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Qualcosa che non è fatto di parole

Creato il 30 gennaio 2014 da Andreapomella

Giorni fa ero in strada, mi ha fermato un ragazzo, era straniero, aveva un accento arabo, mi ha mostrato il suo cellulare, ha fatto dei gesti pregandomi di prendere il suo cellulare, mi ha fatto capire che dovevo parlare con una persona che aveva bisogno di un’informazione, ho preso il telefono e ho parlato con questa persona, era anch’essa straniera, parlava francese, io non parlo francese, gliel’ho detto in inglese, ma la persona al telefono ha proferito qualcosa in francese, qualcosa che mi è sembrato volesse dire: “Non parlo inglese”, allora ci siamo trovati a un punto morto, ho restituito il telefono al ragazzo e gli ho detto: “Mi dispiace”, il ragazzo ha scosso la testa e mi ha gettato un’occhiata colpevolizzante.

Ieri dal tabaccaio c’era una signora che doveva pagare il bollo dell’auto, era una signora anziana, non riusciva a trovare i soldi nella borsetta, allora ha dato la borsetta al tabaccaio e gli ha chiesto di cercare i soldi, il tabaccaio si è messo a frugare nella borsetta della signora, era un po’ imbarazzato, però alla fine ha trovato i soldi, ha restituito la borsetta alla signora e le ha detto: “Signora, ora siamo molto più che amici”.

Alice Munro, a proposito del momento in cui brilla in testa un’idea letteraria, ha scritto:

Il momento non è forse quello in cui hai l’idea, o meglio inciampi nell’idea, ci sbatti contro, come se stesse vagando da sempre nella tua testa? È già lì, ancora senza lineamenti precisi, ma armoniosa e brillante. Non è la storia. È lo spirito, il centro della storia, qualcosa che non è fatto di parole, ma che può sorgere alla vita, almeno a una vita pubblica, soltanto quando le parole lo avvolgono. Un oggetto ancora non guastato, ancora protetto dalle interferenze.

Il momento in cui ho l’idea non coincide mai col momento in cui sbatto contro la storia, l’idea nel mio caso è successiva alla storia. La storia – l’insignificante, microscopica storia – accade per strada, in una tabaccheria, su un marciapiede, e quando accade non penso mai che quella può essere un’insignificante, microscopica storia letteraria. Quella che Munro definisce “lo spirito, il centro della storia, qualcosa che non è fatto di parole, ma che può sorgere alla vita” è la vita stessa, è l’essenza del vivere. Le parole sono solo uno strumento convenzionale, una traduzione tardiva, nonché un tentativo sempre vano di agguantare la vita.

 


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