Putin gestisce la perdita della Siria e si getta sul Caucaso

Creato il 21 giugno 2012 da Matteo

I russi vogliono una piccola guerra vittoriosa? Perché la Russia rafforza il proprio contingente militare nel Caucaso del Nord
Versione dell'osservatore
19.06.2012
Il ritorno di Vladimir Putin al Cremlino sposta nitidamente la politica estera e della Difesa in direzione di una dimostrazione di aggressività che, in generale, è caratteristica dei regimi autoritari in un periodo di disordini interni. In questa e nelle scorse settimane fonti militari anonime hanno riferito interrompendosi l'un l'altra che un contingente della flotta del Mar Nero della Marina Militare russa è pronto a un ulteriore spostamento in Siria e di tanto in tanto che le navi sono già quasi uscite da Sebastopoli [1] verso il Bosforo. A bordo delle grandi navi per truppe da sbarco (BDK [2]) "Nikolaj Fil'čenkov" e "Cezar' Kunikov" [3], dice, c'è la fanteria della Marina e forse dei mezzi blindati. Lo scopo dello spostamento è l'evacuazione dei cittadini russi dalla Siria e la difesa della base nel porto siriano di Tartus – l'ultimo nostro avamposto militare oltre i confini dell'ex URSS.
Tra l'altro, la decisione finale, pare, non è ancora stata presa e il comando della flotta afferma che le BDK sono alla banchina, non ci sono uomini della fanteria della Marina a bordo e che le licenze per gli equipaggi non sono state cancellate. Ma qui all'improvviso il vice-comandante in capo dell'Aeronautica Militare, il generale Vladimir Gradusov, senza nascondersi, dichiara ai giornalisti che "L'aviazione è pronta a svolgere qualsiasi compito" che Putin le darà, tra cui coprire dall'alto le navi da guerra russe in caso di loro invio in Siria.
Così deve far rapporto in pubblico un generale che conta di mantenere la propria carica, ma Gradusov evidentemente si è scaldato come i nostri tifosi in Polonia. Nel Mar Nero si possono ancora "coprire" le navi, ma oltre può farlo solo un'aviazione più avanzata: il Tu-95, variante per la Marina dell'aereo Tu-142 o il Tu-22М3, che in un piano di copertura nei confronti di un'aviazione nemica sono di poca utilità. Le cisterne aeree Il-78 in Russia sono niente davanti agli USA e ai suoi alleati. Di solito le utilizzano come aerei da trasporto e solo qualche volta all'anno conducono operazioni per il rifornimento dei bombardieri avanzati. L'Il-78 crea una seria turbolenza di scia – rifornirci i caccia è pericoloso e nessuno lo fa su base regolare. Così con la copertura aerea del possibile spostamento in Siria sarà come nella vecchia barzelletta: tipo che "copriranno" il contingente della Marina Militare, ma non lo "difenderanno". Forse Gradusov intendeva proprio questo.
30-40 anni fa, durante i conflitti in Medio Oriente [4] l'Aeronautica Militare sovietica si fece delle basi nella regione e perfino i ponti per i trasporti furono costruiti per un lancio urgente di forze e mezzi in Siria o in Egitto attraverso lo spazio aereo degli alleati del Patto di Varsavia e della Jugoslavia. Oggi non ci sono basi aeree russe sulle rive del Mar Mediterraneo e bisogna volare là chiedendo un corridoio attraverso lo spazio aereo di paesi della NATO. Fra l'altro il percorso più breve è attraverso la Turchia, che aspira ad abbattere il regime di Bashar Assad a Damasco.
Non abbiamo neanche portaerei a disposizione. A gennaio la nostra unica portaerei, la "Admiral Kuznecov" [5] è passata da Tartus, ma a bordo c'erano in tutto 8 degli ultimi caccia Su-33 funzionanti (non se ne produrranno più) e 2 elicotteri Ka-27 in versione da salvataggio, per estrarre dal mare il pilota, se lo Su-33 precipita. Adesso non c'è neanche quella – la "Kuznecov" è stata mandata a fare una ristrutturazione generale, in pratica a un rinnovo totale dell'armamentario, secondo il piano fino al 2017.
