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QUADERNO A QUADRI, versi inediti di Fernanda Ferraresso
Creato il 02 febbraio 2012 da EdizionidelcalatinoI quadro
spacco l’antracite del tuo corvonero oscuro: ogni unodei tuoi lontanissimi incorruttibili pensieri.Taglio l’arancia del tuo raggiungermispacco il covo che hai costruito dentrola mia memoria senza la possibilità di perdertiti rincorro grano per granodentro il roseto dei sogni.
II quadro
isolasto sull’acqua ferma
come una parola che galleggia
e quando si appuntisce il vento
temperando le mie giornate
l’aria in me si fa per mesi più trasparente.
Niente altro che luce
rimescola le mie ombre
e volteggia la pagina dell’acqua un attimo
quel brevissimo istante prima che s’ immerga
e sommerga
lieve e bianca un’acqua più leggera
nel bagnasciuga di ghiaia
così levigata da sembrare una seconda pelle con cui il giorno
misura l’alba
quando dall’orizzonte corre scalza fino a queste finestre.
Affilati i giorni tagliano la carne del mio tempo
qui
sull’isola anteriore a me stessa misura i miei passi
specchio fedele dell’altra in cui vivo ancora
mentre il cuore apre le sue valve come una conchiglia.
Il gelo è un freddo coltello e stride sulla lastra del ghiaccio
ora per ora con lo sguardo
attraverso la finestra
apro il mare antistante la mia solitudine come un cancello
tra onde di fantasmi che indifferenti si levano e poi ricadono
su questo foglio nella forma di un segno.
A volte mi basta tenere tra le mani un sasso.
Percorro la sua levigata superficie e
sento cosa gli ha tolto il mare
inghiottendo onda dopo onda la sua sostanza
decompongo nel suo moto di correnti l’oscuro della profondità di entrambi
e altri si cibano di quanto stava senza peso sospeso in quella polpa
calcificata antica sua e mia.
Forse è così che al fondo di me stessa sento quel peso
uno strato dietro l’altro e la caduta e la perdita e
noi, gli umani, apparsi qui dopo miriadi incalcolabili
di deposizioni e rinascite.
Colonne di nebbia che si muovono assieme alle onde
e le pareti delle case respirano, aria intessuta da dentro
di un fumo più denso, corporeo.
E' una doppia veste questo labirinto che ci tiene
tutti
uniti noi alle cose
e la vita al suo lato invisibile
ed è forse questo l‘oro
questa cavità in cui il tempo sgattaiola
tra la porta d’ingresso e i sassi senza impronta
in faccia a questo silenzio immenso
in cui ogni parola si colora di un tenue azzurro
senza scrittura d’alberi o voli di uccelli dove persino il vento
mi disseta senza muoversi tra le onde.
III quadro
lei gli era antenataper questo lo lasciava passare
lei era dentro la sua testa era la sua tempesta
e non gli lasciava tregua
stava distesa
le cosce tese come funi o rampe
di fango il ventre sopra l’inguine esposto
alla luce del suo tatto
lo aspettava come un fuoco in petto
aspetta le sue vampe
e stringeva le gambe per non lasciarlo fuggire
lei era il valico alla fine del mondo
era il fiume che aveva sempre rincorso
e non le serviva avere un nome preciso lei era
il nodo dentro l’amore che sconfina il terrore
l’ansia nel respiro lei era
tutte le ossessioni fattesi parola
una fortezza di scritture
che strappano i pensieri
e non poteva voltarsi
lui non poteva slegarsi da quella stretta
ogni giorno
ogni ora più cruda
ogni istante più perfetta.
IV quadro
" In un angolo, il vento
sposta l’ombra delle foglie"
l’ho detto e mi ripeto.
oggi è l’ultima volta ………………….affilati rasoi tutte le assenze sfilano la pelledico e so che mi ripeto ……………..la casa ogni livello della carnetaglio il cartone dei miei salti…..mentre nello specchio guadolame come angeli di silenzio….ciò che non vedo ancora.taglio su altro taglio il primo stato lo strato che freme la pelle ogni libello della carnela casa mentre lo specchio immobile guarda me che lo guadoguardo ciò che non vedo dentro quel falsoriflesso di un profondo gua(r)ire.largo oltre la memoria allargo la notte tutti i suoi libri mastri tornano legni in terraquesta vecchia vecchissima barca senza attracco è linfa che scorre sul filol’istantaneo porto di un corpo pasta d’albero non illusionela carta di un qualsiasi corpo.di notte tutti i suoi libri tornano maestrisi fanno sangue che scorre
di ognuno l’albero che cresce e s’incarna in terranon vento non velo non veliero dentro la scalza forma
scia di una riga dove non resta esposta alcuna radicenon fa mare il respiro di chi guarda un cielo latitante
dentro un sogno tutto è solodisegno in una stanza di vuoti.
