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Qualcosa di letterario

Creato il 27 gennaio 2012 da Patrizia Poli @tartina

Premetto che non è un atteggiamento di maniera, un qualcosa che dico per essere consolata, compatita, incoraggiata o lodata. È davvero una crisi che attraverso. Studio molto, nelle lunghe ore vuote in negozio (che forse un domani rimpiangerò). Ho ripreso in mano Hemingway, leggo i 49 racconti, approfondisco la sua vita e le sue opere. Leggo anche Silone. Certo, è ridicolo confrontarsi con gli immensi e loro appartengono ad un’altra epoca. Forse, oggi, qualche editore scemo li avrebbe persino rifiutati. Paragonarmi a loro mi fa sentire non solo piccola piccola - il che sarebbe giusto, normale, da persona sana di mente - ma del tutto incapce.

Non mi riesce di narrare come vorrei. La cosa che più mi ha fatto star male nella critica di P.M. alla prima stesura de “L’uomo del sorriso”, perché è verissima, è il non saper fondere le considerazioni sociali e politiche e le domande esistenziali con la narrazione. Più che far accadere delle cose, racconto dei pensieri. Insomma, vorrei che, invece,  tutto fosse fuso, che succedesse sotto gli occhi dei lettori. E, leggendo i libri buoni, i classici - ma non solo, persino leggendo amiche scrittrici brave come Ida Verrei- credetemi - mi accorgo dell’enormità della differenza, di come io sia sbrigativa, quasi scrivere fosse solo un dovere e una fatica per me, mentre gli altri sanno pazientare sulle scene, le sanno dipingere in ogni movimento, particolare, discorso, sanno creare qualcosa di forte, di ampio, di profondo, di vivido, in una parola di “letterario”.

 Non lo so, sto seriamente pensando di smettere perché mi sembra che la mia non sarà mai una scrittura degna di questo nome e non mi accontento più di due raccontini, di un romanzetto confezionato con le tecniche della scrittura creativa, ce ne sono già troppi in giro. Forse, manco di umiltà.


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