Psicoterapia dinamica e altre
Psicoterapia dinamica o cognitivo comportamentale?
La domanda appare un po’ peregrina per diversi motivi, il primo è che la psicoterapia è di fatto un dedalo di indirizzi teorici e pratici. Vi sono più di cinquecento diverse scuole di pensiero e almeno cento sono strutturalmente antitetiche l’una all’altra. La seconda, e questa è forse la più forte, ognuno di noi che fa questo mestiere, pensa di essere i più bravo degli altri e di avere la soluzione per ogni problema. La terza e non ultima causa , è che l’informazione sulle specificità di ogni singola indirizzo teorico, è quasi nullo. Ad esempio, il medico di base solitamente fa fatica a distinguere tra psicologo e psicoterapeuta. Chiedergli di fare altre distinzioni, sarebbe arduo.
Eppure nella medicina allopatica, termine utilizzato dal fondatore dell’omeopatia Samuel Hahnemann nel XIX secolo, per distinguere la medicina convenzionale del tempo dalla sua, non solo ha dovuto fare i conti con l’omeopatia e poi successivamente con l’agopuntura, l’osteopatia e tutta una serie di una serie di “medicine alternative” ma anche all’interno della medicina ortodossa si sono avute diverse differenziazione. Pensiamo ad esempio al Nefrologo o all’Andrologo specialisti che nascono ambedue come costole dell’ Urologo. Oppure, il Neurologo e lo Psichiatra, figure professionale ora ben distinte sia nella formazione che nelle competenze ma che fino agli anni ’80 erano riunite in un’unica specialità: la Neuropsichiatria. Ancora, il Reumatologo una figura fino agli anni ’70 era totalmente surrogata dall’Ortopedico e poi, il Dentista che faceva anche L’Ortodontista, etc.
Quindi dicevo, nella medicina classica ci dovrebbe essere una consapevolezza della necessità di una specializzazione, invece no, a ribadire un atteggiamento un po’ cartesiano, corpo e psiche, dove i medici pensano al corpo e alla psiche, gli psicologi. Cosa facciano questi ultimi, poco importa ai medici. Peccato che i mandati siano spesso i medici di base.
Tornando alla psicoterapia dinamica e cognitivo comportamentale, ho tenuto queste due grandi categorie, pur consapevole dei mille rigagnoli che si sono strutturati negli anni, perché credo rappresentino i capostipiti, le due sostanziali possibili approcci al disagio psichico.
Sappiamo che le radici della psicoterapia dinamica le troviamo nella psicoanalisi di Freud, poi Junghiana e Adleriana, mente il termine cognitivo comportamentale è una sintesi che si è avuta negli anni ’60 nella confluenza delle terapie del comportamento (le “behavior therapies”), iniziate negli anni ’50 di D. Meichenbaum e la terapia cognitiva di Aaron Beck.
La psicoterapia cognitivo comportamentale
Il termine “cognitivo” si riferisce a tutto ciò che accade all’interno della mente, ossia, tutti i processi mentali come pensiero, ragionamento, attenzione e la memoria che implicano lo stato di coscienza e consapevolezza. Mentre il termine “comportamentale” si riferisce invece ai comportamenti manifesti (non solo le azioni ma tutte le attività leggibili nell’organismo nel rapporto con l’ambiente) da parte del soggetto.
La terapia cognitivo comportamentale è una terapia direttiva che si focalizza prevalentemente sul presente e si propone la soluzione dei problemi attuali. I pazienti imparano alcune specifiche tecniche, abilità (coping) che potranno utilizzare anche in seguito. Queste abilità riguardano l’identificazione dei cosiddetti “modi distorti di pensare”, e la modificazione di convinzioni irrazionali e il cambiamento di comportamenti che sono causa del disadattamento. In fondo, la terapia cognitivo comportamentale poggia su una base sperimentale che ripete il metodo proprio delle scienze naturali.
Il terapeuta nella terapia cognitivo comportamentale tiene un atteggiamento direttivo psicoeducativo e tende a chiarire al paziente i circoli viziosi e i meccanismo che causano e mantengono alcuni sintomi. La terapia cognitivo comportamentale si fa carico del sintomo e parte dal presupposto teorico dove la mente è considerata una sorta di black box per usare un termine coniato da John Watson, cioè una scatola nera il cui funzionamento interno è inconoscibile e per i comportamentisti, irrilevante. Indi, tutto che è accaduto prima, dal momento della nascita ad oggi e che è per i dinamici è depositato nell’inconscio ai comportamentisti non interessa e non deve essere toccato.
La psicoterapia dinamica
Chiaramente di parere opposto sono coloro che lavorano nel campo della psicoterapia dinamica. Essi partono dal presupposto che quello che oggi facciamo, nel bene e nel male non è altro che una reiterazione di dinamiche che si sono strutturate nei primissimi anni di vita, secondo la Klein nei primi sei mesi.
Lo scopo della psicoterapia dinamica non è quello di farsi carico del sintomo ma di scoprire nel rapporto paziente terapeuta la lettura del transfert, l’interpretazione dei sogni, dei lapsus e libere associazioni , le cause, i nuclei nevrotici che si sono costellati nel tempo, rendendo possibile una elaborazione. Lo scopo della psicoterapia dinamica per usare una bellissima metafora di Freud è di diventare “padroni a casa propria” o come diceva Jung, individuarci cioè diventare se stessi.
Il terapeuta che fa psicoterapia dinamica si astiene dal dare consigli o indicare direzioni ma fornisce interpretazioni cercando di aiutare il paziente a capire come lui funziona.
E’ chiaro che l’approccio terapeutico in un caso o nell’altro si differenzia abbastanza ma soprattutto che diversi tipi di disagi possono trovare beneficio in una risposta terapeutica o nell’altra.
Per ovvi motivi, non sono la persona più adatta per dire quali disagi per la terapia comportamentale e quali per la psicoterapia dinamica. Direi però, rifacendomi a dati clinici consolidati che un paziente fobico trova sicuramente una risposta più consona nella psicoterapia cognitivo comportamentale ma un borderline o a un narcisista, sicuramente gli deve essere consigliata una psicoterapia dinamica.
Restando nei “massimi sistemi”, sintetizzerei dicendo che per un disagio momentaneo e comunque non strutturato che non intacca le strutture della personalità sceglierei una terapia cognitivo comportamentale, la dove c’è un problema di personalità, la psicoterapiadinamica.
Detto così sembra facile, purtroppo non lo è, esiste un problema di diagnosi a monte. Per questo dovrebbero esserne competenti il medico di base o comunque le strutture di primo soccorso. Purtroppo non lo sono. Per questo ha per i pazienti una sempre una maggiore importanza l’informazione e per questo è altrettanto auspicabile che il terapeuta, prima di iniziare una terapia faccia una seria valutazione del paziente che si rivolge a lui, atta non solo a valutare la struttura di personalità ma anche la propria idoneità a rispondere a quel peculiare bisogno.
Altrettanto deve fare il paziente, il quale certamente non è in grado di valutare la specifica formazione del terapeuta al quale si è rivolto ma sicuramente, prima di decidere di fare una terapia deve soppesare in uno, due, tre incontri se le risposte del terapeuta sono avvertite come corrispondenti, in sintonia con i suoi bisogni. La terapia è un rapporto e i rapporti richiedono tutti, di essere scelti.
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