Recensione
- Inner Wound Recordings
- Anno: 2015
Strana storia quella dei danesi Pyramaze, gruppo che nei suoi quindici anni di vita metallica non è mai riuscito a trovare la giusta stabilità, ma ha continuato ha sfornare album notevoli dall’esordio Melancholy Beast, passando per l’ultimo Immortal di ormai sette anni fa e che vedeva dietro al microfono Matt Barlow, uscito purtroppo dai metallers americani Iced Earth.
Dopo Lance King e appunto Barlow è la volta del bravissimo Terje Haroy prendere in mano il microfono e deliziarci con una prestazione eccellente, già ampiamente apprezzato su quel capolavoro di album che è Soliloquy, unico parto dei Teodor Tuff, targato 2012.
Metallo elegante, oscuro e progressivo, la nuova creatura del gruppo si nutre di queste sfumature ed atmosfere, a tratti leggermente sinfonico senza essere bombastico e prodotto alla grande, così da rendere questi undici brani un ascolto di elevata qualità e non potrebbe essere altrimenti, visto il gran lavoro in fase di produzione e songwriting del chitarrista Jacob Hansen, ex Anubis Gate, altra perla metallica proveniente dalla terra danese.
E questo lavoro dalla porta di Anubi prende spunto, così come dai Symphony X, per quel mood oscuro, tipicamente statunitense e dai tedeschi Angel Dust, specialmente nei brani più metallici e power oriented come nell’opener The Battle Of Paridas, bissata dalla stupenda title track, potente, melodica e drammatica.
L’inizio del lavoro è da standing ovation, Back For More sbaraglia letteralmente la concorrenza, uno spaccato di metal progressivo da brividi, Haroy impazza con toni cangianti come la struttura del brano e l’atmosfera si surriscalda ulteriormente con Genetic Process.
Tecnicamente ineccepibile la prova dei musicisti, senza scadere nel cervellotico o nella bravura fine a se stessa, ma al servizio di un sound che travolge, spettacolare e sontuoso.
Difficile trovare un difetto ad un album di tale portata, che se non prende l’eccellenza piena è solo per per un certo già sentito che a tratti, ma solo a tratti esce allo scoperto nei brani più arrembanti, spettacolarizzati però dalla prova del singer, ed una sezione ritmica protagonista di un lavoro sopra la media in quanto ad intensità.
Fearless è una prog metal song teatrale ed oscura, colma di orchestrazioni e dal ritornello esagerato, mentre un organo ecclesiastico apre la devastante Hope Springs Eternal, ennesimo brano top di Disciples Of The Sun.
E’ incredibile come una band dai continui stravolgimenti in line up, riesca a mantenere un livello qualitativo così alto ad ogni opera e questo ultimo lavoro ne è l’ennesima conferma.
Disciples Of The Sun è un disco da prelevare, anche con la forza, dal vostro negoziante di fiducia.
TRACKLIST
01. We Are The Ocean
02. The Battle Of Paridas
03. Disciples Of The Sun
04. Back For More
05. Genetic Process
06. Fearless
07. Perfectly Imperfect
08. Unveil
09. Hope Springs Eternal
10. Exposure
11. When Black Turns To White
12. Photograph
LINE-UP
Morten Gade Sørensen – Drums
Jonah Weingarten – Keyboards
Toke Skjønnemand – Guitars
Jacob Hansen – Guitars
Terje Harøy – Vocals