Pulp news

Creato il 11 gennaio 2011 da Alblog
È stata dura. C'è voluto un litigio di media intensità per appropriarmi del telecomando. L'altra contendente era mia figlia di otto anni. Come tutti i drogati, anch'io avevo bisogno della mia dose quotidiana di notizie. Scorrono i titoli di testa: buona parte del notiziario è dedicato alla cronaca nera. Cominciano i servizi, lanciati in studio con aria lugubre dalla giornalista. Mia figlia è come ipnotizzata da quella scia di sangue. Avvicina la sua manina verso la mia: capisco che ha paura. Mi guarda, la guardo. Arriva la domanda di pietra: “Papà – mi chiede – perchè?”. Meccanicamente la tiro verso di me come per proteggerla. Le bacio la testa. Con la mano libera prendo il telecomando e sintonizzo su Rai Gulp. Il terrore lascia spazio a Tom &Jerry. Meglio, molto meglio...
La visione dei Tiggì e la lettura dei giornali, in questi giorni, dovrebbe essere accompagnata dal bollino rosso. Non è consigliata ai minori e nemmeno ai depressi (e siamo in tanti). Se ne potrebbe dedurre che viviamo in un mondo di stupratori, assassini seriali, mafiosi incalliti. E poi attentatori, folli di gelosia, sequestratori e molestatori di minorenni. In balia del caos e dell'insicurezza. L'informazione nel suo complesso, pare un testimonial instancabile di vigilantes a pagamento e allevamenti di pittbull. Ma le condizioni di sicurezza di oggigiorno non sono poi molto diverse a quelle di ogni altra epoca, almeno in questa parte del mondo. Se ne desume che i mezzi di informazione sono un gigantesco amplificatore delle ossessioni umane. Un catalizzatore di orrori, demenze, brutture. È inutile negare che ogni forma di edulcorazione delle notizie puzza di regime, di censura.
Ma è altrettanto apodittico che l'informazione agglutinata intorno al mostruoso, all'abnorme, al doloroso funziona come un regime. “Ti mostro la parte brutta della società e ti distraggo dagli altri, e forse più importanti, problemi. Non pensare alla crisi mondiale, alla perdita del lavoro: non si trova quella ragazzina. Questo è il problema. Gli altri sono falsi problemi: ci pensiamo noi a risolverli”: questo potrebbe essere il retropensiero dei Burattinai. Spiegare l'omicidio di una ragazzina avvenuto a mille chilometri di distanza, in fondo, è più semplice che spiegare perchè esiste la povertà sotto casa. Più semplice e più vantaggioso.
Così sempre più spesso, siamo costretti a cercare altrove la verità. Spegnendo la televisione, per esempio. Oppure uscendo di casa e osservando la nonna che prende per mano la nipotina. Oppure ancora guardando il senegalese e l'indigeno che battono il cinque. Non è difficile nemmeno scovare le good news. Basta volerlo. Basta scandagliare il corso, oramai clandestino, della vita comune...

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