Ho finalmente recuperato Pusher 3, capitolo finale della trilogia di Nicolas Winding Refn che avevo perso per motivi di tempo al Torino Film Festival 27.
Ed immediatamente mi sono ritrovato nel clima della Copenaghen sporca e violenta raccontata da Refn.
Come Pusher 2, anche questo capitolo è uno spin off del primo Pusher. Qui il protagonista assoluto è Milo, che aveva un ruolo decisamente di secondo piano nei primi due capitoli.
Milo ha deciso di provare a disintossicarsi dall’eroina (che lui ama fumare). Così comincia a partecipare agli incontri di un gruppo di recupero in cui pare trovarsi bene.
Il problema è che comelavoro fa lo spacciatore a grandi livelli, così rimanere fuori dal giro è proprio impossibile.
La giornata di Milo che seguiamo dall’inizio alla fine è di quelle belle piene. E’ il compleanno della figlia e così deve cucinare per 50 persone (del resto gestisce un piccolo locale), ma ha anche il problema di smerciare due pacchi di exatasy che gli sono stati consegnati… e non sarà cosa facile.
Trovarsi nel mondo di Pusher è una sicurezza.
Clima torvo, oscuro, sporcizia, violenza quotidiana, droga, bassifondi.
Ancora una volta è una Danimarca che sembra una New York da ghetto.
Il tutto raccontato con la macchina in continuo movimento di Refn, nervosa, incapace di rilassarsi, di fermarsi un solo momento.
Proprio come i suoi personaggi sono incapaci di trovare una vita serena, di non cacciarsi nei guai, sebbene ci provino con forza.
Ci provava Frank nel primo film, Tonny nel secondo ed ora Milo.
E come i suoi predecessori anche Milo (ottima l’interpretazione di Zlatko Buric) non riuscirà a venirne fuori.
Anche lui finirà per trovarsi in una spirale inarrestabile che lo farà precipitare in un fondo senza futuro e senza speranza.
Ecco… non c’è speranza in Pusher. C’è il tentativo, la voglia di uscirne, ma non sembra proprio esserci possibilità di successo.
E Milo si avvita su se stesso crollando un passo dopo l’altro.
Due sequenze su tutte.
Ottima la scena in cui il protagonista cede alla tentazione e riprende a fumare eroina. Si tratta del momento decisivo che segna il fallimento ed è reso aulico e definitivo dalla narrazione di Refn.
E incredibile è anche la sequenza finale in cui Milo ed il suo vecchio amico si sbarazzano dei cadaveri che l’uomo ha lasciato nel percorso.
Una sequenza forte, importante, drammatica, lucida, pulita, realistica e incredibilmente possente.
Oh… se non ci tenete a vedere un uomo dettagliatamente trattato come un maiale lasciate perdere l’ultimo quarto d’ora del film.
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