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Quando abbiamo iniziato a dimenticarci di ricordare?

Da Marta De Cristan

libri e cervello

Al giorno d’oggi sono molte le persone che sostengono di aver poca memoria, eppure l’uomo è di per sé dotato di grande capacità mnemonica, basta pensare che in passato tutto veniva ricordato e tramandato oralmente, appunto “a memoria”… ma, allora, cosa è cambiato? quando l’uomo ha smesso di ricordare?

Secoli fa i pensieri, le conoscenze, le informazioni potevano essere solo ricordate, infatti non c’era un alfabeto o un foglio di carta su cui annotarle, tutto ciò che valeva la pena essere tramandato doveva essere conservato nella memoria. Poi è arrivata la scrittura, e già Socrate, vissuto nel V secolo a.C., un’epoca in cui in Grecia l’uso della scrittura era in aumento, avvertiva in essa un pericolo perchè fidandosi della scrittura le persone si sarebbero abituate a ricordare dal di fuori, mediante segni estranei. Il filosofo greco temeva che la scrittura, pur aumentando la quantità di conoscenza a disposizione, avrebbe finito per rendere gli uomini simili a recipienti vuoti.

Eppure Socrate poteva in realtà star tranquillo perché sino al Medioevo i libri non sostituivano la memoria, ma le fornivano un sostegno. I manoscritti venivano spesso copiati allo scopo di aiutare il copista a memorizzarli, i libri erano strumenti a disposizione per imprimere i dati nella memoria, si leggeva per ricordare, anzi, per come erano scritti i libri prima della stampa, possiamo dire che addirittura per leggere era necessario conoscere, ricordare. Infatti i libri erano, in realtà, spesso rotoli lunghi e scomodi da consultare, le parole erano poste una dopo l’altra senza spazi e punteggiatura, e proseguivano da una riga all’altra senza trattini di separazione. Quindi per comprendere e recitare un testo ad alta voce il lettore doveva averlo già sentito, e doveva conoscerlo bene, insomma per leggere un testo bisognava prima studiarlo, infatti il modo in cui si inserivano spazi e punteggiatura potevano cambiare totalmente il senso.
Ad esempio, se c’era scritto ODIODEICIELI, un conto era leggerlo e pronunciarlo come O DIO DEI CIELI, un altro era pronunciarlo come ODIO DEI CIELI.

Anche nel Medioevo chi leggeva un libro lo faceva per studiarlo, per ricordarlo, perché non era così facile poter rivedere quel libro una seconda volta, il libro non era facilmente trasportabile, e, anche avendolo a disposizione una seconda volta, era molto difficile riuscire a trovare un’idea, un concetto, insomma per come erano strutturati i libri non si poteva pensare di prenderlo dalla libreria, sfogliarlo rapidamente e cercare l’informazione necessaria, come facciamo oggi.

La vera svolta si ha con l’invenzione del sommario, dei numeri di pagina e soprattutto dell’indice analitico. Il primo indice analitico della Bibbia, ad esempio, fu compilato nel XIII secolo da 500 monaci parigini; così, per la prima volta, un lettore poteva consultare la Bibbia senza prima doverla imparare a memoria, poteva trovare un passo senza averlo memorizzato o senza dover leggere il testo per intero.

Prima dell’invenzione degli indici era impossibile orientarsi nel materiale contenuto nei rotoli o nei libri. Mano a mano che diventava facile consultare i libri, era sempre meno necessario ricordarli a memoria. E’ significativo che col tempo il concetto di erudito sia passato dall’indicare chi possedeva internamente una serie di informazioni, all’indicare chi sa dove trovarle nel labirinto delle memorie esterne.

Poi sono arrivate agende, bloc-notes, registratori digitali, rubriche dei cellulari, computer, internet,ecc e così, al giorno d’oggi, si tende a ricordare pochissime cose. Ad esempio, ai tempi in cui per fare una telefonata bisognava premere sette tasti o girare un disco combinatorio si conoscevano a memoria i numeri di telefono di molti parenti e amici, al giorno d’oggi è già tanto se si ricordano tre o quattro numeri a memoria; anzi, secondo un’indagine condotta nel 2007 da un neuropsicologo del Trinity College di Dublino, un terzo dei cittadini britannici sotto i trent’anni non ricorda neppure il numero di telefono di casa propria. Ad un certo punto gli strumenti tecnologici hanno iniziato a sostituire la memoria naturale e questo da un lato ha reso possibile l’esistenza del modo contemporaneo, ma dall’altro ha modificato il nostro modo di usare il cervello, un po’ alla volta abbiamo iniziato a non aver più bisogno di ricordare, tanto da dimenticare come si fa a ricordare.

Il Prof. Piero Barbanti, neurologo dell’IRCCS SR Pisana, in un’intervista spiega: «Se abbiamo la sensazione che la nostra memoria stia perdendo smalto non dipende dagli anni, ma dalle nostre abitudini quotidiane che ci fanno utilizzare al minimo le nostre funzioni dinamiche. Oramai scriviamo solo per firmare e leggiamo pochissimo il corsivo. Usiamo sempre di più  la memoria procedurale, ovvero il come si fa e, sempre meno, la memoria dichiarativa, ovvero quella legata ai fatti e agli episodi».

Viviamo nell’era tecnologica e possiamo godere dei vantaggi legati alla tecnologia, senza dover subire gli effetti “collaterali” sulla nostra memoria, bastano pochi e semplici accorgimenti quotidiani, quali: telefonare ai nostri amici componendo il numero senza utilizzare la rubrica del cellulare, memorizzare la lista della spesa, memorizzare la lista delle cose da fare il giorno dopo invece che guardare direttamente l’agenda, imparare a memoria citazioni o poesie che ci piacciono, memorizzare codici quali bancomat, codice fiscale, password.

Ovviamente per fare questo si può utilizzare la ripetizione, ma si possono usare anche delle strategie mnemoniche come quelle descritte in alcuni post precedenti:

Quindi è proprio al giorno d’oggi, quando non è più necessario ricordare a memoria, che diventa necessario allenare la memoria per evitare che si arrugginisca sempre più velocemente.

Per allenare la nostra mente in modo efficace si possono apprendere delle vere e proprie tecniche mnemoniche, in buona parte tecniche molto simili a quelle che venivano usate proprio quando era necessario ricordare, quando gli studiosi ricordavano veramente una grande quantità di informazioni,  come, ad esempio,  il giurista Pietro da Ravenna (XV secolo) che diceva di conoscere a memoria ventimila controversie legali, mille testi di Ovidio, duecento discorsi e motti di Cicerone, trecento aforismi dei filosofi, settemila testi delle Scritture e molte opere classiche.

Ora tocca a te:

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Al prossimo lunedì,
Marta

 


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