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La trama (con parole mie): Kowalski è un veterano del Vietnam, ex poliziotto e professionista della velocità cacciato dai circuiti per la sua inclinazione all'alcool che consegna macchine truccate per conto di un'agenzia di Denver.Quando, alla guida di una Dodge Challenger bianca, decide di arrivare in California in meno di due giorni, comincia di fatto una sfida contro il sistema tutta giocata sulla velocità ed i limiti che la vettura - e lui stesso - possono essere in grado di superare.Attraverso il Colorado, il Nevada ed il deserto della terribile Death Valley, l'uomo si troverà in bilico tra i ricordi del suo passato, le sirene della polizia al suo inseguimento e la voce di un dj profondamente "soul" che diviene passo passo una sorta di guida spirituale: la sua corsa diverrà, di fatto, una sfida allo status quo made in Usa.
Da tempo ormai quasi immemore sostava al saloon in attesa di una degna visione Punto Zero, procuratomi dal mio fratellino Dembo e fortemente sponsorizzato da Ottimista, due dei frequentatori più importanti di questo crocevia fordiano: finalmente, dunque, sono riuscito ad aggiungere uno dei maggiori cult della generazione di Easy rider e Duel alla lista delle visioni messe in bacheca, e devo ammettere che questo forse meno celebrato lavoro di Sarafian ha tutte le carte in regola per essere omaggiato quanto i suoi due illustri compagni di leggenda.
Partito quasi in sordina nonostante gli strepitosi inseguimenti tra la Dodge Challenger del protagonista e le vetture e le motociclette delle forze dell'ordine ed apparso quasi datato a causa di un montaggio frammentario come nelle più allucinate pellicole ribelli del periodo, il lavoro con protagonista Barry Newman è riuscito ad acquisire sempre più spessore chilometro dopo chilometro e minuto dopo minuto, quasi la visione fosse figlia di un'accelerazione estrema ed inarrestabile, un grido di libertà contro il sistema, il destino e le avversità dalla vitalità e dalla potenza incontenibili, in bilico tra il mito di Jimmy Dean e La locomotiva gucciniana, giocato sulla narrazione di una voce off che mi ha ricordato un altro supercult dei gloriosi seventies,I guerrieri della notte di Walter Hill ed intriso di quella volontà incrollabile che solo i miti paiono riuscire ad avere, impreziosito da un'ellissi che regala nel finale il senso all'insieme dello script.
E proprio di mito si tratta, rispetto al protagonista Kowalski - nome che ormai è una garanzia in casa Ford, considerati Gran Torino e Un tram che si chiama desiderio -: un uomo dalle pochissime parole e dallo sguardo spiritato, lanciato in una corsa solo apparentemente immotivata attraverso gli States, rapito dai ricordi e da incontri surreali e grotteschi che ricordano lo splendido Una storia vera di Lynch.
Punto Zero è un road movie spinto dalla volontà non tanto di fuggire, ma di battersi rompendo regole, schemi e restrizioni - in fondo, le polizie dei singoli Stati si fermano sempre alla frontiera lasciando che i tutori dell'ordine dell'altra parte del confine raccolgano la patata bollente rappresentata da questo pilota tanto folle -, votato in qualche modo neppure troppo sotterraneo all'autodistruzione - la scommessa con lo spacciatore di Denver - e ad un tempo straordinariamente pulsante, desideroso di trovare un se stesso sempre al massimo, stanco dei compromessi che celano troppe bassezze - i ricordi del passato da poliziotto - e pronto a volare letteralmente avanti a tutti quelli che cercheranno di intralciare il suo incredibile viaggio - l'automobilista spocchioso al volante di un'automobile da corsa -.
Da questo punto di vista è impossibile non rimanere a bocca aperta di fronte alle splendide riprese dei duelli tra le vetture, in grado di ricordarmi le meraviglie di Blues Brothers e Ronin, punti di riferimento del genere ancora oggi oltre ai già citati Easy rider e Duel: la Dodge di Kowalski, come i cavalli selvaggi degli eroi del western, vibra sulle note lanciate da Super Soul, un personaggio fondamentale nell'ottica di protesta sociale che, nella musica come nei film alternativi come questo fu a dir poco necessaria per porre le basi di un progresso sociale per cui ancora oggi si continua a lottare - e si dovrebbe fare in misura anche maggiore -.
Così come le motociclette portate da Dennis Hopper e Peter Fonda, la Challenger con Barry Newman al posto di guida diviene un simbolo in grado di andare oltre lo spazio e il tempo, così come alla pellicola di cui è di fatto co-protagonista per diventare un anelito di libertà da manuale per gli anni ruggenti.
Perchè non ci sono convenzioni, ricordi, impieghi o leggi dalle quali, almeno una volta nella vita, non vorremo trascendere, fuggendo per andare il più lontano possibile e poi, quando le stesse meno se lo aspettano, tornare con bel drift quasi disegnato sui nostri passi, schiacciare il pedale a tavoletta e correre loro incontro, pronti ad abbattere ogni muro e superare ogni confine.
In quei momenti, ed ogni volta che troviamo il coraggio di accelerare, Kowalski è con noi.
E scopriamo di aver trovato il Punto Zero delle nostre lotte.
MrFord
"Living easy
loving free
season ticket for a one way ride
asking nothing
leave me be
takin' everything in my stride
don't need reason
don't need rhyme
ain't nothin' I would rather do
going down
party time
my friends are gonna be there too."Ac/Dc - "Highway to hell" -
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