La visione dei Tiggì e la lettura dei giornali, in questi giorni, dovrebbe essere accompagnata dal bollino rosso. Non è consigliata ai minori e nemmeno ai depressi (e siamo in tanti). Se ne potrebbe dedurre che viviamo in un mondo di stupratori, assassini seriali, mafiosi incalliti. E poi attentatori, folli di gelosia, sequestratori e molestatori di minorenni. In balia del caos e dell'insicurezza. L'informazione nel suo complesso, pare un testimonial instancabile di vigilantes a pagamento e allevamenti di pittbull. Ma le condizioni di sicurezza di oggigiorno non sono poi molto diverse a quelle di ogni altra epoca, almeno in questa parte del mondo. Se ne desume che i mezzi di informazione sono un gigantesco amplificatore delle ossessioni umane. Un catalizzatore di orrori, demenze, brutture. È inutile negare che ogni forma di edulcorazione delle notizie puzza di regime, di censura.
Ma è altrettanto apodittico che l'informazione agglutinata intorno al mostruoso, all'abnorme, al doloroso funziona come un regime. “Ti mostro la parte brutta della società e ti distraggo dagli altri, e forse più importanti, problemi. Non pensare alla crisi mondiale, alla perdita del lavoro: non si trova quella ragazzina. Questo è il problema. Gli altri sono falsi problemi: ci pensiamo noi a risolverli”: questo potrebbe essere il retropensiero dei Burattinai. Spiegare l'omicidio di una ragazzina avvenuto a mille chilometri di distanza, in fondo, è più semplice che spiegare perchè esiste la povertà sotto casa. Più semplice e più vantaggioso.
Così sempre più spesso, siamo costretti a cercare altrove la verità. Spegnendo la televisione, per esempio. Oppure uscendo di casa e osservando la nonna che prende per mano la nipotina. Oppure ancora guardando il senegalese e l'indigeno che battono il cinque. Non è difficile nemmeno scovare le good news. Basta volerlo. Basta scandagliare il corso, oramai clandestino, della vita comune...