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Punto e a capo

Creato il 02 aprile 2011 da Abattoir

Delle volte è necessario mettere un punto, fermarsi a rileggere e capire come continuare. Quando le fondamenta su cui si è costruita un’esistenza iniziano a tremare, facendoci avvertire la sensazione di galleggiare sul nulla, allora, è tempo di controllare cosa sia rimasto sotto i nostri piedi. Ideali, fantasie, sogni, amore, amicizia, pace, famiglia. Tutti messi a sostegno della nostra vita. Certezze, bisogno di sapere che ci sono alcune cose che non cambieranno mai, che rimarranno al centro di quello che siamo. Poi, la realtà mette tutto alla prova, si capisce che qualcosa di tutto quello che si pensava ci avrebbe dovuto sostenere è da modificare, e così cambi qui, cambi là, fino al punto in cui l’equilibrio è rotto, e giù, crolla tutto. Tradimenti, delusioni, vite sospese, pressioni esterne. Arriva il momento in cui bisogna fare i conti con le cose più materiali e vili: soldi, carriera, sopravvivenza, posizione sociale, rate della macchina, mutuo da pagare, le bollette ed ancora tanto altro, la lista potrebbe andare avanti ancora a lungo. Le nostre certezze crollano sotto il peso di una montagna di fumo nero, pesante e che acceca. I sogni sono intrappolati da dolorosi giudizi. La libertà, il più elevato degli ideali, messo alla berlina dell’ arroganza di chi, avendo imparato a muoversi nella melma, pensa di poter imporre la sua volontà su quella degli altri.

La pace, la giustizia, l’amore, la solidarietà, perdono il loro senso, si sciolgono in lacrime disperate, nascoste davanti agli altri. Ci sembra di camminare sul niente. Pensiamo di aver cercato la felicità in qualcosa che non esiste. Dove sono tutte quelle speranze? Schiacciate da un treno in corsa con su scritto il numero dei nostri anni?  Ci si può davvero lasciare travolgere? No, perchè un giorno leggeremo un libro che ci farà emozionare, parteciperemo ad una manifestazione che ci farà sentire pulsare ancora, sotto il petto, quegli ideali che pensavamo morti, perché  un amico vorrà dividere un panino con noi o il passo di qualcuno potrà svegliarci da quel torpore in cui siamo caduti.

La coscienza che continuamente siamo e saremo sottoposti a pressioni esterne, che sono dovute al fatto di appartenere ad una società che si è data delle direttive, delle regole, per ordinare l’inordinabile, che ci rende schiavi dell’idea che qualcosa di innaturale sia naturale, la consapevolezza di ciò dovrebbe, in parte, renderci più coraggiosi e forti, anche solo per il fatto che, se non ce ne possiamo liberare, almeno, la natura del nostro dolore possiamo guardarla dritto negli occhi, provando delle volte a ridimensionarla pensando a quanto ridicola sia.

Per volerla dire alla maniera degli Afterhours, è vigliacco rimanere attaccati e sperare che ci sia quello che non c’è?

Delle volte è necessario mettere un punto, fermarsi a rileggere e capire come continuare. Quando le fondamenta su cui si è costruita un’esistenza, iniziano a tremare, facendoci avvertire la sensazione di galleggiare sul nulla, allora, è tempo di controllare cosa sia rimasto sotto i nostri piedi. Ideali, fantasie, sogni, amore, amicizia, pace, famiglia. Tutti messi a sostegno della nostra vita. Certezze, bisogno di sapere che ci sono alcune cose che non cambieranno mai, che rimarranno al centro di quello che siamo. Poi, la realtà mette tutto alla prova, si capisce che qualcosa di tutto quello che si pensava ci avrebbe dovuto sostenere, è da modificare, e così cambi qui, cambi là, fino al punto in cui l’equilibrio è rotto, e giù, crolla tutto. Tradimenti, delusioni, vite sospese, pressioni esterne. Arriva il momento in cui bisogna fare i conti con le cose più materiali e vili: soldi, carriera, sopravvivenza, posizione sociale, rate della macchina, mutuo da pagare, le bollette ed ancora tento alto, la lista potrebbe andare avanti ancora lungo. Le nostre certezze crollano sotto il peso di una montagna di fumo nero, pesante e che acceca. I sogni sono intrappolati da dolorosi giudizi. La libertà, il più elevato degli ideali, messo alla berlina dell’ arroganza di chi, avendo imparato a muoversi nella melma, pensa di poter imporre la sua volontà su quella degli altri.

La pace, la giustizia, l’amore, la solidarietà, perdono il loro senso, si perdono in lacrime disperate, nascoste davanti agli altri. Ci sembra di camminare sul niente. Pensiamo di aver cercato la felicità in qualcosa che non esiste. Dove sono tutte quelle speranze? Schiacciate da un treno in corsa con su scritto il numero dei nostri anni? . Ci si può davvero lasciare travolgere? .No, perchè un giorno leggeremo un libro che ci farà emozionare, parteciperemo ad una manifestazione che ci farà sentire pulsare ancora, sotto il petto, quegli ideali che pensavamo morti, perché ci un amico vorrà dividere un panino con noi o il passo di qualcuno potrà svegliarci da quel torpore in cui siamo caduti.

La coscienza che continuamente, siamo e saremo sottoposti a pressioni esterne, che sono dovute al fatto di appartenere ad una società, che si è data delle direttive, delle regole, per ordinare l’inordinabile, che ci rende schiavi dell’idea che qualcosa di innaturale sia naturale, la consapevolezza di ciò dovrebbe, in parte, renderci più coraggiosi e forti, anche solo per il fatto, che se non ce ne possiamo liberare, almeno, la natura del nostro dolore possiamo guardarla dritto negli occhi, provando delle volte a ridimensionarla pensando a quanto ridicola sia.

Per volerla dire alla maniera degli Afterhours, è vigliacco rimanere attaccati e sperare che ci sia quello che non c’è?


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