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Psicologia: SPORT

Creato il 04 settembre 2014 da Isa Voi @VoiIsa
I consigli della psicologa dell'età evolutiva, dott.ssa  Milena Giacobbe
Psicologia: SPORT
Per Marco a settembre c’è un altro importante appuntamento: finalmente riprendono gli allenamenti e per due volte alla settimana può correre e divertirsi senza nessuna regola … o quasi! Delle regole in effetti ci sono, ma servono semplicemente per divertirsi di più e imparare tantissimi trucchi, quelli che usano i campioni, per intenderci …
I genitori sono chiamati ad aiutare i bambini a scegliere uno sport che possa gratificarli e che allo stesso tempo risponda a determinati requisiti che possano aiutare i figli a crescere “meglio”. Come scegliere allora lo sport giusto? Solitamente, a meno di una passione sfrenata, i piccoli hanno bisogno di sperimentare concretamente un’attività sportiva prima di decidere se gli piace. Così le società sportive spesso offrono una o due lezioni di prova, in seguito alle quali il bambino può decidere se continuare o meno. Le determinanti di questa scelta sono molteplici. Innanzitutto bisogna considerare se lo sport è individuale (nuoto, tennis, danza, boxe …) o di squadra (pallavolo, pallacanestro, calcio, rugby …) e considerare non solo l’inclinazione del proprio figlio, ma anche i suoi bisogni, senza forzare eccessivamente. Per esempio, se un bambino ha bisogno di socializzare perché tendenzialmente timido ed introverso, è vero che sarebbe utile uno sport di squadra, ma è altrettanto vero che è meglio riflettere sulle radici di questo modo di essere e magari trovare un giusto compromesso (per esempio alcune piscine propongono momenti di “riscaldamento” comune, poi prestazioni individuali …).  Altro elemento abbastanza determinante dovrebbero essere le caratteristiche della società sportiva prescelta. Alcune società per esempio, puntano alla scoperta di giovani talenti, altre preferiscono favorire la crescita del gruppo, alcune sono più rigide, altre più  “familiari” …. E soprattutto alcune decidono di affiancare ai bambini personale specializzato, altri si affidano a personale professionale. Con questi due termini intendo una differenza sostanziale: un bambino ha bisogno di un educatore che lo aiuti a crescere attraverso lo sport, non di un allenatore che lo porti a realizzare il gesto sportivo perfetto (sempre ammesso che questo esista). Per affinare le capacità il bambino deve prima possedere una personalità sana. I piccoli atleti infatti hanno bisogno di un allenatore che sappia entrare in empatia con loro, che li ascolti,  che si proponga loro come un esempio da imitare e che tenga a loro in quanto persone e non solo in quanto atleti più o meno bravi. I bambini hanno bisogno di una figura in cui riporre fiducia, che li sostiene , li incoraggia e li gratifica, ma allo stesso tempo sia in grado di dare regole e limiti. È così infatti che si forma una personalità sana: se ci si può appoggiare a figure solide e coerenti, che magari interrompono l’allenamento perché, in quel momento, è più utile parlare delle motivazioni di un litigio tra i piccoli atleti …
Lo sport allora può diventare un valido aiuto perché può portare notevoli benefici sia al corpo che alla mente. È noto che una regolare attività fisica irrobustisce il corpo, contribuisce ad un sano sviluppo dell’apparato scheletrico, previene le malattie, aiuta a controllare il peso (in una società dove è facile nutrirsi con il cosiddetto cibo spazzatura …) e a mantenere sano l’apparato cardio-circolatorio. A livello psicologico, invece aiuta i bambini ad apprendere le regole del vivere sociale, previene rischi comportamentali di dipendenza da sostanze, può contribuire a ridurre l’ansia, favorisce la nascita di una corretta autostima e migliora il rendimento scolastico.Infatti  la disciplina sportiva, se gestita in modo corretto, facilita l’apprendimento di molti requisiti utili anche a scuola. Saper progettare, saper organizzare il proprio tempo e le proprie energie, utilizzare la memoria per ricordare esercizi o schemi, immaginare se stessi nello spazio a disposizione … sono solo alcuni degli esempi di capacità che sono implicate anche nello studio.Inoltre lo sport dovrebbe essere uno dei veicoli attraverso cui la famiglia è aiutata a trasmettere i valori che oggi sembra siano “fuori moda” come la tolleranza e la non-violenza.
In conclusione, l’importante è ricordare che lo sport non deve essere una imposizione, ma proprio per arrecare tutti i benefici che ho sopra elencato, deve essere vissuto con piacere.  
Dott.ssa Milena GiacobbePsicologa dell’età evolutivaViale Dante, 20 NovaraCel. 348.3173462

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