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Qualche riga sulla politica estera italiana

Creato il 29 marzo 2011 da Lucabecattini

Qualche riga sulla politica estera italianaIn questi giorni nessuno di noi può evitare di interessarsi alla questione libica e più in generale alla situazione del nord Africa, scosso da una serie di rivolte e cambiamenti politici così notevoli che alcuni analisti paragonano questo momento al crollo del muro di Berlino. Se allora per la Germania, per l’Europa e più in generale per lo scenario globale, cambiò completamente quello che viene definitivo come “l’ordine internazionale”, stavolta le proteste e le rivoluzioni che si susseguono dal nord Africa al Medioriente fanno pensare a cambiamenti altrettanto rilevanti, sia per la futura situazione dei paesi interessati, sia per le sicure conseguenze nei rapporti tra il mondo arabo e quello occidentale.

L’Italia, come è accaduto in altri momenti della nostra politica estera (a scienze politiche si dibatte addirittura se sia mai esistita o meno una politica estera italiana con pareri assai divergenti sul tema), sembra anche stavolta giocare un ruolo di risulta, mancare del protagonismo che la geografia le imporrebbe. Sono certamente passati i tempi in cui i governanti sembravano quanto bene capire tutto questo e cercare di rapportarcisi. Oramai siamo abituati solamente a vedere baciamani, video di imbarazzanti colloqui e urla leghiste contro gli “invasori”.

La guerra in Libia (che per ironia della sorte si compie nel centenario dell’invasione italiana) è ormai cominciata da giorni, lo scenario è a dir poco incerto, eppure l’Italia, nonostante si veda “costretta” a concedere basi militari per via del suo impegno della NATO oscilla, tentenna, imbarazzata dall’appartenenza all’Alleanza Atlantica da un lato, e legata da quell’ambigua amicizia Berlusconi-Gheddafi concretizzatasi in un Trattato d’Amicizia dai contenuti dubbiamente legittimi (di fatto “permette” all’Italia la possibilità di “respingere” i migranti in mare contro ogni regola di diritto internazionale che imporrebbe il rispetto del “non refoulement”, il non respingimento, norma di natura cogente ovvero assoluta: su questo peraltro si espresso anche l’UNHCR specificando che tale obbligo si applichi ovunque uno stato abbia giurisdizione, quindi anche in mare, a differenza di quanto sostiene il governo italiano).

In tutto ciò tocca pure vedere come il governo riesca come non mai a fare tutte le parti in causa: protestare e (non) governare allo stesso tempo. Tocca sentire la Lega che protesta per il clandestini (senza manco chiedersi se tra essi ci sia gente a cui spetti lo status di rifugiato) e allo stesso tempo essere forza di governo, avere uno dei suoi esponenti al vertice del Ministero degli Interni ed essere la causa del caos scatenatosi a Lampedusa. Si perché pare ovvio a tutti che tenere tutti gli arrivati su un’isoletta microscopica sia un modo per scatenare il caos, ma il governo sembra ritenere funzionale e propagandistico tutto ciò e perciò rallenta i trasferimenti con la scusa che le regioni non collaborano (cosa non vera, visto anche che Emilia-Romagna, Umbria e il mio carissimo “buco nero della democrazia”, la Toscana, hanno dichiarato a differenza di altre di essere pronte ad accogliere tutti i tipi di immigrati, clandestini inclusi- e ci mancherebbe, dove li buttiamo, in mare forse ?!-).

Per finire questo commento-sfogo voglio raccontarvi una bellissima scena a cui ho assistito giorni fa sul bus: una signora anziana chiacchierava tranquilla con una ragazza araba col velo. Dopo pochi minuti quest’ultima si alza e scende; la signora anziana si rivolge a me e dice qualcosa del tipo “sa aveva voglia di parlare, si sentono soli ed emarginati. Lo capisco, l’ho provato anch’io. Eppure non lo ricorda nessuno e a voi a scuola non l’insegnano”… un sorriso mi ha illuminato la giornata…sono una “fanatica” dell’importanza della memoria storica. E questa scena mi ha riempito il cuore.


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