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Pubblicità progresso: l'abbronzatura spray

Creato il 19 giugno 2012 da Lazitellaacida

Dopo avervi dato la mia opinione sulla luce pulsata, continua la serie di post di utilità sociale e stavolta parliamo dell'abbronzatura spray. Lo so che state già pensando a Snooki e a Ross Geller, e già prima di me un'esimia collega si è espressa sull'argomento. Eppure, per quanto il sacro verbo di Sarinski sia diffuso, le masse ancora non sono colte a sufficienza poiché nei giorni precedenti alla seduta, amici, parenti, colleghi, superiori, passanti e commesse non hanno fatto altro che farmi del puro e semplice terrorismo psicologico. Come quella volta che prima di operarmi per la miopia il mio ottico di fiducia mi disse “ah ma lo sai che tanto poi non ci vedi da vicino'”. Certo, intanto tu sei ottico e io ora ho 12 decimi. In un istituto specializzato, non proprio dai primi stronzi. Io sono andata nello stesso posto di Sarinski, perché mi fido di lei: Sun Store, Via Felice Casati 35. Mentre tutti si sdraiano sotto lettini UVA quando fuori c'è una splendida giornata di sole, io sono l'unica polla a scegliere l'abbronzatura spray. Butta bene, mi dico. Come da istruzioni, mi presento con un outfit dei più sbracati in mio possesso e necessariamente nero, visto che so che nelle prime ore l'abbronzatura POTREBBE colare. Come da istruzioni, nei giorni precedenti mi sonp scartavetrata corpo e viso con le superfici più ruvide che ho trovato in casa, dal guanto di crini fino alla grattugia, pur di eliminare anche l'ultimo grammo di sole del 2011 dal mio corpo. Subito noto quali sono gli strumenti del mestiere: una pistola uguale a quelle usate da mio padre per verniciare le macchine e una bottiglia di vernice color DARK BROWN che lì per lì mi ha lanciato nel panico, essendo io del colore della mozzarella. Durante la seduta terrete addosso la vostra biancheria, quindi abbiate la premura di scegliere uno slip che si può macchiare (pur essendo l'abbronzatura -letteralmente- lavabile). Mentre salivo sulla pedana e partiva contemporaneamente un aspiratore assordante, l'addetta alla verniciatura ha cominciato a darmi le sue istruzioni.

 

Mi sarebbe piaciuto averle sentite. Mi limitavo ad annuire di tanto in tanto, visto che d'altra parte ero praticamente nuda davanti a lei e stavo per fare una cosa molto tamarra, quindi la mia coscienza mi stava imponendo di vergognarmene. Contrariamente a quanto quel mitico episodio di Friends ci ha insegnato, il getto dell'abbronzatura non è automatico ma gestito manualmente dalla suddetta addetta che, con precisione millimetrica, mi vernicia come fossi un murales. Alzo il braccio. Scendo il braccio. Chiudo gli occhi. Apro gli occhi. Mi guardo i piedi. NON ABBASSARE LA TESTA CHE TI RIMANGONO LE RIGHE SUL COLLO! Mi giro e mi vernicia il collo, la schiena, il sedere, le gambe [Oh sì, coprimi quelle VENE VARICOSE!]. Mi giro di nuovo e mi ripassa il viso [oddio non starò diventando troppo nera?] e le mani. Mi fa un altro giro completo.  Quando abbiamo finito, con la scioltezza e la spontaneità del robot del Mago di Oz, cerco di muovermi senza toccare nulla visto che sono una statua di vernice. Manco pensato e il segno della grata alle mie spalle si stampa con precisione sul mio braccio destro. non ti preoccupare, che va via con la prima doccia”.

 

Mi ripete tutto quello che succederà nelle prossime 12 ore con dovizia di particolari scabrosi: “potresti avere delle macchie verdi”, “ti potresti vedere a chiazze”, “se sudi, non ti spaventare”. Mi spiega che per le prossime 6 ore non mi posso lavare ed essendo le 7 di sera mi consiglia di farmi la doccia la mattina seguente. Io le spiego che ho un matrimonio il giorno dopo e che mettono 35° alle previsioni, che ho pure un abito bianco e giallo e che il matrimonio è a Bergamo quindi devo prendere il treno. Lei mi spiega la procedura d'emergenza: “se domani mattina per qualche strana ragione vedi che dopo la doccia continui a stingere, prendi un asciugamano bagnato e RASCHIATI via tutto”. Aspetto 10 minuti per asciugarmi e nel frattempo mi do uno sguardo di sfuggita al piccolo specchio appeso al muro: MIODDIO MA SONO FIGHISSIMA! Non sono mai stata così, di questo colore, nemmeno se mi dimenticassi al sole per due anni! Oddio ma guarda i miei occhi! Sembrano due fanali! Oddio ma sono S T U P E N D A!” Non resisto nemmeno io alla tentazione di farmi una foto da mandare subito a quelle malfidate e malfidenti delle mie colleghe che fino a qualche ora prima mi dicevano che sarei diventata gialla, a chiazze, color terracotta al massimo.  

