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«Pubblico»: Perchè Business Plan & Marketing NON Sono un Optional

Creato il 31 dicembre 2012 da Pedroelrey

Come ormai molti sapranno con oggi «Pubblico», dopo soli 103 giorni, cessa le pubblicazioni, chiude. L’iter del quotidiano diretto da Luca Telese potrebbe facilmente definirsi cronaca di una morte annunciata ripercorrendone le diverse fasi.

Certamente, come segnalano i redattori del giornale,  un capitale sociale di 750mila euro è un segnale importante di quanta improvvisazione vi sia stata sin dalla nascita del quotidiano, basti pensare che «Linkiesta», testata all digital che dunque non deve sostenere i costi di carta, stampa e distribuzione, è stata fondata con un capitale sociale di un milione di euro ed ha ricapitalizzato per un pari importo nella primavera di quest’anno, per capire che più che crederci ci si provava.

Anche la compagine societaria, con due dei tre soci di maggioranza, Tommaso Tessarolo e Maurizio Feverati, senza esperienza alcuna nei giornali e con il primo dei due con alle spalle già un fallimento editoriale con Current TV, non era elemento di rassicurazione sulle prospettive del giornale.

Le cronache narrano che il business plan prevedesse breakeven a 9mila copie e l’obiettivo di vendita in una forbice compresa tra 10 e 15mile copie vendute a fronte di una tiratura di 30mila.

Un business plan perchè possa definirsi tale si articola su diverse sezioni tra le quali figurano elementi di analisi di mercato, di strategia di penetrazione del mercato, di marketing ed ovviamente di analisi economica e finanziaria.

Che 19 giornalisti, 3 poligrafici e 10 collaboratori fissi interni, unitamente ai precitati costi di stampa e distribuzione, fossero un costo fisso che necessitava di una capacità finanziaria decisamente superiore al capitale sociale in caso le vendite non avessero mantenuto la soglia di break even è un elemento che in qualunque business plan, anche il più scalcagnato, il più approssimativo, va inserito, va considerato.

Che poco più di tre mesi non sia un tempo per raggiungere il break even è altrettanto un elemento che, senza nulla togliere, persino un neolaureato in economia aziendale inserirebbe a chiare lettere nella sezione economico-finanziaria di un qualsiasi business plan. I casi sono dunque due: o il business plan non è mai stato fatto o, in alternativa, è stato realizzato partendo da basi di eccesso di ottimismo [per usare un eufemismo] atte solamente a convincere gli investitori ad apportare il loro contributo.

Dopo il successo del primo giorno, con vendite nell’ordine delle 50mila copie, il giornale è immediatamente crollato al di sotto delle copie necessarie a garantirne la sopravvivenza. La mia frequentazione di alcuni gruppi di giornalai, di edicolanti [che colgo l'occasione di ringraziare per ospitarmi pur non avendone titolo]  già dopo una settimana mi aveva evidenziato con chiarezza che il giornale non si vendeva, ed infatti, secondo quanto dichiarato dallo stesso Telese, il venduto è intorno alle 4mila copie.

Se i segnali erano chiari e forti sin dall’inizio che il progetto editoriale non dava i frutti sperati come mai non è stato fatto nulla? Per quanto a me noto l’unica iniziativa è stata di procedere ad una distribuzione selettiva, di non fornire le copie a tutte le edicole. Aspetto che in assenza di una mappatura delle edicole, elemento sul quale mi soffermerò con la dovuta attenzione nei prossimi giorni, rischia solamente di deprimere ulteriormente le vendite generando rotture di stock laddove il giornale si vende.

Pubblico Edicola Ultimo Numero

Anche le visite al sito del giornale, che vengono sbandierate come un successo, erano invece un altro segnale che l’interesse intorno alla testata era scarso se vi fosse stato qualcuno in  grado di interpretare quei numeri.

Ed ancora qual’era il progetto editoriale, esisteva davvero? Quali le azioni di marketing? Da osservatore esterno balzano agli occhi diversi aspetti al riguardo.

Si procede ad abbassare ad un euro il prezzo del quotidiano, lanciato ambiziosamente a 1,50€, un altro errore nel posizionamento di prezzo per un giornale che dichiaratamente si rivolge agli “ultimi”, il 17 di novembre, dopo due mesi, quando ormai era evidente a chiunque che il giornale “non andava”.

Nessuna altra iniziativa, per così dire, di marketing risulta. Interazione e coinvolgimento pressochè nulli su Facebook, dove il numero di “fans” è decisamente basso per una testata nazionale, e la consueta autorefernzialità tipica dei mainstream media anche su Twitter facente funzione di megafono monodirezionale.

Oggi forse in molti, a cominciare paradossalmente dal quotidiano in questione come mostra l’immagine soprariportata tratta dal giornale di oggi, scriveranno che il problema è la carta, che pensare nel 2012 di lanciare un quotidiano in edicola oggi è una follia.

Personalmente non sono certo che sia davvero così ma quello di cui sono sicuro è che in qualunque settore si operi un piano strategico di medio periodo, ed i relativi aspetti economici che qualunque “buon padre di famiglia” deve considerare, un busness plan da utilizzare come bussola del proprio cammino e non come strumento per gettare fumo negli occhi e un’attività di marketing degna di questo nome non possono mancare in fase di avvio di un progetto, di una start up come è di moda dire.

Vale evidentemente ancorpiù, se possibile, in un mercato quale quello editoriale attraversato da dinamiche che non ne fanno esattamente un segmento facile da approcciare nè sul fronte tradizionale e neppure online.

La prima pagina di oggi, l’ultima di questa breve storia di «Pubblico» titola a caratteri cubitali “Grazie”. Forse sarebbe stato più opportuno un “Chi è causa del suo mal pianga se stesso”[#].

pubblico prima pagina ultimo numero

[#] Il riferimento NON è ovviamente ai dipendenti del giornale.


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