Punti di vista neutrali cercasi per valutazione ricerche su OGM, astenersi perditempo!

Creato il 15 ottobre 2012 da Gifh

Dichiarazione di conflitti di interessi: come forse sapete sono abbastanza contrario alla sperimentazione animale indiscriminata, pertanto la mia opinione sugli studi scientifici che si avvalgono di questa pratica è decisamente negativa, sebbene ciò non esclude che vengano utilizzati diffusamente al fine di dimostrare qualunque cosa si desideri. Non sono pagato dalla Monsanto e devo ammettere che non provo grande simpatia per quest’azienda dagli introiti multimiliardari, ma nemmeno per altri protagonisti di questa storia, come l’EFSA o Monsieur Séralini, i quali neppure loro, ahimè, mi pagano per scrivere.

Facciamo il punto della situazione, l’ondata di criticismo scientifico che si è riversata sui risultati di uno studio francese che ha riscontrato gravi conseguenze sui ratti alimentati con mais geneticamente modificato, non accenna a sfumare, anzi promette di montare come l’albume di un uovo geneticamente inalterato.

Gli autori dello studio pubblicato sul numero di Novembre di Food and Chemical Toxicology, tra cui spicca Gilles-Eric Séralini ricercatore e professore di biologia molecolare, attualmente fronteggiano le pressioni intense da parte di coloro che vorrebbero esaminare la documentazione completa di tutti i dati che hanno portato alla discussa conclusione, ovvero che il gruppo dei ratti foraggiati per due anni con mais resistente al glifosato (un brevetto Monsanto caratterizzato dalla sigla NK603) hanno sviluppato molti più tumori e sono morti in anticipo rispetto al gruppo di controllo. A dirla tutta, dallo studio emerge che i topi manifestano tumori anche quando l’acqua somministrata conteneva una traccia (0,1 parti per miliardo) dell’erbicida incriminato. Proviamo ad approfondire…

Faccio una piccola parentesi. Il glifosato è un erbicida ad ampio spettro specializzato nelle infestanti annuali note per competere con le piantagioni commerciali di tutto il mondo. Fu scoperto nel 1970 dal chimico John E. Franz che allora lavorava in Monsanto, procurandole un brevetto sfruttato da allora fino al 2000, anno in cui è scaduto, con il nome commerciale di Roundup. Si trattava di un business da decine di migliaia di tonnellate annue per un prodotto che aveva del miracoloso, data l’indubbia efficacia e la presunta bassa tossicità residua dopo i trattamenti, che procurò non pochi grattacapi, tra le frodi scientifiche conclamate, le pubblicità ingannevoli condannate e le preoccupazioni sugli effetti a lungo termine sull’uomo e sull’ambiente che persistono tutt’oggi. D’altra parte i rischi sono anche evidenziati dai simboli e dalle frasi di rischio che lo marchiano (R 51/53: Tossico per gli organismi acquatici, può provocare a lungo termine effetti negativi per l’ambiente acquatico e R 41: Rischio di lesioni oculari gravi), quindi non si può dire sia proprio un agnellino.

Chimicamente il glifosato è un analogo amminofosfonico dell’aminoacido più semplice, la glicina, ovvero nella sua molecola un idrogeno del gruppo amminico è stato sostituito con un gruppo fosfato. La sua molecola tuttavia contiene ancora diversi atomi di idrogeno ancora dissociabili, specialmente quello del gruppo fosfato che va a finire sul gruppo amminico, al punto da conferire una certa bioreattività e a trasformare il glifosato in uno zwitterione, una specie neutra con cariche elettriche positive e negative localizzate in punti particolari della molecola (in corrispondenza dei gruppi funzionali) che assume così le proprietà tipiche delle molecole polari come la solubilità in acqua (circa 12 g/L a temperatura ambiente). Attenzione però a non confonderlo con un dipolo. Il glifosato uccide le piante interferendo con la sintesi degli aminoacidi aromatici: la fenilanina, la tirosina e il triptofano. Il suo effetto inibisce l’enzima EPSPS che catalizza una serie di reazioni che producono i precursori degli aminoacidi citati, i quali sono parte integrante della sintesi proteica e della produzione di metaboliti secondari come i folati, gli ubichinoni e il naftochinone, tutti step essenziali della biochimica vegetale e non solo. Esistono infatti altri studi che evidenziano gli effetti del glifosato e di altri fenossierbicidi sulle attività di trasformazioni epatiche e intestinali nei ratti che dovrebbero mettere in guardia da eventuali abusi della sostanza (anche se non stupefacente). Dato che il glifosato viene assorbito dalle foglie, esso è efficace solo per piante nella loro fase di crescita, quindi non è adatto a prevenire la germinazione dei semi. Chiudo la parentesi.

