Guardo poca tv ma non basta guardarla spesso per accorgermene come durante le pause pubblicitarie ci sia un invasione di pubblicità sessiste. Purtroppo vi comunico che non è possibile segnalare tutte queste pubblicità allo Iap perchè ancora oggi certe pubblicità malgrado palesemente sessiste vengono considerate nel nostro Paese come politicamente corrette nonostante descrivano rapporti di genere completamente irreali e stereotipati.
Il Giurì italiano è diverso da quello della Gran Bretagna che ha fatto ritirare una campagna pubblicitaria di prodotti cosmetici perchè le testmonial erano photoshoppate e compromettevano l’autostima delle donne che ogni giorno sono costrette ad avere a che fare con modelli patinati e irraggiungibili, per questo c’è ancora da fare.
Accendendo la tv ho notato come ancora oggi gli stereotipi nelle relazioni di genere fossero vivi più che mai. Ho provato indignazione per lo spot di Cif tutt’ora trasmesso e quello dei fastidiosi pruriti intimi.
Nel panorama italiano le donne o sono sexy o casalinghe o passano il tempo a curare i loro pruriti intimi. E’proprio questa pubblicità che detesto vivamente, sopratutto quella di Vagisil che somministra un farmaco ad una ragazzina che avrà al massimo quindici anni. In questo spot viene sbandierato il corpo delle ragazzine, in modo così gratuito da farci venire a tutte un fastidioso prurito alle ovaie. Il corpo delle ragazzine viene “spogliato” in un colloquio privato con la madre, un corpo giovane di una ragazzina che quasi ha timore a confessare a sua madre un qualcosa che riguarda la sua intimità.
Il corpo delle giovani donne utilizzato come una sorta di laboratorio, senza nemmeno informarci da cosa venisse generato quel prurito. Non so che ne pensate ma secondo me non è normale vendere una crema senza nemmeno informarci le patologie che causano quel prurito. In italia però è possibile, perchè utilizzare la parola vagina è tabù come lo è parlare di sessualità e di tutti i problemi che possono interessare l’apparato genitale femminile.
Quella pubblicità sembra provenire dagli anni ’50 e quella ragazzina che probabimente non ha mai affrontato con la madre discorsi inerenti alla sessualità e quella madre che preferisce non consigliarle una visita dalla ginecologa ma rifilarle creme rigorosamente rosa.
Stessa cosa accade nello spot Tantum rosa. In questo spot si esce dallo stereotipo della donna di casa. Le protagoniste sono tutte lavoratrici ma il messaggio è lo stesso e forse anche peggio perchè il rosa invade le loro vagine.
Ma l’angoscia continua con l’alternanza tra uno spot che rappresenta le donne come oggetti e in successione un altro che ci rappresenta come donnine di casa che si fidano del rosa e viceversa: prodotti intimi con culi all’aria, donnine alle prese con la lavatrice, tette al vento e donne alle prese con la cucina come lo spot di una nota ditta italiana che comincia con la F che mette in atto uno scenario sessista classico degli spot anni ’50 che pubblicizzano prodotti alimentari: l’uomo fuori di casa e la donna in casa con il figlio che ha lo stesso sogno del padre: fare l’astronauta. La madre nello spot è una giovane donna che fa la casalinga e cucina solo per il figlio mentre il padre è nello spazio.
E poi spengo la tv in fretta e in furia indignata perchè trasmettono Studio Aperto e io non lo voglio guardare!
Mary