Riguardo il post di ieri, alcuni hanno commentato dicendo che non capiscono la logica del modo di lavorare giapponese. Vi capisco, ma lasciate che vi conforti: una logica c’e', eccome.
L’impressione generale che ho avuto dai commenti e’ che vi siate focalizzati troppo sull’ “essere giapponese che va all’estero”, e quindi dando una spiegazione culturale, piuttosto che chiedervi come possano permettersi (anche economicamente) di fare trasferte del genere. A che pro? Perche’ uno spreco del genere? Quale azienda al mondo pagherebbe per l’autista giapponese piuttosto che far prendere alla gente dei semplici taxi? Perche’ trovano la concorrenza ai loro stessi meeting? Chi li ha invitati? Perche’?
La risposta, cari lettori, va ricercata molto lontano. Al tempo in cui in Italia le penne piu’ famose non erano ancora le Pilot e gli studenti non si scrivevano le dediche sul diario coi pennarelli Uni Posca. Ma lasciate perdere il fatto che sono giapponesi, la risposta non e’ (solo) culturale. E’ soprattutto una domanda di economia, e forse di “ingegneria gestionale”.
La soluzione all’enigma e’ distante anni luce dall’idea che avete di “imprenditoria”, e contemporaneamente sotto i vostri occhi.
Ma ora vi lascio: fuori c’e’ un sole splendido e sembra estate. A lunedi.