C’era una volta la pubblica opinione con la capacità di lottare e la possibilità di discutere dei problemi del paese anche in contrasto con chi deteneva il potere. Le classi dirigenti non potevano ignorare i pensieri e i sentimenti del popolo che esprimevano sensibilità, preoccupazioni, interessi, forza oppure debolezza morale, impegno oppure disimpegno civile, spiritualità e caratteri. Il suffragio universale con il voto proporzionale puro (una testa un voto) assicuravano la rappresentanza della tua voce con l’espressione della tua volontà in tutti i palazzi. Magari ti assaltavano e morivi ucciso in piazza comunque ma alla fine qualche briciola l’ottenevi. Invece, nell’attuale era tecnocratica, ti menano di brutto e ti raccontano di un candelotto che si fa in tre rimbalzando su di un muro. Nessun poeta immortala gli studenti impegnati nella lotta per la difesa e lo sviluppo della pubblica istruzione. Poi, ironia dell’era perfida, quel che conta è l’indagine di mercato sul campione più o meno significativo per valutare l’indice di ascolto assieme alla intenzione di voto e con la previsione del gradimento che la fa da tiranno. Poi, è ovvio, assecondo della matrice del committente e la sostanza di capitale utilmente investito, assecondo il tipo la qualità e quantità della localizzazione del campione preso in esame, la forbita oratoria del commento esplicativo svolto dall’esperto nella illustrazione, la insistenza di diffusione in tv e rete, il risultato non è imparziale e diventa materiale di efficace pubblicità del prodotto, sia esso rappresentato da una qualsiasi merce oppure da un personaggio o da un partito politico. Nell’impero del libero mercato tutto viene trasformato in merce, apparenza e propaganda. Nulla cambia e tutto il sudiciume si perpetua. Per esempio (come il cavolo a merenda): i settecento voti per Renzi che sono stati persi nel conteggio, possono diventare una potente amara medicina; le primarie sono la metafora della democrazia, diventano anche delinquenza politica se vengono truccate. (Ricordo da un racconto di Tirella).
[Cerca: VITA RIBELLE (27 novembre 2012) ]
S C I O P E R O I N R I S A I A
Sull’ argine fangoso e desolato,
sotto il ciel che s’oscura,
come ingiunto gli fu veglia il soldato
e guarda la pianura.
Non un canto lontan, non un sussurro
dai muti casolari;
non un allegro fil di fumo azzurro
s’alza dai focolari.
Sol di bimbi affamati un gemer lento
sembra morir lontano …
La fame, la miseria e lo spavento
pesan sul triste piano!
Pensa il soldato: ”Ahimè, lacrime umane
noi vi freniam con l’armi!
Oggi, se a casa mia non c’è più pane
ci saranno i gendarmi!”.
-Olindo Guerrini-