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Pubblici vizi, virtù private

Creato il 08 settembre 2011 da Dallomoantonella

Pubblici vizi, virtù private

Pubblici vizi, virtù private

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Pubblici vizi, virtù private

Ciao a tutti.

Preciso che la mia presenza sul web è legata all’avere o non avere cose nuove da scrivere. Quando non ho nulla da dire ovviamente non mi troverete mai,  perchè per me  è solo  questione di   esserci quando si ha qualcosa da nuovo  che ci  smuove   di dentro; se non si ha nulla da  condividere,   da esternare,  oserei dire da vomitare, meglio  stare in silenzio, e se questa regola venisse osservata  in generale  da tutti coloro  che scrivono o fanno reportage, o altro,  sentiremmo meno banalità  in giro,  saremmo meno nauseati  dalle parole  e dagli uomini   e potremmo  supporre un livello di  sanità  mentale  generale   più  promettente.

Vi immaginate un telegiornale che riportasse solo  notizie  intelligenti dette in maniera intelligente? O una televisione che sapesse fare solo  trasmissioni  di un certo contenuto e di un certo spessore?  Non sto dicendo che  bisognerebbe fare solo  comunicazione impegnata, ma una  comunicazione  informata, quello sì.

“Informare”:  leggo sul vocabolario il suo senso principe   che  sarebbe “mettere al corrente,  portare notizie…”

A costo di tornare ad una televisione ad orario, o che si impegni  a  ripetere  la stessa cosa più volte per dare la possibilità a tutti di ascoltare, assistere, partecipare.

Con la rivoluzione digitale è poi accaduta la meravigliosa condizione (non mi stancherò mai di celebrarlo) che ognuno di noi, chiunque lo desiderasse, si può rendere il trasmettitore  di contenuti, a proprio rischio e pericolo,  prendendosi le responsabilità delle proprie parole.

Il vuoto televisivo  (che del resto già esiste di fatto,  perché parlare del nulla è come non dire niente…) non sarebbe (e non è)  dunque di certo avvertito ma ben compensato e  completato, se si vuole,  da tutte queste  trasmittenti  libere che ormai felicemente  impazzano sulla rete  (quanto meno nel mondo occidentale e  libero).

Non dimentichiamoci poi della radio  che  contrariamente   alla televisione non deve sottostare a  rigide ed assolute (quanto assurde) leggi  di   sopravvivenza;  esistono variegate voci   che ci dilettano, che si prendono cura e a cuore  particolari e mirati  argomenti  e settori, e mi riferisco in particolare a tutte le piccole iniziative locali  che spesso rimangono sconosciute al grande pubblico ma che invece meriterebbero  tutta la nostra  attenzione ed il nostro rispetto.

Giusto  per fare il punto,   è di questi  giorni  la trita  e ritrita  attenzione rivolta  alla crisi economica  mondiale  che ormai  attanaglia il pianeta da diversi  anni; non  intendo sprecare  fiato  sull’inettitudine e  l’idiozia  di quasi  tutta la nostra classe dirigente  che ha ampiamente dimostrato  d’essere solo   attenta  ai propri interessi  personali e politici,  oltre che di casta; vorrei invece  che nei telegiornali  ci fossero  esperti che ci facessero capire da dove nasce questa crisi profonda, quali sono i rimedi  che ogni paese dal suo canto ha messo in opera,  quali sono i vantaggi  che sembrerebbero  avere percepito, quali sono le incognite  che rimangono a previsione  zero,  di cosa occorre avere sostanzialmente timore  e come ogni singolo cittadino nel suo piccolo potrebbe  farsi propositore  e  protagonista  di   azioni  migliorative. E poi c’è il discorso spinoso ed urgente delle responsabilità.

Le  responsabilità  di quel che si è fatto e di quel che non si fatto; sotto tutte le visuali, sotto tutte le bandiere.

A cosa servono altrimenti  i notiziari?  Chiediamo  gente seria, gente qualificata, gente che lavora sul campo, GENTE VERA CHE CI PARLI DEI PROBLEMI REALI   e che conosce bene  come  gira  il sistema.  Vogliamo questa gente nelle  televisioni,  e che la  si faccia  finita  con  i programmi spazzatura.  E non solo  sulle tv  pubbliche,  ma anche su quelle private, perchè sarà pur vero che nel privato ognuno fa quel che vuole,  ma non quando questo privato in qualche modo  si fa pubblico.

Forse quando la misura del  vuoto (in senso  generale)   sarà colma, forse quando  veramente si andranno a mettere in  crisi su ampia  scala benefici  sacrosanti   e prioritari,  qualcosa riuscirà effettivamente a smuoversi e a smuovere le acque?

Non voglio nemmeno assolvere  senza  critiche  le reti  pubbliche;  possono fare di meglio, devono fare di meglio.

Non ci sono paesi europei o extraeuropei  di stampo occidentale che io abbia sostanzialmente  ad invidiare; siamo tutti discretamente ipocriti,  contraddittori  e  corrotti,  ma è pur vero  che c’è gente  che sa il fatto suo nei  palazzi del potere, e se non stanno  proprio dentro i palazzi,   agiscono però  sul territorio  con  competenza  e  tenacia.   Che ci vengano a raccontare le loro esperienze e le loro situazioni…NOI VOGLIAMO SAPERE, NOI VOGLIAMO CAPIRE.