La settimana scorsa due stroncature “autorevoli” entrambe decise a rigettare il paper di Séralini, esordiscono bruscamente rigettando le conclusioni in quanto non supportate dai dati presentati. Il progetto, il rapporto e l’analisi, così come presentato, sono inadeguati e l’articolo risulta di insufficiente qualità scientifica per essere considerato valido al fine di una valutazione del rischio secondo l’EFSA e il BfR tedesco.

Il principale dissenso da entrambe le revisioni punta il dito verso il limitato impiego di ratti (solo dieci per ciascun sesso in ciascuno dei sei gruppi di osservazione), anche se il numero è simile a quello utilizzato nella maggior parte di test precedenti sulla tossicità degli alimenti OGM, compresi quelli operati sullo stesso mais NK603 dalla Monsanto che ne sancivano l’autorizzazione commerciale. Bisogna aggiungere tuttavia che questi test sono condotti con un osservazione che dura 90 giorni, a differenza dei due anni di Séralini, come da prescrizioni dell’Organisation for Economic Co-operation and Development (OECD), le quali raccomandano almeno il doppio delle cavie per osservazioni di durata superiore e almeno 50 individui per studi sulla cancerogenicità.

Come se non bastasse, i ratti utilizzati sono del tipo Sprague Dawley, una selezione tra animali albini non consanguinei che, come rilevano le due reviews, sono soggetti a sviluppare tumori spontanei. Secondo gli Harlan Laboratories che hanno provveduto alla fornitura, i dati attestano una sopravvivenza di un terzo dei maschi e della metà delle femmine per un periodo di 104 settimane. Sempre le linee guida dell’OECD in questi casi sanciscono un tasso di sopravvivenza minimo del 50%, altrimenti ogni gruppo deve aumentare almeno a 65 individui per ciascun genere.

Esiste un’elevata probabilità che i risultati correlati all’incidenza dei tumori siano dovuti al caso, dato il basso numero di animali e l’innata predisposizione spontanea ai tumori legata al ceppo Sprague Dawley, secondo il rapporto dei tecnici dell’EFSA a cui si aggiunge l’European Federation of Biotechnology, un’organizzazione con sede in Spagna che rappresenta i ricercatori biotecnologi, istituti e compagnie europee del settore, che invoca la ritrattazione, descrivendo lo studio di Séralini un pericoloso caso di fallimento del sistema di peer review.

Dall’altro lato della staccionata lo stesso Séralini auspica una ripetizione dello studio, una serie di osservazioni rinforzerà le sue conclusioni rispetto all’incidenza dei tumori e alla mortalità, ma concorda anche che più ratti avrebbero incrementato la potenza statistica del suo studio, anche se aggiunge che la sperimentazione non era espressamente progettata per mostrare differenze sull’incidenza dei tumori in quanto non se le aspettava proprio, nessun test sugli alimenti OGM aveva mai suggerito un rischio di cancro.

Va detto che Séralini però ha posto i risultati sul cancro in primo piano, orchestrando un’offensiva mediatica iniziata verso la fine di agosto e che culmina nella pubblicazione di un libro e un film sul suo lavoro. Solo un gruppo di giornalisti selezionati hanno avuto accesso al documento sotto embargo e ciascuno di loro è stato fatto firmare un insolito accordo confidenziale che impedisce il confronto con altri scienziati prima della sua scadenza. I giornalisti ricevono spesso articoli di questo tipo coperti da embargo, nel tentativo di sollecitare verifiche indipendenti prima della pubblicazione. In questo caso non vi era alcuna possibilità di apertura a fronte di una penalità pari al costo dello studio (diversi milioni di euro) per i danni causati da un rilascio prematuro della ricerca.

Il comitato etico del Centro Nazionale per la Ricerca Scientifica francese (CNRS) è tra i primi fra quelli che biasimano l’offensiva nelle pubbliche relazioni come del tutto inappropriata per un dibattito scientifico obiettivo e  di qualità e ricorda ai ricercatori che operano su argomenti controversi la necessità di riportare i risultati al pubblico in maniera responsabile.

Nel frattempo Séralini persevera nel suo diniego di rendere disponibile qualsiasi ulteriore dato all’EFSA (e al BfR) fino a quando questi non renderanno pubblici tutti i dati che hanno concretizzato l’approvazione del mais NK603 per il consumo umano e quello animale. Inoltre ha criticato l’EFSA, e molti altri detrattori del suo studio, per un presunto conflitto di interessi, secondo il quale egli è stato attaccato in modo estremamente disonesto dalle lobby che si celano dietro quella fetta particolare della comunità scientifica.

Anche Indipendent Science News, parte del Bioscience Resource Project, scende in campo con una linkatissima lettera aperta su Séralini e la Scienza, di cui vi riporto le conclusioni dopo avervi consigliato di leggerla integralmente e di notare il numero e la qualità dei sottoscrittori.