V quadro
gli orizzonti e i fantasmi
gli eterni saluti tra i vivi e i morti
in quale città si sono persi e quale è la rotta della memoria
il viaggio dei sogni
covati e interrati lungo il cammino e nel cosmo passati
di mano tra un uomo remoto e un bambino futuro
in quale segno si sono deposti tra nuvole e ceneri di incendi
nei camini delle case dove di nuovo bruciano i giorni.
In quale città ne fanno ancora scorta
e in quale strada o via in quale paese oltrepassate le frontiere
di quei segni a vaticinio resta sola
un’ombra la pallida circostanza d’essersi sbagliati
su questa realtà eccedente l’ingombro di una vita anonima sempre
e mediana a qualcosa che sta oltre la misura di un corpo
oltre le frontiere illusorie di una lingua scritta in fretta
dimenticando quella della madre
nostalgia mortale
che spinge gli uomini a viaggiare e le bestie di ogni specie alla ricerca
della propria patria perduta.
In quale città della memoria sta rinchiusa l’unica
stagione che preleva
le sue vittime e le sue storie dai corpi
tutti i corpi dei viventi e sulle palizzate delle parole
depone teste monche soffiate da bocche appena germogliate
una trangugiata nozione del tempo
e mette in un fagotto di dolore e rammarico
ritagliato all’interno dell’involucro di un corpo
spazio senza spazio un respiro da un fiato mozzato.
VI quadro
c’è distanza
c’è
una irrimediabile distanza
non lontananza tra noi e le cose, tutte
le cose che la luce porge
in fasci
e spettri di colori
suoni vesti di popolazioni di echi
volano ciascuno riverberando l’unico monologo del cosmo
in questo immane silenzio
si fa casa in cui abitare
noi
prossimi sempre solo a noi stessi e
futuri irraggiungibili in tutti gli altri che mai sapremo
d’essere.
PAGINE A RIGHE
“si seppe un giorno che erano molti e si passò oltre”
Ogni notte
quando vi sedete in cerchio
e la neve vegliate tra le mie tante orme
un silenzio si posa tra la casa e gli alberi
l’oscuro si spoglia delle sue mille facce
brilla la mano che mi sfiora
e l’alba che di luce vi riveste apre
alla fine per voi anche la mia porta.
.
L’unica cosa sicuradicevo
sono i miei pensieri perché
posso seminarvi tra i ricordi
ripescare le vostre parole posso andare restare
o posso sparire dentro i miei sentieri che sono i vostri corpi
oltre la frontiera del tempo posso
camminarvi in lungo e in largo posso toccarvi trattenervi
allungando le braccia dentro gli specchi
posso intrecciare tra gli anelli il filo rosso del mio sangue
tra tutte le vostre storie e le vite che indosso.
Mi sono affezionata a questo gioco
la via è sempre la stessa e ogni volta è diversa
ogni giorno mi perdo un poco più oltre dentro il tempo e mi ritrovo
rincorrendovi tra un vuoto che è denso ma
non penso mai a come accadrà dio solo sa perché mi è voluto così tanto
per dissipare i miei dubbi
in fondo questo è il mondo in cui mi convoglio
qui stanno a magazzino tutte le cose che mi ritrovo in corpo
e come a finestre esposte vi affacciate voi disperse ombre
a cui fa testimone il sole e le intemperie di questo ampio mondo
e hanno profumo di legno le mie ossa sono un bosco
un’essenza diversa una creazione ogni giorno.
Non so perché ogni tanto mi spavento per tutto quello che dicono, per tutto quanto sento
è sempre senza senso questo nostro perdere tempo
in attesa che si affacci al tempo lei
la nostra comune consorte lei l’ i n c o m p r e s a morte
che passa decine e decine di volte
e taglia e cuce il mio nostro corpo attraverso ogni passaggio di un più vasto rammendo
ogni parola è un sussurro il segno di un occhiello
all’orecchio semina qualcosa che sembra il vento
ma lo so tutto è altro e
ho immaginato la vita
e tutte le altre da cui vengo
perdendo semplicemente tempo. Lo so.
Lo so sempre più chiaro.
E' come una vescica
che si espande
da un’ustione precedente e brucia
tutto il passato e brucia il futuro da cui si crea
questo continuo travaglio genti che verranno
e tutto sarà incompleto un solo gesto un punto d’ombra di quest’ora precisa
in cui mi trovo adesso.
No, non c’è merito
nell’afferrare tra le braccia una parola
fosse anche di poesia è già oltre la soglia
Suona tra i miei pensieri ogni giorno
e ogni notte me ne allontana
mi sono persa e ti sei perso
il nome non ci serviva per chiamarci
tu eri senza essere me stesso
tu e io solo segni di altri lasciti
di un gesso che disegna sempre un unico nome
e non stringe la vita intorno al cappio di una falsa identità.
Eppure, se pure sembra strano, ogni volta che esco da questa porta
ci sei tu come polvere del tempo
l’altro mare lo posso annusare
toccare mentre di lato inseguo la strada che ho appena segnato
di queste poche ombre da cui mi parto.
