Ciao a tutti.
Preciso che la mia presenza sul web è legata all’avere o non avere cose nuove da scrivere. Quando non ho nulla da dire ovviamente non mi troverete mai, perchè per me è solo questione di esserci quando si ha qualcosa da nuovo che ci smuove di dentro; se non si ha nulla da condividere, da esternare, oserei dire da vomitare, meglio stare in silenzio, e se questa regola venisse osservata in generale da tutti coloro che scrivono o fanno reportage, o altro, sentiremmo meno banalità in giro, saremmo meno nauseati dalle parole e dagli uomini e potremmo supporre un livello di sanità mentale generale più promettente.
Vi immaginate un telegiornale che riportasse solo notizie intelligenti dette in maniera intelligente? O una televisione che sapesse fare solo trasmissioni di un certo contenuto e di un certo spessore? Non sto dicendo che bisognerebbe fare solo comunicazione impegnata, ma una comunicazione informata, quello sì.
“Informare”: leggo sul vocabolario il suo senso principe che sarebbe “mettere al corrente, portare notizie…”
A costo di tornare ad una televisione ad orario, o che si impegni a ripetere la stessa cosa più volte per dare la possibilità a tutti di ascoltare, assistere, partecipare.
Con la rivoluzione digitale è poi accaduta la meravigliosa condizione (non mi stancherò mai di celebrarlo) che ognuno di noi, chiunque lo desiderasse, si può rendere il trasmettitore di contenuti, a proprio rischio e pericolo, prendendosi le responsabilità delle proprie parole.
Il vuoto televisivo (che del resto già esiste di fatto, perché parlare del nulla è come non dire niente…) non sarebbe (e non è) dunque di certo avvertito ma ben compensato e completato, se si vuole, da tutte queste trasmittenti libere che ormai felicemente impazzano sulla rete (quanto meno nel mondo occidentale e libero).
Non dimentichiamoci poi della radio che contrariamente alla televisione non deve sottostare a rigide ed assolute (quanto assurde) leggi di sopravvivenza; esistono variegate voci che ci dilettano, che si prendono cura e a cuore particolari e mirati argomenti e settori, e mi riferisco in particolare a tutte le piccole iniziative locali che spesso rimangono sconosciute al grande pubblico ma che invece meriterebbero tutta la nostra attenzione ed il nostro rispetto.
Giusto per fare il punto, è di questi giorni la trita e ritrita attenzione rivolta alla crisi economica mondiale che ormai attanaglia il pianeta da diversi anni; non intendo sprecare fiato sull’inettitudine e l’idiozia di quasi tutta la nostra classe dirigente che ha ampiamente dimostrato d’essere solo attenta ai propri interessi personali e politici, oltre che di casta; vorrei invece che nei telegiornali ci fossero esperti che ci facessero capire da dove nasce questa crisi profonda, quali sono i rimedi che ogni paese dal suo canto ha messo in opera, quali sono i vantaggi che sembrerebbero avere percepito, quali sono le incognite che rimangono a previsione zero, di cosa occorre avere sostanzialmente timore e come ogni singolo cittadino nel suo piccolo potrebbe farsi propositore e protagonista di azioni migliorative. E poi c’è il discorso spinoso ed urgente delle responsabilità.
Le responsabilità di quel che si è fatto e di quel che non si fatto; sotto tutte le visuali, sotto tutte le bandiere.
A cosa servono altrimenti i notiziari? Chiediamo gente seria, gente qualificata, gente che lavora sul campo, GENTE VERA CHE CI PARLI DEI PROBLEMI REALI e che conosce bene come gira il sistema. Vogliamo questa gente nelle televisioni, e che la si faccia finita con i programmi spazzatura. E non solo sulle tv pubbliche, ma anche su quelle private, perchè sarà pur vero che nel privato ognuno fa quel che vuole, ma non quando questo privato in qualche modo si fa pubblico.
Forse quando la misura del vuoto (in senso generale) sarà colma, forse quando veramente si andranno a mettere in crisi su ampia scala benefici sacrosanti e prioritari, qualcosa riuscirà effettivamente a smuoversi e a smuovere le acque?
Non voglio nemmeno assolvere senza critiche le reti pubbliche; possono fare di meglio, devono fare di meglio.
Non ci sono paesi europei o extraeuropei di stampo occidentale che io abbia sostanzialmente ad invidiare; siamo tutti discretamente ipocriti, contraddittori e corrotti, ma è pur vero che c’è gente che sa il fatto suo nei palazzi del potere, e se non stanno proprio dentro i palazzi, agiscono però sul territorio con competenza e tenacia. Che ci vengano a raccontare le loro esperienze e le loro situazioni…NOI VOGLIAMO SAPERE, NOI VOGLIAMO CAPIRE.
