Di solito Gramellini mi piace. Con poche semplici parole getta una luce diversa sugli avvenimenti che sono davanti agli occhi di tutti. Questa volta però ha preso una buca clamorosa. In parte è giustificata per il fatto che la stessa buca è stata presa da quasi tutta l'informazione italiana, però io da un giornalista serio mi aspetto sempre che prenda le notizie e gratti sotto la superficie per comprenderne tutti gli aspetti. Gramellini non l'ha fatto. Ha puntato come tutti sull'aspetto più straziante della vicenda, e così qualsiasi voce fuori dal coro viene tacciata di freddezza e mancanza di cuore. E il fatto che un giornalista noto e stimato come Gramellini la rilanci in prima serata non fa altro che radicalizzare l'opinione comune su posizioni sconcertanti.
La storia è quella della piccola Sofia, affetta da una terrificante malattia neurodegenerativa che allo stato attuale delle cose non è curabile. Certamente ne avrete sentito parlare in mille salse, e saprete che i genitori di Sofia, disperati, si sono affidati alle cure a base di cellule staminali della "Stamina Foundation" del dottor Vannoni – cure che ha quanto pare hanno portato qualche beneficio alla piccola. Capita però che la magistratura disponga il sequestro del laboratorio in cui queste cure vengono preparate e che quindi la terapia non possa proseguire. La vicenda inizialmente passa sottotraccia, poi un servizio delle "Iene" solleva un immediato polverone mediatico. Opinionisti di varia natura gridano allo scandalo e denunciano la magistratura assassina e senza cuore, fino a che il ministro Balduzzi, pressato dall'opinione pubblica, decide di intervenire per sbloccare queste cure di natura "compassionevole". La vicenda è molto più lunga e intricata di come l'ho esposta qui, ma per farvi un idea precisa degli eventi vi rimando al post di MedBunker, che ringrazio per il suo sempre precisissimo lavoro di analisi.
Raccontata in questo modo la storia di Sofia sembra abbia il giusto finale. E così la racconta anche Gramellini a partire dal minuto 9 del filmato. In realtà faccio parte di quella stretta fetta di opinione pubblica che ritiene questa storia l'ennesima dimostrazione di come una cattiva informazione possa distorcere la realtà usando il bieco strumento dell'emotività. Come potrete leggere nel post di MedBunker il signor Vannoni è un dottore in lettere (ripeto: in lettere, non in medicina) che vende per decine di migliaia di euro l'anno una "terapia" senza alcuna prova di efficacia. E il suo laboratorio è stato sequestrato perché i NAS hanno accertato gravi inadempienze nella conservazione delle cellule da trapiantare, con un concreto pericolo quindi per i pazienti in terapia. Forse mi è sfuggito, ma non ho sentito parlare in nessuna trasmissione della storia di Sofia e del metodo Vannoni in questi termini. E pensare che queste informazioni sono accessibili e verificate. Tutta l'attenzione è rivolta allo strazio della famiglia, a quanto sia importante coltivare una seppur flebile speranza di miglioramento, speranza che a quanto pare risiede nella terapia Vannoni. E così quello che è a tutti gli effetti un truffatore diventa un perseguitato dalla magistratura e dai poteri forti delle case farmaceutiche, e un Ministro della Salute, incalzato dalla Voce del Popolo, viene portato ad ammetterne in qualche modo l'operato. Tutto questo in nome della "speranza".
Io trovo questa vicenda inquietante. Un'istituzione non può ammettere in alcun modo l'operato di chi vende "speranza" in cambio di molti soldi, facendo leva sulla sofferenza altrui. Forse anche Vanna Marchi ha venduto "speranze" a qualcuno: riabilitiamo anche lei? E quel che è peggio, qui si confonde la speranza con le false promesse. Il medico deve sempre dire la verità, ma lasciando acceso un barlume di speranza, perché la medicina non è una scienza esatta e a volte accadono autentici "miracoli". Ma quello che non può fare mai è dare false illusioni, o quel che è peggio, venderle a caro prezzo. Purtroppo l'affidarsi a santoni o pseudo-dottori è spesso portato da un atteggiamento sbagliato da parte dei medici. Per dare speranza a un paziente distrutto a volte basta davvero poco: una parola gentile, un sorriso, un piccolo gesto affettuoso. Nello strazio della malattia queste piccole cose possono davvero aiutare il paziente ad affrontare la sofferenza in maniera diversa. Molti medici dimenticano questo aspetto o non lo ritengono importante, e così molti pazienti finiscono nelle mani di chi "regala" loro quella speranza che la medicina ufficiale non ha saputo elargire: e così crescono e prosperano i Vannoni, i Di Bella e perfino i Simoncini, aiutati anche da un'informazione alimentata dalle lacrime facili. E il lavoro delle migliaia di ricercatori e operatori sanitari che tutti i giorni cercano di dare un supporto e una speranza concreti a chi ormai non l'ha più viene spazzato via in un secondo dall'imbonitore di turno.
Caro Gramellini, non cascarci più, per favore.