I "Mistral" con gli elicotteri da guerra i francesi non ce li hanno ancora costruiti. Le attuali BDK, fatte a Danzica molte decine di anni fa, possono portare appena qualche centinaio di uomini della fanteria della Marina e qualche BTR [6] (di carri armati anfibi non ne sono rimasti). Un tale "contingente" non è in grado di condurre serie azioni di guerra e non sosterrà neanche una piena operazione di pace senza l'appoggio e l'approvazione dell'Occidente: infatti toccherà muoversi, ricevere rinforzi ed equipaggiamento attraverso il Bosforo, che la Turchia può bloccare in qualsiasi momento.Cosicché, pare, il comando russo non intende combattere in Siria o costringere qualcuno alla "pace". 
Forse hanno pensato qualcosa come il famoso "blitz su Priština" nel giugno 1999, quando un centinaio di soldati aviotrasportati delle forze di pace passò in Kosovo dalla Bosnia sui BTR accompagnati dalla polizia serba con le sirene? Ci fu molto clamore e orgoglio nazionale, come dopo la recente partita con i cechi e il risultato finale fu all'incirca lo stesso. La Russia non ottenne un proprio settore nel Kosovo, la maggioranza albanese giunse al potere e proclamò con successo l'indipendenza. E Putin portò via in silenzio le forze di pace russe dal Kosovo nel 2003.
Quando il regime di Damasco cadrà (il che alla fin fine è inevitabile), il futuro governo della maggioranza sunnita, ricordando la consegna di armi e il resto, scaccerà obbligatoriamente la base russa da Tartus o direttamente o richiedendo un affitto smisurato. Il rischio dello spostamento verso Tartus è grande: un conflitto con la popolazione locale, la minaccia di attacchi terroristici e un molto probabile confronto con l'Occidente. E alla fine – di andarsene strisciando come i nostri calciatori dalla Polonia.
Al regime di Putin non è affatto necessario questo, ma un tonante successo di politica estera e un umiliazione dell'Occidente, che deve causare un forte sollevamento patriottico e la divisione del movimento di protesta "bianco" [7]. In Siria invece si può prenderle di brutto. Perciò, rischio di supporre, se si esamina, quale sia la variante alternativa alla piccola guerra vittoriosa con un esito ben più prevedibile.
Da dicembre vanno in flusso crescente i comunicati del tutto ufficiali sul febbrile riarmo delle truppe e dell'Aeronautica Militare nel distretto militare meridionale (JuVO [8]) nel Caucaso del Nord. Le truppe dello JuVO, come riferiscono, sono fornite di mezzi di comunicazione e di blindati moderni (carri armati T-90A e T-72BM, BMP-3 e BTR-82A) al 65-70 per cento, l'aviazione quasi al cento, mentre nel complesso delle Forze Armate la tecnica moderna è ora al 16 per cento. Sulle rive caspiche del Daghestan è disposto il complesso missilistico costiero antinave "Bal-Ė" [9] con 120 km di gittata e sulle rive del Mar Nero nel Caucaso il complesso "Bastion" [10] con il missile antinave supersonico "Jachont" [11] con 300 km di gittata. Ma, per esempio, la base dei nuovissimi sottomarini nucleari in Kamčatka [12] per ora è protetta solo dall'antico analogo del "Bastion", il complesso "Redut" [13].
Nella sua prima visita a un reparto militare dopo l'insediamento Putin si è diretto la scorsa settimana proprio nello JuVO, alla 393.a base dell'aviazione nella città di Korenovsk nel territorio di Krasnodar [14], dove ha ispezionato i nuovissimi mezzi aerei dell'esercito e ha tenuto una riunione sul riarmo dell'Aeronautica Militare. Praticamente allo stesso tempo sia lo stato maggiore, sia il ministero degli Esteri hanno preso a parlare di "revanscismo georgiano", cioè hanno accusato Tbilisi di preparare una nuova guerra e l'Occidente di incoraggiare il potenziale "aggressore". Secondo una dichiarazione del ministero degli Esteri russo, "alti rappresentanti americani fanno di nuovo clamorose dichiarazioni a sostegno di M. Saakashvili e ripetono parola per parola le false tesi della sua propaganda sull'"occupazione russa della Georgia"".