 

Dopo aver atteso i canonici dieci minuti impiegati più che altro per mandare foto alle mie amiche (“ma sei un umpa lumpa!” disse una) esco dal Sun Store con la consapevolezza di avere più o meno i minuti contati, perché prima mi nascondevo dagli sguardi estranei meglio era visto che stavo mutando colore come Hulk. Purtroppo avevo un paio di commissioni da sbrigare prima di chiudermi in esilio volontario e per farle ho dovuto attraversare mezza Milano in bicicletta, ma poco male mi sentivo Figa & Onnipotente e lo Sfascio non era ancora iniziaito. Arrivo a casa della mia amica che mi presta la pochette per il matrimonio del giorno dopo e vedo che, per quanto in bici me la sia presa comoda, tra braccio e avambraccio si è creata una piccola chiazza più chiara dovuta al sudore. Comincio a provare vergogna.

A casa della mia amica mi guardo allo specchio e, sarà per la penombra, noto che sono diventata UN PELINO più marrone di quando sono uscita dal centro estetico. Raggiungo poi, al Cape Town, il mio ragazzo per salutarlo prima del week end che avremmo passato a matrimoni diversi. Conscia del mio colorito che stava cambiando gli dico “guarda che sono marrone, mi vergogno, non possiamo vederci giusto un secondo in un posticino da soli?” - “ma sì ma sì vieni qua che poi stiamo da soli!”. Sbicicletto un altro centinaio di metri e arrivo al Cape Town che, per chi non fosse di Milano, è un pub in zona Navigli FREQUENTATISSIMO dai milanesi un po' hipster. Venerdì sera. Ore 20.00

Arrivo al Cape Town cercando di non incrociare lo sguardo di nessuno, peccato che pedala di qua pedala di là, SARA' CHE FANNO 30°, io un po' sudata mi ci ritrovo e infatti abbassando miseramente lo sguardo vedo che dal top che indossavo cominciava a fare capolino nel mezzo del decolletè UNA BELLA MACCHIA MARRONE CHIARO in aperto contrasto con il resto del mio corpo, umidiccio e color TESTA DI MORO. Lo chiamo, gli dico “guarda che sono sulla curva vieni qua che mi vergogno che sono marrone e mi scambiano per una che vuole vendere rose” - “no maddai vieni qua dai! Non ti vedo!” io mi giro, ci incrociamo lo sguardo e vedo LA SUA EX, IL SUO CAPO E TUTTI I SUOI COLLEGHI DI LAVORO. Li, tutti insieme. Ex e colleghi di lavoro, colleghi di lavoro ed ex. Voglio morire.

Morirò marrone. Mi ricorderanno come quella che è morta marrone. Bugia, LUI deve morire. Gli dico che no, io lì non ci vado a farmi perculare da tutta la scena della Milano hipster. E dalla sua ex. E dai colleghi. Lui insiste, altrimenti ci dobbiamo salutare così. Cedo. Penso “massì, d'altra parte era solo un'oretta fa che mi guardavo allo specchio del centro estetico e mi vedevo SPLENDIDA”. Massì, io sono figa, mi dico. Massì dai, non se ne accorgerà nessuno. Quando arrivo il mio ragazzo trattiene a stento le risate. La sua ex mi guarda come se fossi appena tornata da Jersey Shore e la mia migliore amica fosse Snooki. Non appena comprendo le dimensioni della figura di merda che sto facendo comincio a riempirlo di sberle. E a urlare. MA TI PARE QUESTO IL GIORNO DI PRENDERE UN APERITIVO CON LA TUA EX E IL SUO FIDANZATO TUTTI INSIEME APPASSIONATAMENTE? OGGI CHE SONO COLOR VITELLO CUOIO?” La gente ride, lui ride, tutti ridono. Anche la mia coscienza ride. Lei pure mi rassicura. Lei, DAL SUO CANDORE LUNARE, mi rassicura e mi dice che non devo mostrare imbarazzo altrimenti la gente noterà che ho QUALCOSA DI DIVERSO. Peccato che sembro Lino Banfi ricoperto di lucido da scarpe e non notarmi nel mezzo della folla del Cape Town è quasi impossibile. L'unica maniera per passare inosservata è veramente avere in mano un mazzo di rose. Sto MUORENDO dentro di vergogna, sento che questa è la punizione divina per il mio gesto tamarro. Io ci provo anche a spiegare alle genti che il giorno dopo sarò fighissima, che avrò un colorito da persona normale abbronzata e che il 60% del colore CHE ORA STAI VEDENDO, domani mattina sarà nello scarico della mia doccia. Ridono. Riparte il coro del terroristi psicologici che ti raccontamo di Quella Volta Che l'amica mia si era fatta l'autoabbronzante della Lidl ed è diventata una giraffa. Dopo il decimo vaffanculo decido di tornarmene a casa con il favore della notte, pedalando e sudando sempre più. Una volta a casa la tentazione di farmi una doccia è molto forte ma devo resistere.

