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Lui, lei e gli altri. Più che un triangolo amoroso, quello di Purtativi u pigiama è un esagono. Liberamente tratto da Pigiama per sei di Marc Camoletti, la storia ripercorre le vicende di sei personaggi tra tradimenti, equivoci, scambi di identità e gag, ma questa volta l’accumulo di cliché non è in grado di creare un capolavoro, per dirla alla Eco. La compagnia teatrale Piccolo Borgo Antico di Lipari ci regala pompose interpretazioni, lasciando buchi di sceneggiatura sparsi qua e là, sebbene gli errori siano stati spesso dissimulati dall’istrionismo degli attori. I propositi quindi non sono certamente così ambiziosi: riso e divertimento piuttosto che riflessione, nonostante il tema lui – lei – l’altro suggerirebbe capitoli di vasta portata. Purtativi u pigiama è comunque uno spaccato di teatro contemporaneo, e come tale non può essere ignorato; appartiene alla categoria, già presente da tempo sia nel campo teatrale che in quello cinematografico, della risata superficiale, o da cinepanettone. Gag, battute colorite, scambi di identità e sesso, un mix pop esplosivo da successo assicurato. La regia e i personaggi inseguono freneticamente l’ossessione della risata, pompando la scena con trovate e musiche spesso poco azzeccate, ma in linea con la poetica sviluppata e messa in atto.
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Ettore Scola nel 1980, ben 32 anni fa, in quel capolavoro che è La terrazza aveva già affrontato la questione: il personaggio interpretato da Jean-Louis Trintignant, uno sceneggiatore cinematografico con pretese critico-intellettuali in crisi, era ossessionato dalla domanda «fa ridere?», fino all’esaurimento nervoso e al ritiro forzato in una critica psichiatrica. La stessa domanda ha, e continua a farlo, per anni ossessionato l’industria culturale italiana, in primo luogo teatro e cinema, creando un vortice senza fine da cui sono scaturiti i noti prodotti comici della cultura nostrana. Il binomio popolare-volgare che tormenta Enrico, Jean-Louis Trintignant, è lo stesso che da anni martella i professionisti e i lavori italiani, dai più noti e prestigiosi fino a quelli amatoriali, e Purtativi u pigiama rientra in pieno in questa descrizione. La soluzione sembra essere solo una: la risata facile. E se poi riesce a essere pure volgare, banale, prevedibile e con una venatura di dialetto, allora l’obiettivo è stato raggiunto. D’altra parte in Italia niente è più pop della volgarità. Alla compagnia Piccolo Borgo Antico va comunque il merito di aver portato sul palco attori capaci di reggere un ritmo forsennato e di mantenere viva l’attenzione del pubblico durante tutto il corso dello spettacolo; d’altronde l’adattamento del testo prevedeva l’utilizzo di artisti in grado di muoversi agevolmente sul palcoscenico, soprattutto nell’ambito della farsa.
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Purtativi u pigiama è infatti uno spettacolo costruito sulle caratteristiche recitative e artistiche dei suoi attori e sui loro istrionismi, nonché sulla volontà di rappresentare dei tipi umani, che potremmo anche definire cliché, piuttosto che caratteri, così come avveniva nella tradizione della Commedia dell’Arte; è ormai chiaro che la compagnia teatrale di Lipari si ispira a questa tradizione. Possiamo quindi definire lo spettacolo una versione assolutamente attuale e deformata della classica Commedia dell’Arte, un adattamento che contiene e manifesta tutti i pregi e i difetti della cultura italiana, riuscendo ad essere più contemporaneo di quanto non si pensi, perché forse è proprio nei piccoli progetti che l’anima dell’arte italiana riesce a imprimersi meglio. I veri protagonisti di Purtativi u pigiama non sono quindi i componenti del famoso esagono, ma gli spettatori in sala, coloro i quali rispondono perfettamente, e senza nessun cedimento o sbandamento, al richiamo della risata. Quelli sì che sono decisamente pop.
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