Potendo scegliere dove andare a vivere, fondamentalmente penso che tutti alla fine decideremmo di rimanere nel proprio stato d’appartenenza, salvo la comparsa in tali luoghi di improvvise condizioni particolari eccezionali e contrarie. Questo la dice lunga sulla condizione di crisi collettiva. Giusto solo i giovani possono credere che l’erba del vicino possa essere più verde, per la banale ragione che non hanno ancora mai dato e non si aspettano possibilità dove sanno non esserci nell’immediato.
In quanto all’eventualità di potere conoscere mondi diversi, sono i paesi non occidentali che decisamente trovo più interessanti ed intriganti, come tutta l’Africa (ma soprattutto quella centrale) e come tutta l’Asia.
Paesi che possono essere osservati sotto due ottiche: quella che li porterà progressivamente ad occidentalizzarsi sotto certi aspetti (nell’uso per esempio condiviso della tecnologia), e quella che li manterrà, io credo, fedeli alla propria natura.
Una natura selvaggia ed indomita, stravolgente e lussureggiante (quella dell’Africa), una natura bistrattata e misconosciuta, misteriosa ed indecifrabile (quella dell’Asia).
In Europa ed in America, come spetterà all’ Australia, la natura è stata messa ormai al servizio dell’uomo o quantomeno così ci piace credere.
Alla natura soverchiante abbiamo sostituito la nostra lunga e millenaria civiltà, che sono sostanzialmente sempre briciole di universo se paragonate alla lunghezza del tempo risalente fino ai suoi primordi.
Allo spettacolo ineguagliabile dei tramonti nelle savane o delle steppe abbiamo sostituito lo scenario dei nostri meravigliosi teatri, o delle nostre celebratissime riprese cinematografiche.
E certo come possiamo tacere sulla nostra stupenda e rinnovabile capacità di raccontare storie, di farci commuovere e divertire, facendoci sentire dei popoli in cammino verso obiettivi sempre più alti e condivisibili?
Quando andiamo al lavoro possiamo raccontare al nostro compagno di giornata dell’ultimo film che quel grande regista (perché per noi è grande) ha saputo mettere in scena, o raccontiamo dell’ultimo spettacolo musicale che abbiamo avuto l’occasione di ascoltare.
Quello di cui ci vergogniamo viene tenuto per noi stessi; non ci verrebbe mai certo di raccontare in un contesto ordinario “Ieri sera mi sono scolato sei birre e dopo ero praticamente ciucco perso” oppure “Sono andato a casa ed ho bastonato mia moglie perché non capisce mai un cazzo” oppure “Mi sono trombato l’amica di mia moglie mentre lei era in vacanza”, oppure “Domani devo andare a farmi pagare il pizzo da quei coglioni che stanno nel quartiere nord”, oppure “Ho sparato a quel figlio di mignotta che così impara che ognuno si deve fare i cazzi suoi” …
Queste ricreative esperienze di vita è il cinema che ce le confessa. Il cinema o la letteratura o il teatro. Andiamo agli spettacoli per rivivere in forma indiretta le nostre tensioni, i nostri dubbi, le nostre angosce; nell’agorà della piazza le maschere recitanti parlano per noi, parlano come in un sogno, in un delirio. Loro recitano e noi ci svegliamo dal sonno.
Perché poi il cinema (ed il teatro) ci racconta tutto, ci sa mettere a nudo, ci mette allo specchio, ci fa riflettere con tutti i nostri annessi e connessi, senza mezze misure, senza mezze parole. E’ capace di metterci sulla giusta via, addirittura. Persino ci racconta di uomini meravigliosi che sanno essere tali solo per avere saputo banalmente accettare se stessi, vedere ben chiaro dentro di sè. A volte ci sono esseri così corretti, così speciali, così sensibili, così diversi dalla massa, che piuttosto che ferire il prossimo sanno se necessario mettersi da parte, anche quando persino dovrebbero osare qualcosa di più, dovrebbero chiedere qualcosa di irrinunciabile anche per sè. E forse attendono anch’essi di poterlo fare.
Alla fine le parole di un amico o di un viandante occasionale diventano più illuminanti di qualunque strizzacervelli, o di qualunque specialista di qualunque apparato del nostro complesso organismo che abbia la pretesa di sostituirsi alla nostra insostituibile ed incedibile facoltà di decidere.
Decidere, signori, decidere, amici cari, ecco il problema.
Decidere ogni giorno perchè essere ( e non solo chi essere), cosa fare, cosa progettare.
Solo così rimane bella la vita!
Vi abbraccio, come sempre
Antonella dallomo
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