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L'essenza del mito di Boston nel ristretto ma infinito spazio di quadri fissi. Se un Segundo de Chomón o un Georges Méliès facevano dei "trucchi" la loro colonna portante, D. W. Griffith placava e placa ancora la sete dello spettatore con la struttura narrante, tanto accalorata quanto "analitica": una vicenda, un paio d'occhi, una marcata gestualità. Storia di Edgar Allan, con i suoi topoi di morte dell'amata, povertà, malattia, difficoltà. E ancora: arte, paranoia, masochismo, perversione, Il corvo. C'è il fido Woods alla scrittura cooperativa e la moglie del regista, Linda Arvidson, sul set. Niente intertitoli, perduti, ma non se ne sente affatto la mancanza.