.
ti guardavostavi seduto al tavolo
e davi la schiena
ancora non ti avevo riconosciuto
guardavo te
da dietro il vetro come fosse la prima volta
e ti vedevo mentre
stavo tornando a casa
tu lo stesso sconosciuto
mi hai fermata
come una pietra a guardare che ridevi
in un altro tempo
in un’altra vita dentro un’altra storia
che sfiorava la mia così
all’improvviso
in un luogo qualsiasi
per strada la mia vita esposta come un mucchio di carte
da giornali venuti da ieri e dentro
se ci facevo caso c’era ancora il battito il mio
e non riuscivo a fermarlo
dentro il sasso del respiro lento lento
come avessi avuto qualcosa in gola
qualcosa lì da tempo tanto tempo e
aveva fatto casa tra la mia schiena e altro molto
moltissimo altro che non vedo da qui ma sento
finché ti guardo e tu stai lì in mezzo
tra gente che non conosco
e guardandoti mi domando se mi riconoscerai
tu che ora non hai più la mia età
ora che ti sei fatto vecchio e ti nascondi ancora dietro abiti da ragazzo
ora che hai avuto figli dopo i nostri
e li hai dimenticati un’altra volta
andandotene come hai fatto allora lontanissimo dentro di me
in un luogo in cui di solito non vengo
c’è un cielo di amianto lì dentro un cielo grigio armato di cementoaspetto
davanti a questo vetro che tu ti volti.
non senti che ti guardo?
non senti che premo con tutta la forza che ho in corpo
premo per esploderti quel vetro di divieti addosso e dirti
tutto quello che non ti ho detto prima
ora per la seconda volta dopo che ti ho visto
e sono certa che è proprio finita
persino il cielo ha spento le sue vecchie insegne
tutte le luci messe in vetrina di notte e di giorno
il tempo si accontenta di svolgere le solite equazioni
per arrivare alla fine della conta
mi riconoscerai? mi chiedo
ci mancava persino la pioggia
mi ha messo addosso le lacrime che non piango
mentre il peso del mondo mi è scivolato dalle spalle
e questa sera sfuma lungo la strada mostrando ancora certe stelle liquide
disegnate lungo la corsia del tram
e finalmente mi riporto a casa.
CARTA MILLIMETRATA
In un punto di distanza
ho misurato la parolavolevo vedere quanto lunga fosseho camminatoper strade e vie senza guardare l’ improntavolevo trovare chi erovolevo vedere il mio corpoper questo lo cercavo spingendomi così oltrepoi mi sono fermata e ho cercato se per caso fosse dentroe da dentro ho guardato dovefossero i confini doveterminava il mio corpo e quandocominciava il cielo enon ho saputo con un segno preciso incidere il gusciol’enigma di una sola carne ho perlustratole ombre ai confini della luce eancora una volta non ho saputo vedere o scegliere chifosse il gregario dello sguardonon ho saputo dire chi fosseil padrone o lo schiavonon ho saputo misurarela parola di un disegnoinvadentemente evasivaverso l’altro in sé ancora specchiavapensieri come allodole premurosamente sollevate in cieloin alto controllavano le mappe di ogni mio interiore precipizio etra le correnti sorreggendosi come nessun altro può farein velivoli d’aria planando sono giunti nel silenzioe nel profondo come un segno hanno tessuto il nidoun minuscolo impercettibile disegnoun puntod’amore immenso dentro lo specchio doveadesso stava tutto il mondo.
Nota: Quaderno a quadri, Pagina a righe e Carta millimetrata, che ancora si stanno con-figurando da poco meno di una decina d’anni, sono parte di una stessa raccolta sotto il titolo di SPECCHI CURVI.
FERNANDA FERRARESSO - fernirossoNata a Padova nel 1954, laureata in architettura presso l’Istituto Universitario di Architettura di Venezia, si occupa di progettazione architettonica, arredamento, grafica e design, ama tutti i generi di espressione d’arte. Docente presso il Liceo Artistico e Istituto d’Arte Pietro Selvatico di Padova, dopo un lungo periodo di insegnamento presso il Liceo Artistico di Rovigo in cui ha stretto amicizia con Marco Munaro iniziando una collaborazione con lui in più progetti (La Bella Scola, Herbert, La memoria e i suoi giorni). Ha svolto ruolo di coredattrice all’interno del gruppo di VDBD, il blog, ed è presente con suoi articoli nella rivista on line dello stesso gruppo. Ha pubblicato suoi testi in alcune raccolte di Aletti editori e, da poco, con i tipi della Lietocolle editore nell’antologia curata da Anna Maria Farabbi "Luce e notte". Ha partecipato ad alcuni concorsi vincendone (Rabelais 2006 e 2007) e/o posizionandosi nella rosa dei primi dieci (Premio Teramo per un racconto 1998). Per i tipi de Il Ponte del Sale ha pubblicato la sua prima raccolta di poesie dal titolo Migratorie non sono le vie degli uccelli (2009) e ha partecipato alla lettura dei primi nove canti del Purgatorio, proponendo un attraversamento del canto VIII, nella raccolta Ombre come cosa salda.
E' componente del blog CARTESENSIBILI
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