Vivere in un paese insegna ad avere una percezione spesso distorta della realtà, in cui sembra che il massimo della trageda sia se una coppia convive senza essere sposata, o se dei genitori non mandano i figli al catechismo o a Messa.
La paura che la gente possa parlar male è talmente tanta che ci si nasconde quasi ossessivamente dietro a una parvenza di normalità. Ed è così che si smarrisce il senso del dolore. Questo stato di cose ti porta ad avere una sorta di paura delle situazioni negative, come se tutti al mondo fossero felici tranne te. E così, per la vergogna, ci si tiene tutto dentro.
Ho avuto questa paura per tutta la vita. Ho rimosso con vergogna e più che ho potuto la mia realtà più vera, soprattutto quella legata alle diverse situazioni della mia famiglia. Mi sentivo la comparsa di una tragedia greca in un palcoscenico da operetta, dove ci si dichiara agitati et depressi per situazioni talmente banali che sembra quasi che il dolore vero non esista.
Solo negli ultimi mesi ho imparato a parlare di me, per quella che sono e senza filtri. Con le persone che ho conosciuto in quest'ultimo anno riesco a essere me stessa come mai mi era capitato. Devo però confessare che nel parlare di me ho ancora una punta di imbarazzo, come se raccontassi cose di chissà quale gravità. E alla fine mi sento stupida pensando a quanto tutto ciò che mi dà ansia sia così banale rispetto ai problemi veri.
E mi chiedo perchè mai in tutti questi anni non ho mai aperto gli occhi su quanti minuti di vita ho già sprecato a pensare e ripensare alle cose, quando invece basterebbe solo agire.
Magazine Talenti
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