Alla prova dei fatti se i paesi membri, per comodità e per slegarsi dalla schiavitù del dollaro, hanno accettato senza grosse resistenze la nascita dell’euro, al momento di attuare l’unione politica, quindi cedere da parte dei politicanti locali la sovranità che esercitano sul proprio paese ad un’autorità più alta e da loro non influenzabile, sono venute a galla miriadi di resistenze e di particolarismi che impediscono di fatto la creazione di una unica solida comunità sovranazionale europea.
Il Nobel assegnato non può nascondere che ci troviamo di fronte alla realtà che ogni paese che compone la Comunità ha diversi regimi fiscali, differenti sistemi di welfare, abbiamo diversi prezzi di benzina, aliquote iva che variano ovunque, si va in pensione con anzianità diverse da paese a paese, non c’è una sola variabile identica, quindi dove è la Comunità unica di cui tanto ci si riempie la bocca? La realtà percepita dai cittadini è ben diversa da quella propagandata e l’altalenare di voti popolari a favore o a sfavore ne è la pratica testimonianza ed in molti casi dei voti favorevoli prevale più che altro la teoria del male minore.
Ad una vera solida unione dei popoli europei non c’è alternativa ed è un’imprescindibile fattore di progresso sociale e di uguaglianza, ma appare di difficile realizzazione finché i parlamenti ed i governi nazionali saranno la casa di politici che hanno più interesse a coltivare il proprio collegio regionale che l’ideale europeo. Le prossime elezioni di primavera dovrebbero vedere al centro, non solo il trito e ritrito tema del conflitto tra destra e sinistra, ma quali sono i programmi dei partiti per il futuro dell’Europa, e qui, tristemente, dobbiamo rilevare che il deserto delle idee ha l’assoluta prevalenza da una parte e dall’altra.