Il passaggio dal cartaceo al digitale rischia di toglierci uno dei più grandi piaceri della vita e una delle principali forme di riscossione popolare contro i potenti e quelli che contano. Mi riferisco alla intramontabile pratica del pasticciare con la biro le facce antipatiche sui libri di storia, sui quotidiani, sulle riviste di attualità. L’antesignano dei capolavori di fotomontaggio in Photoshop, che è la morte sua dell’Internet e che ci ha permesso di scoprire e apprezzare persone con un senso dell’umorismo strepitoso, ha comunque una sua dignità perché quando non c’era ancora il due punto zero con i suoi meme le cose ce le facevamo tra noi, sui banchi di scuola, bevendo un caffè al bar con il giornale davanti, nei pomeriggi piovosi in casa. Baffetti alla Hitler, pizzetti da moschettiere, corna di Goldrake e occhialini alla John Lennon erano i miei preferiti, e vi sfido a trovare un mio libro di storia intonso da questi capolavori di instant art, espressione delle lezioni più tediose. E pochi hanno avuto scampo. Sotto le penne di studenti di ogni generazione pre-digitale sono caduti imperatori romani, eretici, generali sanguinari, filosofi, re e regine, santi e poeti, pronti a dare inconsapevolmente qualche secondo di divertimento senza pretese. Infantile ma non per questo grossolano. Peccato che oggi certi personaggi non possano essere soggetti ad analoghi ludibri, questo tipo di manifestazioni autarchiche di scherno e disprezzo sono meno immediate con gli strumenti informatici. Trovi una foto su Google, la scarichi, la apri con un software qualunque di editing, sostituisci una penna al cursore, scegli il colore e poi dai sfogo alla fantasia. Una cosa che sulla carta ti riesce in una manciata di secondi. Con il pc magari ti passa la voglia, a meno che il personaggio da perculare non ne valga veramente la pena e uno non voglia poi, comunque, pubblicare la sua reinterpretazione da qualche parte. Perché facce da cazzo ce ne sono davvero tante, in giro.
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