A differenza della saggistica, che può avere molte motivazioni per venire letta, la narrativa ci attrae perché ci dà modo di rilassarci, divertirci, calarci in una realtà diversa dalla nostra, isolarci dal resto del mondo per un po'. E in fondo non scriviamo per lo stesso motivo, spinti dal desiderio di raccontare ed evadere?
Eppure un tempo una storia non era una semplice storia, i romanzieri si impegnavano attraverso le vicende dei loro personaggi a comunicare una morale, un messaggio più profondo, a volte persino un insegnamento. Manzoni addirittura parlava della responsabilità morale di uno scrittore, che con le sue parole influenza i suoi lettori.
Tutto questo è ancora possibile? Apparentemente no, e forse sarebbe anche fuori tempo.
La gente oggi vuole pensare con la propria testa (si spera) e farsi un'opinione per proprio conto, e quando legge non vuole certamente essere "imboccata".
E se poi pensiamo alla letteratura di oggi, l'idea sembra ancora più assurda. Le stesse case editrici non pubblicano storie in base al loro valore morale, ma per quello commerciale e la tanta superficialità che circola nelle librerie lascia poca speranza anche per il futuro.
Scrivere per trasmettere un pensiero
In apparenza, dunque, non c'è spazio per un messaggio più profondo in una storia. Eppure mi piace pensare che non si legga solo per buttarsi alle spalle una giornata di lavoro, in cerca di evasione, ma qualche volta anche per lasciarsi stimolare a qualche riflessione. Io credo che lo svago non sia il solo obiettivo quando leggiamo, o per lo meno non sempre.
E anche scrivendo una storia spesso un autore vuol dire qualcosa in più. Penso che accanto al puro desiderio di narrare ci sia quasi sempre il bisogno conscio o inconscio di trasmettere un pensiero, un messaggio, magari non necessariamente legato al tema del romanzo, alla trama o ai personaggi. A volte è ben nascosto tra le righe, ma presente.
Non bisogna per forza scrivere in modo filosofico per suscitare una riflessione. Anzi, credo che gli spunti migliori in questo senso siano quelli contenuti in romanzi piacevoli da leggere, avvincenti e allo stesso tempo pieni di un contenuto profondo.
Accade così persino in generi "insospettabili". Nei suoi romanzi di fantascienza lo scrittore canadese Robert Sawyer esplora molti temi di grande profondità, costringendo il lettore a porsi interrogativi mentre si lascia catturare in modo piacevole dalle sue storie. E' un autore che a me piace molto proprio per questo.
Come inserire un messaggio in una storia
Cosa dovrebbe fare, dunque, uno scrittore che volesse inserire un qualche messaggio nella sua opera?
Lasciare i giudizi al lettore
Qualsiasi sia il pensiero che volete trasmettere, non è bene renderlo palese. Il lettore non vuole ricevere lezioni, non vuole che gli venga imposto un pensiero, vuole arrivare da solo a formulare un giudizio o una riflessione. Questi ultimi dovranno emergere dalla storia stessa, in modo naturale.
La famosa regola "mostra, non dire" della scrittura in questi ambito è più più valida che mai. Non spiattelliamo in bella vista quello che pensiamo o cosa vogliamo dire con il romanzo che abbiamo scritto, perché un lettore moderno non potrebbe che esserne infastidito.
Far parlare i personaggi
Mentre i romanzieri del passato davano spesso voce al narratore per comunicare la loro opinione, oggi è meglio che siano i personaggi a rivelare le nostre riflessioni, attraverso i dialoghi, i pensieri o anche i gesti. Attenzione però a non trasformarli in sgradevoli sputasentenze e a mantenere una certa naturalezza nel dialogo, senza cadere nell'artificioso. Evitiamo per esempio di far filosofeggiare sulla vita o mettergli in bocca citazioni d'autore.
Usare simboli
L'uso di simboli è un buon espediente per comunicare qualcosa senza suscitare fastidio. In questo modo lasciamo il lettore libero di cogliere o meno il senso del simbolo o addirittura di ignorarlo. Usare simboli significa evocare, suscitare, alludere, piuttosto che dire.
Qualcosa sugli aspetti simbolici del narrare potete trovarla in questo sito: La scrittura simbolica.
Instillare il dubbio
Anche se abbiamo una qualche tesi che ci piacerebbe far trapelare nella nostra narrazione, facciamo sì che resti spazio al lettore perché tragga da solo delle conclusioni. Meglio il dubbio che tentare di convincere. Penso che una storia più che dimostrare qualcosa dovrebbe portare chi legge a formulare lui stesso un pensiero.
E voi vi siete mai posti il problema di trasmettere un qualche messaggio nei vostri romanzi? Credete che oggi sia ancora possibile farlo?
Anima di carta