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Ma ne siamo davvero sicuri, chiede Rampini? Perché a fronte di una pressione fiscale solo leggermente inferiore a quella cui siamo sottoposti noi europei, spiega il giornalista, moltissime sono le rinunce imposte al contribuente (e quindi al cittadino) americano. Sanità e istruzione su tutto, com'è noto (negli Stati Uniti una buona assicurazione privata per la sanità costa milleduecento dollari al mese, e sulle rette di un qualunque asilo a Manhattan sarà meglio tacere). Ma anche i trasporti, con una rete ferroviaria carissima e poco efficiente e - soprattutto - un sistema pensionistico drammaticamente inadeguato.
In generale, la frattura fra l'un per cento contro il quale puntano il dito i riottosi di Occupy Wall Street (... a proposito: buon compleanno, ragazzi!) e il resto del mondo sembra aumentare di giorno in giorno, e leggere delle ingerenze in politica con cui la famiglia Walton (proprietaria di Walmart, colosso della grande distribuzione) riesce ad influenzare l'agenda di un qualsiasi governo repubblicano, fa pensare e rabbrividire.
Plutonomia: governo dei ricchi. Una parola con la quale faremmo bene a familiarizzare, e che dovremmo imparare a temere.
Il libero mercato, nella sua accezione più intransigente e selvaggia, ha goduto di ottimi uffici stampa, negli ultimi trent'anni, ed è riuscito nell'intento di screditare qualsiasi modello che non si rifacesse al suo primo e più importante precetto: lo Stato è un vincolo fastidioso all'iniziativa dei privati.
In Europa, naturalmente, facciamo fatica a pensarla così, per aver vissuto storicamente in prima persona tutto il travaglio che ha portato alla nascita degli Stati e al loro consolidamento di istituzioni volte a regolare i rapporti, e ad offrire ammortizzatori per quelle parti di cittadinanza più esposte e vulnerabili. Già. Però oggi il mondo è cambiato, ci viene detto, e certamente c'è più di un seme di verità in questa constatazione. Ma - è ancora Rampini a suggerire - siamo sicuri che le risposte che stiamo fornendo a questo cambiamento siano quelle giuste?
L'analisi condotta dal giornalista è ampia e articolata, a dispetto delle esigue dimensioni del libro, e la forza della confutazione del pensiero unico dominante (quello riassunto nel titolo del libro) sta nel fatto che l'autore pone più domande che risposte, rivendicando però la fondamentale giustezza di un'intuizione sulla quale l'Europa ha immaginato sé stessa, e che è stata fin troppo pronta a rinnegare. Siamo ancora in tempo, ma non c'è tempo da perdere.
A cura di Wuz.it
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