Potendo  scegliere dove andare a vivere,  fondamentalmente    penso  che tutti alla fine decideremmo  di rimanere  nel proprio   stato d’appartenenza,  salvo  la comparsa   in tali luoghi  di improvvise condizioni  particolari   eccezionali e contrarie.  Questo la dice lunga sulla condizione  di  crisi  collettiva.   Giusto solo i giovani  possono credere che l’erba  del vicino  possa essere più verde, per la banale ragione   che non hanno ancora  mai dato  e non si aspettano  possibilità  dove sanno non esserci  nell’immediato.

In quanto  all’eventualità   di potere conoscere mondi diversi,  sono   i   paesi  non occidentali  che decisamente  trovo più interessanti ed intriganti, come tutta l’Africa  (ma soprattutto quella centrale) e come tutta l’Asia.

Paesi   che possono essere osservati sotto due ottiche: quella che li porterà  progressivamente ad occidentalizzarsi  sotto certi aspetti (nell’uso per esempio condiviso della tecnologia),  e  quella che li manterrà, io credo, fedeli  alla propria natura.

Una natura selvaggia ed indomita, stravolgente  e  lussureggiante (quella dell’Africa), una natura  bistrattata  e   misconosciuta, misteriosa  ed indecifrabile  (quella dell’Asia).

In Europa ed in America, come spetterà  all’ Australia,  la natura   è  stata messa  ormai  al servizio dell’uomo  o  quantomeno   così ci piace credere.

Alla natura  soverchiante abbiamo sostituito  la nostra lunga e millenaria civiltà, che sono sostanzialmente  sempre briciole di universo  se paragonate alla lunghezza del tempo  risalente   fino ai suoi primordi.

Allo spettacolo  ineguagliabile    dei tramonti nelle savane  o delle steppe   abbiamo sostituito lo scenario   dei nostri meravigliosi teatri, o delle nostre celebratissime   riprese cinematografiche.

E certo come possiamo tacere sulla nostra stupenda e rinnovabile   capacità  di  raccontare storie, di farci commuovere e divertire,  facendoci   sentire  dei popoli  in cammino  verso obiettivi  sempre più alti  e condivisibili?

Quando andiamo al lavoro  possiamo  raccontare  al nostro compagno di  giornata  dell’ultimo  film  che  quel grande regista  (perché per noi è grande)   ha saputo  mettere  in scena, o raccontiamo  dell’ultimo spettacolo musicale   che abbiamo avuto  l’occasione di ascoltare.

Quello di cui ci vergogniamo  viene tenuto per noi stessi; non ci verrebbe mai   certo di raccontare    in un contesto  ordinario   “Ieri sera mi sono scolato sei   birre  e  dopo ero praticamente ciucco perso” oppure “Sono andato a casa ed ho bastonato mia moglie  perché non capisce mai un cazzo” oppure “Mi sono trombato  l’amica di mia moglie  mentre lei era in vacanza”,   oppure “Domani devo andare  a farmi pagare il pizzo  da  quei   coglioni  che stanno  nel quartiere nord”,  oppure  “Ho sparato  a  quel figlio di mignotta   che così impara   che ognuno si deve fare i cazzi suoi”  …

Queste ricreative esperienze  di vita  è il cinema che ce le confessa. Il cinema   o la letteratura o il teatro.   Andiamo  agli spettacoli   per   rivivere in forma  indiretta le nostre tensioni,  i nostri dubbi,  le nostre angosce;  nell’agorà  della piazza  le maschere  recitanti   parlano  per noi,  parlano come in un sogno,  in un delirio.  Loro  recitano  e noi  ci svegliamo dal sonno.

Perché poi il cinema (ed il teatro) ci racconta tutto, ci  sa mettere  a nudo,  ci mette allo specchio,  ci fa riflettere  con tutti i nostri  annessi  e connessi, senza mezze misure, senza mezze parole. E’ capace  di   metterci sulla giusta via, addirittura.   Persino ci racconta di uomini meravigliosi che sanno   essere tali solo per avere saputo banalmente  accettare se stessi, vedere ben chiaro dentro di sè.  A volte ci sono esseri così corretti, così speciali, così sensibili, così diversi dalla massa,  che    piuttosto che ferire il prossimo  sanno se necessario  mettersi da parte, anche quando persino  dovrebbero osare  qualcosa di più, dovrebbero chiedere qualcosa  di  irrinunciabile anche per sè.  E forse attendono anch’essi di poterlo fare.

Alla fine   le parole  di un amico o di un viandante occasionale    diventano  più illuminanti   di qualunque strizzacervelli, o  di qualunque  specialista   di qualunque apparato  del nostro  complesso   organismo   che abbia   la pretesa di   sostituirsi  alla nostra insostituibile  ed  incedibile   facoltà   di decidere.

Decidere, signori, decidere, amici cari,  ecco il problema.

Decidere ogni giorno perchè   essere  ( e non solo chi essere), cosa fare, cosa progettare.

Solo così  rimane    bella la vita!

Vi abbraccio, come sempre

Antonella dallomo

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