(Pubblicato su Formiche)
Lo Stato islamico ha rivendicato la paternità dell’attacco di Tunisi di martedì. in cui sono rimaste uccise tredici persone e altre venti ferite. Un kamikaze, l’uomo nella foto diffusa dai media del Califfato, si è fatto esplodere vicino ad un autobus che trasportava soldati della Guardia presidenziale.
La Guardia è considerato il reparto d’élite nella lotta agli estremisti islamici. Il mezzo si trovava vicino alle sedi dei ministeri degli Interni e del Turismo e all’ex sede del partito del deposto presidente tunisino Zine El Abissine Ben Ali, cacciato dal paese nel periodo delle Primavere arabe. A tutti gli effetti, e con tutti i difficili passaggi vissuti, la Tunisia è uno degli unici Paesi dove le rivolte contro i regimi dittatoriali sono riuscite a riproporre una condizione sostenibile di democrazia, senza lasciare campo libero alle istanze islamiste più radicali ─ il partito che interpreta le posizioni più conservatrici nel campo islamista, Ennhada, partecipa adesso regolarmente alla vita democratica. Anche per questo, per il successo di un certo genere di secolarizzazione dell’Islam di governo, il paese è vittima di attentati da parte dell’Isis e di altri gruppi jihadisti, che però operano nell’area del Kasserine, un massiccio montuoso centro-occidentale vicino al confine con l’Algeria. La Tunisia è anche il paese da dove è partito il maggior numero di foreign fighters per andare a combattere il jihad siro-iracheno.
Gli attacchi dei terroristi islamici, quest’anno, hanno avuto un cambiamento di pericolosità e strategia. Lo Stato islamico ha iniziato a colpire luoghi di interesse turistico, che è uno delle principali fonti di entrate economiche del paese. Prima, a marzo, è stato messo sotto attacco il museo del Bardo, sempre al centro di Tunisi; poi sotto i colpi di un attentatore armato di Kalashnikov (e imbottito di Captagon) sono finiti, in giugno, inermi turisti che prendevano il sole su una spiaggia di Sousse, meta balneare tra le più note della Tunisia, sulla costa a sud della capitale.
Gli attentatori tunisini si addestrerebbero appena oltre confine, in Libia, nell’area di Sabratha, dove il Califfato mantiene un profilo basso (senza pubblicizzare la propria presenza), ma ha attive diverse postazioni, è diffuso tra la popolazione, e ha creato dei campi di training militare. Sabratha oltre ad essere molto importante per favorire questi passaggi verso gli obiettivi tunisini dell’Isis, è una delle città in cui si posizionano gli interessi dell’Eni. Si trova vicino a Melita, l’hub del colosso energetico italiano ed è nota anche perché i suoi porti, insieme a quelli di Zawiyha e Zuwara, sono i centri di smistamento del grosso dei migranti che arrivano sulle coste italiane.