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Puzza di pecora, ma è l’unico che c’è

Creato il 03 gennaio 2014 da Malvino
Con molta delicatezza, bisogna dire, Mancuso fa presente a Scalfari che ha pisciato, e ha pisciato di brutto, nell’affermare che Bergoglio «ha di fatto abolito il peccato»: «La libertà umana esiste – scrive – ed esistendo opera, e quindi può agire bene oppure male in ogni dimensione. Volenti o nolenti, siamo così rimandati all’esperienza del peccato, e ovviamente anche del merito. E infatti non c’è tradizione spirituale che non conosca il concetto di peccato, sorto nella coscienza per il bisogno di segnalare le azioni che producono una diminuzione del grado di ordine o di armonia».
Sembrerebbe spiegazione che rimetta il peccato lì dov’era, per giunta dandogli una logica algebrica che alla quota parte di rottura dell’ordine e dell’armonia della creazione di cui l’uomo è responsabile fa corrispondere una congrua proiezione di colpa, la quale implica una necessità di riparazione, secondo i gusti, per espiazione o per misericordia, sicché al posto di Dio può andarci pure il Karma.
In realtà, come tutte quelle che cercano di dare un senso razionale al cristianesimo, nel tentativo di presentarcelo come Teoria del Tutto, anche questa è spiegazione che ha un bel buco. Se, infatti, il bene e il male si inscrivono nella sfera dell’azione, come afferma Mancuso, chi non è in grado di agire può a buon diritto dirsi innocente perché nell’impossibilità stessa di peccare, il che non spiega la sofferenza dell’innocente come espiazione di una colpa, tanto meno come dono di misericordia. Per dirla in altri termini, rimane aperta la questione della sofferenza nei bambini, spesso nei neonati, che in Ivan Karamazov pone in discussionela somma bontà e la somma giustizia di Dio, dunque la sua stessa esistenza.
Fatto sta che invece il cristianesimo ci spiega perché un bambino possa soffrire, ed è una spiegazione delle sue, ma pur sempre migliore di quella di Mancuso: anche il bambino porta con sé il peccato, e fin dalla nascita, anzi fin dal suo concepimento, dunque non ha bisogno di agire male perché Dio consenta che soffra, e in ciò trova un senso la sua sofferenza. Potrà non bastare al bambino, tanto meno ai suoi genitori, ma basta al teologo, e questo gli consente di poter andare a cena con lanimo sereno. Ma Mancuso non ci sta, e anche qui solleva in chi legge i suoi scritti più d’una perplessità sul suo dichiararsi cristiano: «La dottrina cattolica – dice infatti in questa occasione – risponde mediante al dogma del peccato originale, il quale ha il merito di segnalare il problema ma il demerito ben maggiore di presentare una soluzione teoreticamente insufficiente e moralmente indegna».
In realtà, il peccato originale non è cosa cattolica, ma cristiana, e prima d’essere cristiana è giudaica, sicché dirla «soluzione teoricamente insufficiente e moralmente indegna» significa mettere in discussione ogni possibile ermeneutica di ciò che ci racconta il Genesi e il fine stesso dell’incarnazione come occasione di riscatto umano dal male che ci porteremmo dentro fin dal concepimento. È da ben prima di Agostino che si è solititi esclamare: «Puttana Eva!», Mancuso rileggesse il Salmo 51, ci troverà che «nella colpa sono stato generato, nel peccato mi ha concepito mia madre», e che la cosa alluda alla riproduzione sessuale o a un’intrinseca inclinazione della carne al male, non si scappa, «er nascituro se carica er peccato origginale, so  deve carica», come dice il don Pizzarro di Corrado Guzzanti.
Ma cè di più: cè che quel «volenti o nolenti» di Mancuso merita un asteriscone bello grossoanche per il peccato che si inscrivenella sfera dell’azione. Se infatti oggi il Pater noster recita «non abbandonarci alla tentazione», fino a pochi anni fa, e per due millenni, ha recitato «non ci indurre in tentazione», segno evidente che pure nell’agire abbiamo chi fa tutto per metterci in difficoltà, e non è Satana, sennò si sarebbe recitato «non consentire al Maligno di tentarci» e roba simile. Senza dubbio imbarazzante un Dio cui non basta imprimerci lo stigma della colpa allo stadio di ovocellula fecondata ma che addirittura trova gusto a tentarci in continuazione, comprensibile che si sia messa una pezza. Il fatto è che mai come in questo caso è stata necessaria una manipolazione del testo evangelico delle più schifose tra le tante, perché sia in aramaico (oo’la te-ellan l’niss-yoona), sia in greco (μηεισενεγκης ημας εις πειρασμoν), sia in latino (ne nos inducas in tentationem), il concetto di induzione al peccato è espresso da verbi non lasciano interpretazioni alternative: nulla di più lontano dal senso di abbandonare al male, è proprio un portare verso o dentro.
Insomma, si legge Scalfari, si legge Mancuso, e ci si chiede: ma invece di discutere di un cristianesimo che non esiste, perché sti due non fanno in conti con quello che c’è? Puzza di pecora, è vero, ma è lunico che c’è.

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