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Puzza di cane morto

Creato il 01 febbraio 2011 da Peterpasquer
Puzza di cane mortoTroppo silenzio nelle scale. Giunsi davanti la porta di casa con la sensazione che tutto il vicinato stesse già dormendo da ore. Era tardi. Non così tardi ma comunque tardi. E poi ci fu lo squillo, come un grido improvviso da mettere a tacere.“Pronto?” dissi.“Non entrare in camera…”“Chi è che parla?”“Hai capito quello che ti ho detto?”“Ma cosa ca…”“Non entrare in camera”, e mise giù.Abbassai la cornetta con gli occhi fissi sulla porta chiusa della mia stanza. Dapprima pensai a uno scherzo, al solito cretino in preda all’insonnia, poi a qualcuno dei miei amici, in particolare qualcuno che avrebbe potuto essere quella voce. Zero. Avvertivo soltanto quella tremenda puzza da sotto la porta, un fetore intenso di cane marcio. Afferrai la maniglia e mi accinsi a compiere il passo.L’unica cosa che vidi fu un lampo, seguito all’istante da un dolore intenso agli occhi. Mi ritrovai a terra senza capire come. Non che la stanza fosse illuminata, ma avrei almeno dovuto scorgere la sagoma dei mobili ritagliati dalla luce del lampione giù in strada. Buio.“Coglione! Te l’avevo detto. Ce la fai a metterti su adesso?”, lo sentii alitarmi sul collo.“Dovrei farcela…”, e cercai di raggiungere la lampada sulla mia scrivania. Avrebbe dovuto essere lì, a circa un metro sopra la mia testa ma, quando allungai la mano per attivare l’interruttore, questi sembrò lontano un chilometro.Click!Una vela giallognola si dipinse sul pavimento. Ora riuscivo a vedere la libreria di fronte, gli anfibi sotto al letto, un calzino introvabile e le ombre della tenda sul muro. Mi sporsi dalla finestra ma, col lampione in mezzo, ci fu ben poco da vedere.“Dove cazzo è andato?”Diedi allora un’occhiata all’appartamento, ma non trovai nulla che potesse destare la mia attenzione: era tutto in disordine come al solito. In bagno mi osservai allo specchio. Anche qui niente di nuovo: ero sempre io, in tutto e per tutto. Nessun graffio, nessun ematoma, nessun segno che potesse testimoniare quanto accaduto, solo le solite rughe là dove speri non ti vengano mai e la famosa espressione del cazzo omaggio di mammà.So che può sembrare un discorso infantile, ma la paura cominciò a fottermi le viscere. Sentivo rumori ovunque, nel gorgoglio del lavandino, oltre il ronzio del frigo, sul tetto e poi ancora dentro me. Specialmente dentro di me.Corsi in cucina alla ricerca disperata di qualcosa che fungesse da calmante. Fanculo! Solo il rumore infernale degli stipetti, un angosciante apri e chiudi che mi spazzò in camera delirante.Fu allora che tornò quella puzza insopportabile. Mi raggiunse in gola non appena mi chiusi la porta alle spalle. Spensi la luce e mi distesi sul letto, quindi spostai lentamente la mano per raggiungere il suo corpo nudo e freddo sotto le lenzuola. Lo strinsi a me. Uno sciame di moscerini mi volò in bocca non appena provai a baciarlo. Piansi.“Tranquillo, nessuno ci farà più del male…” ma quei passi salivano già le scale come piccoli rintocchi nel cuore della notte. Mi staccai dalle sue labbra e raggiunsi la pistola sulla scrivania. Non volevo ucciderlo, perciò presi il mio cellulare. Composi il numero non appena aprì la porta di casa.“Pronto?”“Non entrare in camera…”, gli dissi.“Chi è che parla?”“Hai capito quello che ti ho detto?”, ma lui non mi volle dar retta. Voleva gustarsi lo spettacolo e denigrarmi come al solito, quel bastardo. Non gli ho lasciato nemmeno il tempo di fiatare. È cascato come uno stronzo dal culo. Da vicino pareva la carcassa di un cane.“Coglione! Te l’avevo detto. Ce la fai a metterti su adesso?”, quindi spalancai la finestra, balzai in strada ed eccomi qui. Ma ora devo tornare. S’è fatto tardi. Non troppo, lo so, ma è sempre tardi per me.

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