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2*puntata: il rapporto con l’esercizio.
Quel che più facilmente si riscontra nella formazione calcistica dei giovani calciatori è il rapporto “incompleto” che spesso si stende a sviluppare con l’attrezzo: se la palla è vista come strumento per il solo gioco, è inevitabile che l’aspetto che la stessa sfera può apportare a livello di concentrazione e attenzione sarà accantonato. Il divario più evidente si riscontra negli esercizi che riguardano la tattica, ma pure le esercitazioni tecniche col singolo.
“Se introducessi tanti esercizi con la palla otterrei una maggior coinvolgimento... Partendo dal presupposto che i ragazzi in qualche modo “temono” gli avversari europei, alla lunga, otterrei l’effetto contrario. Ovvero, tornerebbero a chiedermi di fare più movimento senza il pallone. Ti faccio un esempio banale: i bersagli... i più bravi c’entrerebbero sempre il bersaglio; i più determinati farebbero un 6-7/10... alla fine, non ho ottenuto nulla in realtà di quel che vorrei. Allora che faccio?, metto le sagome... e due birilli ed un compagno: tocco, scambio, dribbling e corsa, mira e tiro... La parte che meno digeriscono, e non fanno poi in partita, è quella della partecipazione al “gioco d’insieme”. «Tanto con italiane, spagnole...», dicono tra loro, come se fosse inutile il sapere “come trovarsi”...”
Potrebbe apparire catastrofico nel descrivere così i “suoi” ragazzi: un gruppo con scarsa fiducia nei propri mezzi tecnici e collettivi. In realtà, la disponibilità -mentale per lo più-, verso un discorso calcistico ampio, è forse l’aspetto più difficile da ottenere a quest’età -15-17 anni-: venivano citati i bersagli. L'atteggiamento spesso negativo che si riscontra in alcuni è l’auto-determinarsi in un ruolo fisso: chi prenderà il centro 10/10 si sentirà un cecchino infallibile, chi viceversa, con mezzi tecnici, o di coordinazione più scarsi, si sentirà di “dover essere” un mastino che ara il campo. Se lo scopo di una struttura formativa calcistica -e umana-, è quello di portare a giocare e pensare “calcio insieme” ai propri compagni, alla propria squadra, questo è uno scoglio che si presenta spesso davanti.
L’allenatore inglese dei “Pandas”, davanti ad una coca-cola con la fetta di limone, dice: “Se non li solleciti li perdi... se li lasci a loro stessi sono buoni a farsi un pisolino sulla panchina: ne ho uno che ha deciso di essere la reincarnazione di Keagan... A volte mi sfida: non sbaglia una conclusione da fuori area neanche se lo bendo... ha già un tiro impressionante e deve terminare lo sviluppo ovviamente... Ora, facciamo l’esercizio... segna, e mi guarda; di nuovo e poi ancora... Mentre aspetta il turno li mando dal mio secondo a far scambi di posizioni senza palla -l'esercizio consiste nel posizionarsi accanto ai “cinesini”, contare immaginariamente dei tocchi di palla e incrociare la posizione per “prendere la marcatura dell’assistente” che di volta in volta si sposta ora qui, ora là-. Fa casino, lo vedo e glielo dico: ‘Se non capisci che l'esercizio non è per far fiato, ma per imparare i movimenti senza palla...’, «Ma io sono una punta!»... I difensori questi scambi li fanno ad occhi chiusi... se tu ti confondi a farli da attaccane, “ti si mettono in tasca”.
M., lo spagnolo, è più drastico: “Quando ‘becco’ il fenomeno di turno... e magari potrebbe pure diventarlo... gli “taglio le gambe”. ‘E’ inutile che mi guardi... tanto chi gioca lo so già’, gli dico; e lui si buio... Poi è ovvio la domenica gioca, e fa tre gol... Quello intelligente, maturo, capisce che qualcosa l’ha imparato, quello più testone esulta coi compagni, mi passa davanti e non mi guarda... quasi avesse fatto un dispetto a me. Gli ormoni sono davvero difficili da gestire, non i ragazzi!...”, sospira.
Chiudo il mio racconto con una frase che mi sembra riassuntiva di certi atteggiamenti che si possono riscontrare in campo fra i ragazzi. In una sera tiepida del nord Europa un ex-giocatore locale, presente al Torneo in qualità di responsabile tecnico, si prestò per accompagnare gli ospiti in giro per la città: “A volte, c’è da chiedersi per quale motivo ti rispettino... Il sospetto è che lo facciano perché sei "quello che ha giocato" e stop... Non perché magari hanno il sospetto che non sia tanto importante quello, ma quanto puoi insegnargli per far riuscire loro! Al campo non si ha più nulla chiedere, non trovi?”; nessuno aggiunse più niente, mi pare.