Contemporaneamente si è nettamente aggravata la situazione sulla linea del "cessate il fuoco" nel Nagornyj Karabach [14], dove nella prima metà di giugno, secondo varie fonti, sono morte in combattimento da 10 a 30 persone. Si sono avute anche sparatorie fuori dal Nagornyj Karabach alla frontiera armeno-azera. Poiché sulla linea del "cessate il fuoco" stabilita nel 1994 non ci sono osservatori neutrali fissi o zone smilitarizzate, le parti si accusano a vicenda ed è difficile stabilire chi ha ragione.
Quest'anno scade l'affitto del radar (ancora di costruzione sovietica) del sistema di allarme di attacco missilistico (SPRN [16]) a Qabala [17] e Baku ha già richiesto di aumentarlo da 7 a 300 milioni di dollari, cosa che ha causato violenta irritazione a Mosca. E l'Armenia in risposta ha proposto di mettere gratis un nuovo radar SPRN sul proprio territorio. Nella misura in cui la soluzione pacifica del problema del Nagornyj Karabach sembra sempre più problematica, entrambe le parti cercano di tirare Mosca dalla propria parte [17], utilizzando anche l'influenza delle comunità nazionali a Mosca.
Agli armeni per ora va meglio, l'Armenia è membro del CSTO [19] e ha sul proprio territorio una base russa con truppe e aviazione. Ma non c'è alcuna via di transito militare dalla Russia all'Armenia, né attraverso l'Azerbaijan, né attraverso la Georgia, cosa che per Mosca è a lungo termine inaccettabile. Se la situazione al confine armeno-azero si aggravasse ancora, la Russia potrebbe davvero richiedere alla Georgia un corridoio per il passaggio di rinforzi per l'Armenia e in caso di praticamente inevitabile rifiuto si muoverà senza invito a compiere il dovere di alleata.
Nella regione del Caucaso non ci sono problemi di distanza del teatro delle operazioni militari, a differenza della Siria . Le basi aeree vicino allo JuVO, le truppe, gli armamenti e i depositi di campo – tutto è come già preparato. Dai militari georgiani non si aspettano alcuna sorpresa, proprio come dai greci nel calcio. Evidentemente a qualcuno sembra che con un rapido attacco la Georgia possa essere ripulita dall'influenza americana e cessare di cercare con insistenza di diventare membro della NATO. L'Armenia sarà legata più strettamente e l'Azerbaijan non si potrà nascondere da nessuna parte. Però i gasdotti e gli oleodotti che partono dal bacino del Caspio saranno sotto sicuro controllo e nel Nagornyj Karabach entreranno le forze di pace russe, affermando un nuovo status quo. Il regime di potere personale si rafforzerà a Mosca e che gli USA e i loro alleati si occupino di Iran e Siria quanto vogliono…
Pavel Fel'gengauėr, "Novaja gazeta", http://www.novayagazeta.ru/politics/53141.html (traduzione e note di Matteo Mazzoni)
[1] Porto della Crimea in territorio ucraino, ma con uno statuto speciale.
[2] Dalla dicitura russa Bol'šie Desantnye Korabli
[3] Navi intitolate agli eroi sovietici della II guerra mondiale Nikolaj Dmitrievič Fil'čenkov e Cezar' L'vovič Kunikov.
[4] "Vicino Oriente" per i russi.
[5] "Ammiraglio Kuznecov", nave intitolata all'ammiraglio sovietico Nikolaj Gerasimovič Kuznecov.
[6] Sigla poco decifrabile dei blindati russi.
[7] Il bianco è stato scelto dagli oppositori come colore neutro per sottolineare la distanza dai partiti istituzionali.
[8] Dalla dicitura russa Južnyj Voennyj Okrug.
[9] "Ballo-Ė".
[10] "Bastione".
[11] "Corindone".
[12] Penisola dell'estremo oriente della Russia asiatica.
[13] "Ridotta".
[14] Città della Russia meridionale.
[15] Regione contesa tra Armenia e Azerbaijan. Adotto la più coerente dicitura russa in luogo di Nagorno-Karabach (Karabach è il nome russificato della regione, Nagornyj significa "montuoso").
[16] Dalla dicitura russa Sistema Predupreždenija o Raketnom Napadenii.
[17] Città dell'Azerbaijan settentrionale.
[18] Il bisticcio è nell'originale.
[19] Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva (l'abbreviazione usata a livello internazionale si basa sulla dicitura inglese), alleanza militare di Russia, Bielorussia, Kazakistan, Kirighizistan, Tagikistan, Uzbekistan e Armenia.

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