No, non vado quasi mai al cimitero, i miei dolori me li porto dentro ogni giorno, sono un bagaglio, che abita dentro di me. A che guardare un sepolcro, e sostare davanti ad una tomba? Ho dentro tutto il ricordo di coloro che non ci sono più, vivo e forte.Quel dolore non se ne va mai, è arpionato dentro, ci ho fatto l'abitudine, ma è lì, con le sue crisi acute, che si alternano a periodi di lieve sollievo, nel susseguirsi dei giorni. Non vado al cimitero, come molti, che ogni giorno sono in pellegrinaggio alle tombe dei loro morti, guardare una lapide non mi basta, non mi consola, non allevia il mio dolore. L'assenza e il vuoto, questo è il cimitero che visito tutti giorni. Lì vi sono sentieri infiniti, che percorro pensando a chi mi ha lasciato anzitempo, non una foto sbiadita che mi guarda da un freddo granito, non i fiori appassiti, non le foglie stanche, che pugnalano i miei occhi, non le lettere in ottone, quelle fredde date che come un passaggio a livello delimitano il tempo passato in questo mondo.Non vado al cimitero, non sopporto le chiacchiere inutili di quelli che incontro a fare il giro delle tombe, che commentano la vita di chi ormai vita non è più, ai morti non importa. E non importa a me, perchè per le chicchiere vi sono altri luoghi, e il cimitero è il luogo del silenzio, il luogo del rispetto, e tuttavia non mi piace. Non rifiuto la morte, essa fa parte della vita, senza l'una non v'è l'altra, ma associo il cimitero a una prigione, un confino che serve a noi per tenere incatenati qui, coloro che ci hanno lasciato. Affidiamo al vento, all'acqua le ceneri dei nostri morti, lasciamo che se ne vadano, è inevitabile che portino con sè anche una parte di noi, ma il loro compito qui è finito, e la mia mente rifiuta di incatenarli in queste silenziose città dove brillano solo lumini notturni."Pulvis es et in pulverem reverteris (Polvere sei e polvere ritornerai)", e lasciamo dunque che la madre terra, si riprenda ciò che ha dato, quando la scintilla divina ci ha creato.