”, un viaggio nel mondo della psicologia che continua a spiegare, grazie alle risposte della psicologa e psicoterapeuta, Alessia Saccucci, alcune dinamiche riguardanti la psiche umana. Il riferimento va a quello che accade nel mondo, all’uso dei Social Network e, soprattutto, alla loro reazione/interazione.

La dottoressa, psicologa e psicoterapeuta, Alessia Saccucci

La dottoressa, psicologa e psicoterapeuta, Alessia Saccucci

Oggi, la dottoressa Alessia Saccucci affronterà il tema della privacy sui Social Network, soprattutto su Facebook. Sempre più, infatti, gli utenti raccontano tramite foto, video o post la propria vita, come se fosse un “diario” da mostrare ai propri contatti. Se da una parte si tratta di uno strumento utile per trovare amici di vecchia data o persone con interessi comuni, dall’altra si condivide ogni momento della propria vita con gli altri. Quali sono le ragioni?

Con il tempo, sui Social Network, la privacy è andata via via a scomparire. Qual è il significato della scelta degli utenti dl mostrare agli altri la propria vita, in tutte le piccole sfaccettature?

“Privacy” è un termine che nella nostra società sentiamo utilizzare spessissimo, ma credo che quasi nessuno abbia una reale percezione della sua importanza. La privacy è una questione delicata che ha a che fare col concetto di “intimità”. L’intimità a sua volta ha a che fare sia con noi stessi, che con le persone con cui abbiamo una relazione di particolare vicinanza fisica e/o emotiva, un rapporto che permette agli individui, data la loro confidenza, di vivere quotidianamente gli uni accanto agli altri senza sentirsi a disagio.
Nell’esperienza quotidiana la questione privacy è importante: nella nostra vita “offline” la percezione di essere guardati, osservati – controllati è spesso fonte di sentimenti di ansia, depressione e bassa autostima; in generale possiamo dire che, sia che ad osservare sia il datore di lavoro o le persone su Facebook, siamo più inclini a conformarci e mostrare meno creatività, con un aumento del livello degli ormoni dello stress. Essere osservati ci fa preoccupare di come siamo percepiti, e può inibire la nostra capacità di esplorare sentimenti e pensieri e quindi di svilupparci come individui. Parrebbe quindi controproducente condividere sui Social la nostra vita in modo esagerato.
E allora perché spesso continuiamo a farlo? Le motivazioni sembrerebbero andare ricercate nelle aspettative che le persone hanno rispetto alle proprie condivisioni, rispetto al fatto di “dare” qualcosa di loro stessi agli altri. Ad esempio uno studio effettuato in Germania, durato tre anni, ha rilevato che le persone che più condividevano fatti ed emozioni private, erano anche quelle a dichiararsi più insoddisfatte ed a desiderare più privacy. È possibile spiegare questo paradosso col fatto che queste persone spesso ricevevano, in “cambio” alle loro esternazioni personali, un supporto “informativo”: link ad articoli o informazioni su feste e ristoranti. Ciò che però in qualche modo ricercavano con il loro atteggiamento era un altro tipo di supporto, un sostegno emotivo che conduce al benessere come qualcuno che ti sta vicino in un momento difficile o una spalla su cui piangere. Gli stessi soggetti, dichiaravano però anche di continuare a partecipare agli scambi online, per paura di sentirsi tagliati fuori e venir considerati strani e senza interessi. Così il circolo di condivisione di informazioni seguita da sentimenti di generale insoddisfazione e vulnerabilità si mantiene. Potrebbe sembrare che condividere il più informazioni possibili serva a rendere più solide e veritiere le relazioni create sui Social.
La questione però appare delicata, in quanto nella “realtà” costruire e mantenere una relazione intima (sia che si tratti di amicizia che di amore), è un processo di regolamentazione della privacy, dove attuiamo un mutuo e graduale auto-svelamento di informazioni sempre più private, che ci permette al tempo stesso di mantenere l’identità individuale e di “unirci” all’altro. Oggi però spesso le informazioni su di noi sono (troppo) facilmente recuperabili attraverso una ricerca su Google, e questo influenza inevitabilmente la qualità della costruzione di un rapporto. Non possiamo però prescindere dal considerare che questa modalità di relazionarsi ed interagire con gli altri ha preso sempre più piede e fa “ormai” parte del nostro modo di vivere la socialità. Anche in questo caso quindi la vera differenza la fa il modo in cui ognuno di noi riesce a gestire questi aspetti nella partecipazione a questo fenomeno sociale.

Psicologa e Psicoterapeuta, la dottoressa Alessia Saccucci (cliccare qui per consultare il sito) lavora come libera professionista a Luino, in provincia di Varese. Dopo aver conseguito la Laurea in Psicologia ad indirizzo Riabilitativo ha ottenuto la Laurea Specialistica in Psicologia, indirizzo Clinico-Dinamico, presso l’Università degli Studi di Pavia. Ha in seguito concluso una formazione quadriennale in Psicoterapia Cognitivo-Costruttivista presso il Centro Terapia Cognitiva di Como, specializzandosi con il massimo dei voti e lode. Numerosi i corsi frequentati, maturando sia esperienza clinica che esperienza come educatrice.

Per approfondire:

  1. Le notizie di cronaca nera come incidono a livello psicologico nell’interesse delle persone?
  2. “Psiche, media e social network”: Le notizie su omicidi e morti sono quelle più lette. Perchè?
  3. “Psiche, media e social network”: i commenti e il rispetto dell’altro su Facebook
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