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Peccato che la polizia sia sulle tracce dello svedese, tanto che lo scambio va molto, molto peggio di quanto ci si sarebbe potuti aspettare: la droga è persa, i soldi sequestrati e pare proprio che Tonny abbia deciso di vuotare il sacco con gli sbirri.
A questo punto per Frank il tempo diviene tiranno, a fronte di una scadenza sempre più stretta per il debito divenuto enorme con Milo, tanto da costringerlo a commettere ogni genere di follia per riuscire ad uscire vivo da una settimana decisamente no.
Da anni sentivo parlare della trilogia di Pusher, la saga che portò alla ribalta dei Festival Nicolas Winding Refn, ormai uno dei miei registi di culto: dunque, dopo averla faticosamente recuperata, mi sono tuffato nella visione di questo primo capitolo con enormi aspettative.
Posso dire, onestamente, di essere rimasto completamente spiazzato.
Abituato alla slegata visionarietà di Bronson e Valhalla rising, una vicenda come quella di Pusher mi ha di fatto riportato sulla terra, ben lontano dai viaggi fisici e mentali cui il buon Refn mi aveva abituato: l'approccio del regista, infatti, assume in questa sua opera i connotati principali della scuola del Dogma, ai tempi - siamo a metà degli anni novanta - di gran voga in tutto il Nord Europa non sempre con risultati esaltanti, e li filtra con una serie di omaggi appassionati al Cinema che l'ha formato - dalle numerose locandine che si intravedono nel corso dello svolgimento della trama ad uno script che ricorda i tempi di lacrime e sangue del Mean streets di Scorsese -.
Un Refn completamente diverso, dunque, da quello che mi ero abituato a conoscere e gustare nelle sue produzioni più recenti, a tratti decisamente ancora acerbo e forse troppo condizionato dalla realtà cinematografica danese di allora, eppure in grado di confezionare un solidissimo, onesto prodotto che mi ha riportato alla mente i viaggi senza speranza di redenzione de L'odio e Killing Zoe, giocato tutto attorno all'inesorabile caduta di Frank, un personaggio completamente negativo ed approfittatore con il quale è difficile creare un legame empatico - cosa più semplice, paradossalmente, con il folle, irresistibile Mads Mikkelsen nei panni di Tonny - ma che si continua a seguire ugualmente giorno dopo giorno, minuto dopo minuto, in attesa di scoprire quale sarà il suo destino.
Ottimi, oltre al già citato Tonny/Mikkelsen, i comprimari, fondamentalmente specchi di ciò che Frank non è o vorrebbe essere, dal boss appassionato di cucina e dai modi calorosi Milo al perfettamente caratterizzato personaggio di Rita, legata alla quale troviamo una delle scene migliori della pellicola, la telefonata di Frank che prelude alla presa di coscienza e alla fuga della giovane prostituta.
Il resto dell'ambientazione, invece, pare nutrirsi dello squallore di una Copenagher grigia e scialba, cui nulla servono i colori delle case basse o le luci martellanti delle discoteche e dei locali, teatro delle scene che più mostrano l'influenza esercitata su Refn dalle vicende scorsesiane di Johnny Boy e Charlie, che paiono, due decenni dopo e all'ombra del pessimismo del Dogma, aver perso anche quell'esiguo barlume di speranza che le attraversava.
Certo, si tratta di un ottimo inizio per quella che promette di essere una trilogia di tutto rispetto, nonchè l'opera più terrena e reale del visionario, sballatissimo Refn.
MrFord
"I am a big man
(yes I am)
and I have a big gun
got me a big old Dick and I
I like to have fun."
Nine Inch Nails - Big man with a gun
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