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Può un pianeta extrasolare “accendere” una stella?

Creato il 08 settembre 2015 da Sabrinamasiero

In una Lettera sulla rivista Astrophysical Journal gli astronomi del programma osservativo Global Architecture for Planetary Systems (GAPS) raccontano di un fenomeno di interazione stella-pianeta mai osservato prima. Il monitoraggio simultaneo in raggi X e in luce visibile della stella HD 17156 ha consentito di cogliere un aumento dell’emissione luminosa in coincidenza con il passaggio ravvicinato e veloce di un pianeta al periastro. Un pianeta di tipo gioviano può somigliare quindi a un fiammifero!

di Antonio Maggio

Rappresentazione artistica di un sistema planetario. Crediti: Michael Kidderly.
Rappresentazione artistica di un sistema
planetario. Crediti: Michael Kidderly.

Molti dei pianeti extrasolari fino a oggi scoperti sono di tipo Hot Jupiter, ovvero pianeti di massa comparabile a quella del nostro Giove, ma posti a distanza ravvicinata dalla propria stella e quindi con una temperatura superficiale molto elevata. Distanza ravvicinata significa pianeti a pochi centesimi di Unità Astronomica dalla stella, quindi anche più vicini di quanto lo è Mercurio al Sole. È possibile che il pianeta e la stella si influenzino a vicenda in questi casi? In teoria sì, ma in pratica sono ancora pochissime le osservazioni utili a mettere alla prova questa ipotesi.

Uno dei modi in cui si può realizzare questo fenomeno di interazione stella-pianeta è tramite i campi magnetici di stella e pianeta: se tali campi magnetici esistono, possono venire in contatto e provocare un rilascio di energia che riscalda il gas nell’atmosfera esterna della stella, come anche dell’atmosfera del pianeta. Se ciò avviene, diversi modelli teorici suggeriscono che l’emissione di luce dalla cromosfera e dalla corona della stella possa aumentare, rendendo quindi “visibile” il fenomeno. In pratica però tutto questo è difficile da dimostrare, perché l’emissione di radiazione della stella può variare anche per altri motivi, indipendenti dalla presenza del pianeta. Come fare, quindi?

Sicuramente di primaria importanza è l’aspetto tecnologico per il quale lo spettrografo ad alta risoluzione HARPS-N, montato al Telescopio Nazionale Galileo e di cui si avvale il gruppo GAPS, può vantare altissime prestazioni.

Un gruppo di astronomi del programma GAPS, coordinato da Antonio Maggio dell’INAF – Osservatorio Astronomico di Palermo, ha avuto l’idea di studiare il comportamento di un sistema extrasolare in cui il pianeta gira attorno alla stella in un’orbita molto ellittica. La stella in oggetto si chiama HD 17156 e ospita un pianeta con una massa pari a tre volte quella di Giove, in un’orbita molto allungata (con eccentricità e=0,7) che completa in un periodo di circa 21 giorni. Ciò significa che il pianeta passa la maggior parte del tempo molto lontano dalla stella, quindi senza possibilità di influenzarla, ma ogni 21 giorni compie un passaggio ravvicinato che la porta a una distanza minima di appena 7 volte il raggio della stella. Secondo una delle leggi di dinamica formulate da Johannes Kepler nel XVII secolo, al momento del suo passaggio al periastro, ovvero nel punto più vicino alla stella, il pianeta raggiunge la massima velocità, tanto più elevata quanto maggiore è l’eccentricità dell’orbita. Il pianeta gioviano caldo di HD 17156 compie questo passaggio ravvicinato alla velocità di circa 576 000 km all’ora! In questa situazione, la possibilità di un’interazione magnetica stella-pianeta è molto accentuata al periastro, ma non in altri punti dell’orbita, perché il pianeta torna ad essere troppo lontano e lento. Da qui l’idea di osservare la stella HD 17156 in due momenti diversi: al periastro e lontano dal periastro.

