Ieri pomeriggio, nella sala consiliare del Comune di San Vito al Tagliamento, si è discusso di mobbing A parlare erano la dr.ssa Cristina Caparesi e l'avvocato Teresa Dennetta, che operano nei Punti di ascolto anti-mobbing della Cisl, presenti a Pordenone (Villa Carinzia, viale Martelli, 51, telefono 0434-231495), Udine (Palazzo Belgrado, piazza Patriarcato, 5, telefono 0432-279524) e Gorizia (via Manzoni, 5-33, telefono 0481-533321). L'esposizione delle relatrici ha reso l'idea di un fenomeno che può colpire chiunque, ma di difficile emersione a causa della stessa situazione psicologica di depressione e di auto-svalutazione ingenerata dall'essere molestati. Coloro che, superato questo ostacolo e ricorrendone i presupposti, intendano adire le vie legali per l'ottenimento di un risarcimento, spesso si trovano di fronte all'obiettiva difficoltà di documentare la situazione di mobbing subita: infatti, non sempre è agevole raccogliere registrazioni sonore (ritenute legittime dalla Corte di Cassazione – Sezione lavoro – sentenza 16 gennaio – 8 maggio 2007, n. 10430, qui commentata) e testimonianze di colleghi di lavoro. Le difficoltà sono acuite dal fatto che attualmente non esiste una legge nazionale dedicata al mobbing, nonostante l'invito rivolto dal Parlamento europeo con risoluzione 2001/2339. Le armi in possesso sono diverse: alcuni articoli della Costituzione (32 e 41), del Codice Civile (2043 e 2087), del Codice Penale, lo Statuto dei diritti dei lavoratori (artt. 9 e 15), il Dlgs n. 626/1994 (artt. 3, 4 e 17), alcune leggi regionali come nel caso della legge nr. 7/2005 del Friuli Venezia Giulia, la prassi amministrativa (circolare nr. 71/2003 dell'Inail). Proprio in forza della legge citata, nel Friuli Venezia Giulia sono presenti i Punti di ascolto anti-mobbing, come quello istituito dalla Cisl in collaborazione con le Province di Pordenone e Udine. La loro finalità è quella di offrire al lavoratore in difficoltà la possibilità di manifestare il proprio malessere lavorativo legato a situazioni di molestie morali e psicofisiche, mettendo a disposizione una consulenza che va da quella legale, a quella psicologica, a quella medica. Tra le cose ascoltate ieri pomeriggio, una in particolare mi ha colpito: che nella maggior parte dei casi portati a conoscenza dei Punti di ascolto, le situazioni riguardino lavoratori con contratto a tempo indeterminato: è probabile che un lavoratore a tempo determinato decida di non esporsi per due motivi: perché sa che con la fine del contratto termina il suo Calvario, o, considerando di trovarsi di fronte al sostenimento di una "prova", decida di stringere i denti, cercando così di "aderire" pienamente alla volontà del proprio superiore (nel caso di mobbing "verticale"), il tutto per acquisire "punti" in vista di una ipotetica trasformazione del suo contratto, alla scadenza, da temporaneo a stabile.
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Ieri pomeriggio, nella sala consiliare del Comune di San Vito al Tagliamento, si è discusso di mobbing A parlare erano la dr.ssa Cristina Caparesi e l'avvocato Teresa Dennetta, che operano nei Punti di ascolto anti-mobbing della Cisl, presenti a Pordenone (Villa Carinzia, viale Martelli, 51, telefono 0434-231495), Udine (Palazzo Belgrado, piazza Patriarcato, 5, telefono 0432-279524) e Gorizia (via Manzoni, 5-33, telefono 0481-533321). L'esposizione delle relatrici ha reso l'idea di un fenomeno che può colpire chiunque, ma di difficile emersione a causa della stessa situazione psicologica di depressione e di auto-svalutazione ingenerata dall'essere molestati. Coloro che, superato questo ostacolo e ricorrendone i presupposti, intendano adire le vie legali per l'ottenimento di un risarcimento, spesso si trovano di fronte all'obiettiva difficoltà di documentare la situazione di mobbing subita: infatti, non sempre è agevole raccogliere registrazioni sonore (ritenute legittime dalla Corte di Cassazione – Sezione lavoro – sentenza 16 gennaio – 8 maggio 2007, n. 10430, qui commentata) e testimonianze di colleghi di lavoro. Le difficoltà sono acuite dal fatto che attualmente non esiste una legge nazionale dedicata al mobbing, nonostante l'invito rivolto dal Parlamento europeo con risoluzione 2001/2339. Le armi in possesso sono diverse: alcuni articoli della Costituzione (32 e 41), del Codice Civile (2043 e 2087), del Codice Penale, lo Statuto dei diritti dei lavoratori (artt. 9 e 15), il Dlgs n. 626/1994 (artt. 3, 4 e 17), alcune leggi regionali come nel caso della legge nr. 7/2005 del Friuli Venezia Giulia, la prassi amministrativa (circolare nr. 71/2003 dell'Inail). Proprio in forza della legge citata, nel Friuli Venezia Giulia sono presenti i Punti di ascolto anti-mobbing, come quello istituito dalla Cisl in collaborazione con le Province di Pordenone e Udine. La loro finalità è quella di offrire al lavoratore in difficoltà la possibilità di manifestare il proprio malessere lavorativo legato a situazioni di molestie morali e psicofisiche, mettendo a disposizione una consulenza che va da quella legale, a quella psicologica, a quella medica. Tra le cose ascoltate ieri pomeriggio, una in particolare mi ha colpito: che nella maggior parte dei casi portati a conoscenza dei Punti di ascolto, le situazioni riguardino lavoratori con contratto a tempo indeterminato: è probabile che un lavoratore a tempo determinato decida di non esporsi per due motivi: perché sa che con la fine del contratto termina il suo Calvario, o, considerando di trovarsi di fronte al sostenimento di una "prova", decida di stringere i denti, cercando così di "aderire" pienamente alla volontà del proprio superiore (nel caso di mobbing "verticale"), il tutto per acquisire "punti" in vista di una ipotetica trasformazione del suo contratto, alla scadenza, da temporaneo a stabile.
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