Resisto. Resisto. Domani sarò bellissima. Domani sarò bellissima. Domani sarò bellissima. Domani sarò bellissima. Domani sarò bellissima. Domani sarò bellissima. Chiamo la mia amica per raccontarle della seduta e per poco non ha le convulsioni dal ridere. Le mando le foto della mia pancia e del mio decolletè, VERDI. Il mio viso, sempre più come Hulk. Mi lavo le mani e capisco quello che mi diceva Sarinski: il vero problema sono le mani. Uno non ci pensa. Ma dopo una giornata fuori VUOI NON LAVARTI LE MANI? NO. Non puoi. Anche se soffri a vedertele lì, di quel colore innaturale. E i polpastrelli come se avessi trascorso la giornata nell'orto a trapiantare pomodori. Mi metto pantaloni della tuta, maglia a maniche lunghe e CALZINI. Prima di andare a dormire azzardo una salviettina rifrescante sotto le ascelle per darmi l'illusione di non andare a dormire PUZZONA. Pessima idea, la salvietta diventa subito marrone solo sfiorando il mio corpo. Quando suona la sveglia mi rendo conto che non sono mai stata così felice di alzarmi alle 7. Mi guardo allo specchio: non vedo nulla tranne le palle bianche degli occhi. Mi spoglio alla velocità della luce e mi fiondo in doccia: vedo il mio colore scendere giù per lo scarico e mano a mano assumere un colorito più normale. Quando mi guardo allo specchio mi sento onnipotente: S O N O   F I G A

Mi rendo conto pure che, dopo la doccia, il colore non stinge più e perfino l'accapatoio bianco rimane immacolato. Con fierezza indosso il mio abitino biancoe giallo (quello di Mango di cui vi ho già ampiamente stracciato i maroni), raccolgo i capelli in uno chignon laterale, mi trucco con la Naked 2 (perché ormai io sono una PRO e governo sapientemente ormai eyeliner e ombretti), lancio i sandali con il tacco nella borsa e mi lancio in direzione Bergamo. Al matrimonio il mio colorito fa invidia al pulmino di parenti arrivato da Potenza. Sono figa e dorata. Sono una figa dorata. Dorata marrone sul viso, ma vabbhè. L'abbronzatura regge benissimo tutto il giorno ma la sera sono costretta a farmi un'altra doccia. Il giorno seguente pure faccio due docce. Ad oggi quindi io mi vedo ancora abbronzata (e il segno dello slip mi da ragione), al punto che stamane non mi sono messa il fondotinta, però non ho più il colore del primo giorno. SPRAY TAN E' LA SOLUZIONE AI MIEI PROBLEMI. Anche quando ho fatto le lampade regolarmente, non ho mai avuto un colorito sano, decente, naturale. Ero paonazza per qualche ora, marrone il giorno seguente e pallida da quello successivo. E in viso sempre, inesorabilmente, bianca. Stesso discorso quando sono in vacanza, mi abbronzo ovunque tranne che il viso. L'abbronzatura spray, per quanto intollerabile sia l'idea di non poter fare una doccia pur essendo sudati e puzzoni, per me è un ottimo modo per sentirmi figa. Al pari dei tacchi direi, che mi fanno sentire magra pur non essendolo. In più non è cancerogena. Per ora. Adesso mi guardo allo specchio e mi vedo -ancora- figa e mi godo questo momento, solitamente limitato al mese di agosto, in cui sento la necessità di vestirmi di colori fluo. Vi garantisco che non sono a chiazze, vi garantisco che non sono gialla e che no ho macchiato nessun mobile di casa. Sono ancora figa. E per 18 euro, non mi pare una cosa da poco. E lui, la pagherà.


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