“Quando coloro con certi interessi tentano di sollevare dubbi irragionevoli su risultati sconvenienti, o quando i governi prodigano opportunità politiche scartando e selezionando a piacere dalla ricerca scientifica, essi allora compromettono la confidenza del pubblico nel metodo scientifico e nelle istituzioni, oltre a mettere gli stessi cittadini in condizione di rischio. Test di sicurezza, regole basate sulla scienza e lo stesso processo scientifico dipendono in maniera cruciale dalla fiducia diffusa in una comunità di scienziati devoti all’interesse pubblico e all’integrità professionale. Altrimenti il punto d’inizio per gli accertamenti su un prodotto scientifico sarà un processo di approvazione manipolato in favore del proponente, e supportato dalla sistematica soppressione degli scienziati indipendenti che lavorano nell’interesse del pubblico, così da inibire un dibattito scientifico onesto e razionale.”

Dello stesso avviso John Vidal, che dal Guardian contrattacca con le inconvenienti risposte di Séralini a ciascuna critica, che precisa infine un particolare che pochi hanno notato in mezzo a tutto il cancan. Lo studio di Séralini non verteva espressamente sui pericoli della tecnologia genetica, bensì sulla tossicità del glifosato usato sulle colture e cita Ottoline Leyser, direttore associato del Sainsbury Laboratory, University of Cambridge:

“Come la maggior parte dei dibattiti sugli OGM, questo studio ha molto poco da spartire con gli OGM. Gli autori non suggeriscono che gli effetti siano provocati dalle modifiche genetiche, ma descrivono gli effetti dell’erbicida e quelli attribuiti all’attività dell’enzima introdotto nel mais resistente al glifosato. Ci sono buone evidenze che i geni introdotti con le tecniche di ingegneria genetica comportano piccoli cambiamenti alle piante rispetto a quelli derivanti dagli incroci convenzionali.”

L’ultimo episodio di questa serie lo scrive la Corte dei Conti Europea, che solleva dubbi (e infuoca la discussione) sulla direzione dell’EFSA (nonché di altre agenzie europee come l’EASA, l’ECHA e l’EMA) soprattutto sulle questioni inerenti i conflitti di interessi ed emette un corposo quanto opportuno rapporto sulla loro gestione che è un vero labirinto burocratico di note e prescrizioni che si spera prevengano futuri comportamenti scorretti, ma che probabilmente serviranno solo a far aumentare i mal di testa dei burocrati che dovranno sbrogliarsela. D’altronde sono noti da tempo molteplici casi accertati di collegamenti conflittuali tra i membri delle commissioni europee e i loro datori di lavoro occulti, come in questa interessante panoramica dell’organizzazione internazionale non governativa Pesticide Action Network (PAN) o in questa particolareggiata denuncia di Claire Robinson dell’Earth Open Source, tutti indipendenti che guarda caso non ci vedono troppo chiaro scrutando tra le fila dell’EFSA, un po’ come per il caso dell’aspartame, di cui attendiamo ancora gli esiti.

E allora di cosa stiamo parlando se non della nostra stessa salute che qualcuno sarebbe disposto a sacrificare per un tornaconto personale, piuttosto di approfondire scomodi allarmi che nel rispetto più minimale del principio di precauzione vengono sempre più disattesi? O forse basta tacciare semplicisticamente ogni dissenso come un esempio di estremismo popolare pseudotransecoambientalista (con scappellamento a destra!) contro la multinazionale di turno per esorcizzare qualsiasi spettro che insidi le nostre solide certezze?

Oooh, succeda quel che deve succedere, io mi sono sfogato… adesso sfogatevi pure voi!


Declan Butler (2012). Hyped GM maize study faces growing scrutiny Nature DOI: 10.1038/490158a

Eino Hietanen,, Kaija Linnainmaa,, & Harri Vainio (2009). Effects of Phenoxyherbicides and Glyphosate on the Hepatic and Intestinal Biotransformation Activities in the Rat Acta Pharmacologica et Toxicologica DOI: 10.1111/j.1600-0773.1983.tb01876.x

Gilles-Eric Séralini,, Emilie Clair,, Robin Mesnage,, Steeve Gress,, Nicolas Defarge,, Manuela Malatesta,, Didier Hennequin,, & Joël Spiroux de Vendômois (2012). Long term toxicity of a Roundup herbicide and a Roundup-tolerant genetically modified maize Food and Chemical Toxicology DOI: 10.1016/j.fct.2012.08.005

European Food Safety Authority (2012). Review of the Séralini et al. (2012) publication on a 2-year rodent feeding study with glyphosate formulations and GM maize NK603 as published online on 19 September 2012 in Food and Chemical Toxicology EFSA Journal : 10.2903/j.efsa.2012.2910


Potrebbero interessarti anche :

Possono interessarti anche questi articoli :