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Qualche palora su Nicola De Donno

Creato il 21 maggio 2015 da Cultura Salentina

Qualche palora su Nicola De Donno

21 maggio 2015 di Vincenzo D'Aurelio

di Vincenzo D’Aurelio

 

nicola de donno

Tanti sono i nomi dei figli illustri di Maglie ma tra essi, non è esagerato dirlo, primeggia quello del professor Nicola De Donno (Maglie, 21/3/1920 – 7/3/2004). Studioso di memorie patrie, letterato e poeta, docente prima e preside poi del Liceo “F. Capece” di Maglie, fu nel secondo Novecento protagonista indiscusso dei fermenti culturali salentini distinguendosi, in particolare, nell’ambito del componimento poetico in lingua dialettale. Donato Valli, professore di Letteratura Italiana moderna e contemporanea presso l’ateneo leccese, scrisse che Nicola De Donno, con i suoi oltre millecinquecento componimenti, fu uno dei più densi e prolifici poeti dialettali del Novecento italiano.
Laureato in Filosofia presso la “Normale” di Pisa, col grado di sottotenente del Regio Esercito, fu gravemente ferito durante il ritiro delle truppe impiegate nella disastrosa Campagna italiana in Russia (1942-43). Rinunciò alla carriera universitaria e, subito dopo la guerra, ritornò nella sua amata Maglie dove applicò tutto il suo ingegno al recupero della memoria storica (fondò a Maglie la sezione della Società di Storia Patria per la Puglia) e alla rinascita, anche letteraria, del dialetto parlato nell’area di Maglie. Fino al 1945 Nicola De Donno aveva composto poesie in italiano e purtroppo oggi, riferisce Valli, sono disperse eccetto qualcuna recuperata nella corrispondenza con un amico. In seguito alla tragica esperienza della guerra il suo stimolo a produrre poesia venne meno ma quando iniziò nuovamente a comporre, attorno al 1953, mostrò tutta la potenza della sua arte che, al contrario di prima, trovò magnifica espressione attraverso l’uso del dialetto magliese.

La scelta della lingua popolare fu il risultato di una lunga riflessione maturata nell’ambito del valore culturale che essa rappresenta e, probabilmente, anche per la volontà di mostrare una lingua capace di accordarsi in seria poesia alla stessa stregua dell’italiano. De Donno, pertanto, dissolse il pregiudizio di parlata “popolare” ed elevò il dialetto alla dignità di lingua letteraria perché capace di esprimere sapientemente le sue tensioni intellettuali e i concetti notevoli. La poesia di Nicola De Donno ruotò intorno all’insolubile problema dell’essere e alla ricerca di un senso da dare alla vita, il suo animo è stato costantemente teso a evidenziare l’ingiustizia sociale procurata alla povera gente e, perciò, nettissima è stata la sua amarezza verso l’abuso di potere  perpetrato, indistintamente, dagli uomini attraverso l’uso personalistico della politica e della religione.

In tal senso, riferendosi alla Chiesa quale centro di potere che ha dimenticato la Parola per gestirsi come “organizzazione”, la sua poesia, scrive Valli, diventa il rimpianto di ciò che poteva essere il mondo per opera di Cristo e invece non è stato. Non da meno è la sua critica nei confronti della Città dove egli vedeva, rammaricandosene, l’inscindibile connubio politica-potere saldamente ancorato all’indigenza delle classi popolari o, come lui scriveva, di quella ggente ca la cagniscia a natura. La ricerca di un cristianesimo puro e di una fede saldamente ancorata al suo speculare razionale fu la riflessione di tutta una vita durante la quale da un’iniziale visione laicissima del vivere cristiano approdò, poi, alla fede verso quel Cristo storico che, figlio di lavoratore, coll’esempio e con la parola promosse il riscatto umano dalle sofferenze e dalle ingiustizie. Come fra’ Luigi, suo figlio, aveva scelto San Francesco quale compagno di viaggio, così Nicola De Donno scoprì il suo nel Cristo, maturando una religiosità che trovava alimento nella sacralità della famiglia e nel disprezzo verso ogni forma di ingiustizia. Il 2 giugno del 1986 il Ministero della Pubblica Istruzione, quale riconoscimento ai benemeriti che si sono distinti nell’ambito della scuola, della cultura e dell’arte, gli conferì la Medaglia d’Oro.

Tra le sue tredici raccolte di poesie interamente edite si citano: Crònache e pàrabbule (1972), Mumenti e ttrumenti (1986), La guerra guerra (1987), La guerra de Utràntu (1988), Lu senzu de la vita (1992), Lu Nicola va a lla guerra (1994), Palore (1999), La mia parabola. Sonetti scelti (2004). Ha pubblicato saggi di microstoria locale, particolarmente importante è lo studio intitolato Della Carboneria a Maglie e nel Salento (1967), oltre a una raccolta di racconti dal titolo Li cunti te la nonna. Sessantacinque racconti in dialetto salentino (2000) e di proverbi dialettali come il «Dizionario dei proverbi salentini» (1995) che raccoglie oltre dodicimila voci. La sua vasta produzione poetica sarà pubblicata prossimamente in un’opera omnia.

13/04/2015


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