Per essere più sicuri nell’interpretazione delle osservazioni, gli autori di questa ricerca hanno fatto in modo di osservare la stella simultaneamente in raggi X, con il satellite XMM-Newton dell’Agenzia Spaziale Europea, e con lo spettrografo HARPS-N istallato al Telescopio Nazionale Galileo nell’isola di La Palma (Canarie). Le due osservazioni, effettuate nel settembre del 2014, hanno mostrato per la prima volta “in diretta” il fenomeno tanto ricercato: nella prima delle due osservazioni (9 settembre), con il pianeta lontano dal periastro, la stella non è risultata visibile, in quanto essa è molto poco attiva di per sé; la seconda osservazione (21 settembre), poche ore dopo il passaggio del pianeta alla minima separazione, ha invece ha rivelato una chiarissima emissione di raggi X da parte della stella, in simultanea con un aumento dell’emissione di luce blu da ioni di calcio, segno che la corona e la cromosfera (zone più esterne dell’atmosfera stellare) si sono accese!

La simultaneità delle osservazioni in raggi X (con XMM-Newton) e in luce blu (con HARPS-N) ha consentito quindi una convalida del fenomeno di interazione stella-pianeta con due strumenti diversi, al momento del passaggio del pianeta al periastro. È questa la prima volta che ciò si verifica e l’originalità dello studio è stata ricompensata con la pubblicazione di una Letter nella prestigiosa rivista Astrophysical Journal.

Immagini in raggi X di HD 17156 ottenute con il pianeta lontano dal periastro (a sinistra) e vicino al periastro (a destra). La stella oggetto dello studio è quella indicata con un quadrato verde, che risulta visibile soltanto nella seconda osservazione (20-21 settembre). L'oggetto più in alto nel campo di vista di XMM-Newton è una sorgente di raggi X molto più lontana, che casualmente appare vicina ad HD 17156 per semplici ragioni di prospettiva, ma non ha alcuna relazione con il sistema planetario.
Immagini in raggi X di HD 17156 ottenute con il pianeta lontano dal periastro (a sinistra) e vicino al periastro (a destra). La stella oggetto dello studio è quella indicata con un quadrato verde, che risulta visibile soltanto nella seconda osservazione (20-21 settembre). L’oggetto più in alto nel campo di vista di XMM-Newton è una sorgente di raggi X molto più lontana, che casualmente appare vicina ad HD 17156 per semplici ragioni di prospettiva, ma non ha alcuna relazione con il sistema planetario.

In sostanza, le osservazioni suggeriscono un’interazione stella-pianeta proprio al passaggio al periastro, quando la teoria prevede che tale fenomeno sia più probabile”, ci racconta Antonio Maggio.Quale tipo di interazione però non è ancora chiaro: una prima possibilità è che alla minima distanza tra stella e pianeta le loro magnetosfere vengano a contatto e provochino una riconnessione, con rilascio di energia, e quindi un brillamento della stella; in alternativa, è possibile che durante il passaggio ravvicinato parte del materiale che forma il pianeta gassoso venga strappato via da forze di marea e cada poi sulla stella provocando un surriscaldamento della cromosfera e della corona.”

Naturalmente saranno necessarie altre osservazioni di questo sistema planetario in futuro per comprendere meglio la natura di questi fenomeni e quanto frequenti (o rari) essi siano, e quindi quanto fortunati siano stati i ricercatori dell’INAF ad averlo osservato almeno una volta. Tali fenomeni poi rivestono una grande importanza per la caratterizzazione dei sistemi planetari e per la loro evoluzione: l’interazione stella-pianeta è infatti uno strumento d’indagine sui campi magnetici planetari, se esistenti, è uno dei meccanismi che potrebbero influenzare la velocità di rotazione di una stella, e hanno probabilmente un ruolo anche sul riscaldamento delle atmosfere planetarie. Ma di tutto questo parleremo un’altra volta… la ricerca continua!

L’articolo originale si può leggere qui.

Antonio


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