Titolo: Qualcosa di scritto
Autore: Emanuela Trevi
Editore: Ponte alle Grazie
Anno: 2012
Ho letto “Qualcosa di scritto” di Emanuele Trevi, l’opera che per un paio di voti non si è aggiudicata il Premio Strega 2012, pensando che un riconoscimento formale a quest’opera avrebbe avuto un valore fortemente simbolico alla memoria di un grande artista del nostro ‘900. Perché “Qualcosa di scritto” contribuisce a mantenere vivi – a distanza di oltre trent’anni dalla tragica notte dell’1 novembre 1975 - immagine e pensiero di Pier Paolo Pasolini.
Quella di Emanuele Trevi è una testimonianza indiretta, mediata com’è dall’ingombrante presenza di Laura Betti, e risale alla sua esperienza di ricercatore presso il fondo P.P.P.
Tenterò allora di delineare la fisionomia del grande regista e scrittore così come io l’ho immaginata leggendo queste pagine e lo farò unicamente utilizzando attributi presenti nel saggio e citazioni testuali. E inserirò – di mia iniziativa – qualche verso, per ricordare che P.P.P. è stato anche straordinario poeta.
MODERNO: “L’essere moderno era il suo brodo primordiale, la condizione di partenza, un riflesso condizionato.
UNICO: “… Non assomiglia a nessun altro. Nemmeno la Storia, questa infallibile piallatrice, ha smussato l’anomalia in cui consiste.”
CATASTROFICO: “Sono rarissimi gli incontri che … lasciano un segno … Mi veniva spesso da pensare a lui … come si potrebbe considerare un uragano contemplando gli alberi divelti, i tetti sollevati, gli argini crollati che si lascia dietro.” Due autentiche catastrofi sono le sue ultime opere: la cinematografica “Salò” e l’incompiuta “Petrolio”.
AUTODISTRUTTIVO. Disse: “Io desideravo anche di liberarmi di me stesso, cioè di morire.”
…
Per questo devo dirti ciò ch’è orrendo conoscere:
è dentro la tua grazia che nasce la mia angoscia.
Sei insostituibile. Per questo è dannata
alla solitudine la vita che mi hai data. (Da “Supplica a mia madre”)
VERO. Per questo anche un “GRANDE COLPEVOLIZZATORE”.
POLIEDRICO: “Costruiva un’opera immensa con i più disparati mezzi artistici, usando indifferentemente un verso poetico o un grandangolo o un pennello intinto nella china, facendosi fotografare da altri, rilasciando interviste.”
INQUIETO: “E poi c’era la notte, il momento di voltare le spalle a tutti, a tutta la città, per incamminarsi da solo, vecchio cacciatore incallito, alla ricerca del piacere.” Che continuamente “cerca disperatamente di alzare la posta.”
…
Adolescente ardevo fino a notte
col tuo smunto chiarore, ed era strano
udire il vento e gl’isolati grilli. (Da “Vicina agli occhi”)
DISPERATO: perché “la riduzione del mondo a merce gli appare come l’inferno che si è appropriato della vita.” Perché aveva scoperto “il fascino ipnotico della violenza, il desiderio di subire, di sottomettersi, di implorare pietà sperando che quella pietà … venga negata.”
Là sotto, io vivo di pietà,
lontano fanciullo peccatore
in un riso sconsolato. (Da “O me giovinetto”)
POETA: i versi di P.P.P. “erano l’espressione di emozioni così brucianti da perforare la guaina spessa del codice letterario che le imbozzolava.”
ANTI-INTELLETTUALE: “butta nella mischia ogni centimetro, ogni grammo della sua carne, si lascia intridere dal flusso della vita come una spugna.”
ARRABBIATO: “la rabbia è più importante del talento”.
Il lavoro di Trevi rimane principalmente un saggio di critica, anche se talvolta assume un tono romanzato o concede spazio agli aneddoti, regalandoci un ritratto tragicomico di Laura Betti e una squarcio sulla Roma dei salotti intellettuali del secolo scorso. Ipotizzando che P.P.P. abbia trafugato lo stesso segreto degli iniziati, Trevi – e questo forse è lo spunto che affascina maggiormente - fornisce una nuova chiave di lettura delle ultime opere di Pasolini e della sua morte, con accostamenti al pensiero di Nietzsche e con una culturalmente stimolante ricerca sui misteri di Eleusi.
Un’opera che non può mancare a chi abbia una o più delle caratteristiche sopra indicate (quindi a tutti, tanto è facile essere inquieti o disperati!) da ...
… Bruno Elpis