Nell’appuntamento settimanale con la mia rubrica per l’European Journalism Observatory, partendo dai risultati di un’indagine condotta da comScore sulla readership di quotidiani e pubblicazioni periodiche da parte dei possessori di tablet e dallo studio condotto da Poynter, che con la tecnica dell’eyetracking ha esaminato come le persone leggono le notizie sui tablet, si analizzano i nodi cruciali delle attese dell’industria dell’informazione, sin qui tradite, relativamente a questo device.
Una pluralità di cause e concause che [di]mostrano come, anche in questo caso, la distanza tra le attese di profitto da parte delle testate, dei giornali, grazie ai tablet e la realtà passi per un percorso che è ancora una volta meno lineare e scontato di quanto molti inizialmente supponevano.
Se non lo avete già letto potete farlo QUI.
Successivamente alla pubblicazione del succitato articolo, Google ha diffuso i risultati di una ricerca sul tema.
“Understanding Tablet Use: A Multi-Method Exploration”, ricerca qualitativa che esplora quali attività siano svolte prevalentemente dai possessori di tablets ed in quali luoghi si svolgano.
Emerge come la casa sia il luogo di prevalente utilizzo, ed in particolare mentre si è in poltrona, spesso in abbinamento con la visione televisiva, o a letto, confermando come si tratti essenzialmente di un attività serale e legata allo svago.
Si conferma che per i possessori di tablets le attività principali siano la lettura della posta elettronica [84,8% dei partecipanti], il gioco [51,5%] ed i social network [57,6%]. La lettura delle notizie è un’attività che, pur coinvolgendo un numero relativamente alto di persone [45,5%], viene effettuata con una frequenza molto ridotta, bassa, come già emergeva dalla ricerca di comScore.
Ennesima evidenza che nel complesso l’informazione non riesce ad attirare in maniera significativa coloro che possiedono un tablet e che, ahimè, su queste basi sarà complessivamente estremamente improbabile che vi sia nel breve periodo un incremento importante di coloro che dunque si renderanno disponibili a pagare le app delle testate.
Non ditelo a Tina Brown ed allo staff [o almeno a quelli che rimarranno] di Newsweek, mi raccomando.