«Mi chiederai» scrive Tommaso Fiore a Gobetti, «come ha fatto questa gente a scavare ed allineare tanta pietra. Io penso che la cosa avrebbe spaventato un popolo di giganti. Questa è la Murgia più aspra e più sassosa; per ridurla a coltivazione facendo le terrazze (…) non ci voleva meno della laboriosità di un popolo di formiche»
Tu non conosci il Sud, le case di calce
da cui uscivamo al sole come numeri
dalla faccia di un dado.
Vittorio Bodini
Non amo le antologie, perdo la pazienza ad entrare ed ascoltare le voci quando cambiano nel giro di pagina, a meno che non mi avvolgano con una forma che mi convinca a condividere la loro storia.
Nel caso di “Pugliamondo” molto si deve a quella “germinazione spontanea” dell’incontro fra gli autori (vedi la bella “nota di accompagnamento” del libro) che, leggendo, diventa dei lettori; uno scoprirsi insieme “ compagni di un viaggio [...] Un viaggio che parte dalla consapevolezza delle trasformazioni degli ultimi anni rispetto alla Puglia ‘distante’ dal resto del Paese e che appare lontana nel tempo”. Un “viaggio in versi”, come recita il sottotitolo, che vuole essere dalla Puglia per e verso il mondo.
Così, in questo libro, fra le voci di Franco Corlianò, Vincenzo Errico, Annamaria Ferramosca, Abele Longo, Vincenzo Mastropirro, Pierluigi Mele, Francesca Pellegrino, Pasquale Vitagliano, distinte e corali allo stesso tempo, piene di profumi e di sentori che salgono dalla terra, ancestrali enarranti tradizioni, ma anche contemporanee nei temi e nelle articolazioni, quella che Annamaria Ferramosca, in una sua ottima presentazione dell’opera, definisce “ febbre genuina dell’incontro” per (ed è sempre Annamaria a dirlo) “ricordare al mondo la necessità di una nuova guarigione dai ragni dell’individualismo e dell’alienazione, di un’ inversione di rotta verso la dimensione antica ma sempre necessaria, che stiamo perdendo: quella dei cerchi della comprensione e del cammino solidale”
TO CHORTARI
Chortàri
ène isi kiànta
pu „èn estèi sto tòpo-tti:
an evò vrìsko
mìan malòcha
amès to sitàri,
cìni ène ènan chortàri;
an evò „in vrìsko
„mès tin avlì-mmu,
ène lulùdi.
L’ERBACCIA
Erbaccia
è quella pianta
che non è al suo posto:
se trovo
una pianta di malva
in un campo di grano,
è un‟erbaccia
se invece la trovo
nel mio cortile
diventa un fiore
Questa poesia di Franco Corlianò mi pare emblematica e riassuntiva rispetto ai temi che agitano l’intera raccolta; descrive infatti, sia il legame forte, vivido, quasi di soffocamento e soffocante con la terra, sia il filo d’ombra, la non alleanza, del suo sradicamento. Lo fa anche da un punto di vista linguistico, proponendo il Griko, indicata dallo stesso autore come “la lingua con cui uno può parlare con Dio ma non di Dio”, una lingua che rivela un attaccamento alle proprie radici, ma che anche racconta di una (di ogni) migrazione avvenuta e che avviene ogni volta. D’altra parte, la parola stessa, a partire da una bocca (o da una penna), è una migrazione che si porta appresso un seme (più semi) per una bellissima varietà semantica a fruttificare; una risorsa umana fondamentale che dà luogo alla permanenza e alla erranza, all’evoluzione (dalla “generazione spontanea” iniziale), consentendo infine di trasformare l’estraneo-erbaccia (in qualsiasi forma lo si intenda) in un fiore che accresce il proprio “cortile”. In questo senso gli autori qui presentati, con le loro opere, sono Puglia e mondo assieme.
A.A.V.V. Pugliamondo, Edizioni ACCADEMIA di TERRA d’ OTRANTO – NEOBAR, 2010, disegni di Nadia Esposito
altri testi, disegni (che segnalo!) e letture del libro, sul sito Neobar di Abele Longo: qui