Quando “canta” Rosy Bindi. Veltroni? Con lui persi il governo, le alleanze e le elezioni.
Creato il 28 agosto 2010 da Massimoconsorti
@massimoconsorti
Il lancio d’agenzia è delle 10 e 31. Parla Rosy Bindi che, chissà per quale motivo, da un po’ di tempo a questa parte ci sta cordialmente simpatica. Saranno state le uscite disastrose di Berlusconi su di lei, saranno stati i “complimenti” di La Russa e le offese delle sue colleghe del Pdl ma Rosy Bindi è la testimonianza vivente che per fare politica in modo serio non servono belle gambe, seni prosperosi, sguardi seducenti e bocche avvezze a ben altri contatti che non quelli puramente verbali. La Bindi è una delle poche donne oggi presenti sulla scena politica che non ha baciato Schifani quando è stato eletto presidente del Senato (vero senatrice Finocchiaro?), che non è andata ospite a Villa Certosa e a Palazzo Grazioli, che non si sognerebbe mai di cantare “Dicitencello Vuje” accompagnata da Apicella. È, ancora, una delle poche donne a cui non difetta la memoria per cui, quando Walter “o’ americano” scrive la sua biografia sul Corriere della Sera, si permette sommessamente di ricordargli che “con lui abbiamo già perso in un sol colpo governo, alleanze ed elezioni”, per la serie “siccome hai provato e hai perduto, per favore lasciaci in pace”. Il buon Walter, quello che ha mutuato dal collega-avversario Massimo D’Alema la sindrome dell’inciucio, è ancora quel politico che dice che l’”antiberlusconismo non paga”, mentre rispondendo in punta di penna a chi ti tira addosso colpi di bazooka si. Ancora legato all’idea forte della “grosse koalition” che non riesce proprio a dimenticare, il Veltroni cinefilo-scrittore-giornalista-fondatore di festival-musicologo-storico e, dulcis in fundo operatore umanitario, pensiamo sia stato colpito da una sorta di sindrome da attrazione fatale nei confronti di Silvio, tanto che non lo citò mai durante la sua disastrosa campagna elettorale di due anni fa che, come gli ha ricordato Rosy Bindi, è costata alla sinistra il governo, le alleanze e le elezioni. L’Italia è l’unico paese al mondo in cui quando un politico perde, lontano mille miglia dal prenderne atto, fa finta che non sia accaduto nulla. Parliamoci chiaro. In Inghilterra Tony Blair è diventato consulente di imprese e conferenziere. In Francia Jacques Chirac coltiva vitigni, il Germania Helmut Khol, appena sfiorato da un finanziamento illecito al suo partito, si è ritirato in buon ordine e fa il nonno. Negli Usa Al Gore, sconfitto da Bush alle elezioni, si è messo a fare l’ecologista a tempo pieno fino a vincere il Nobel. Clinton scaduto il secondo mandato presidenziale ha istituito una fondazione a suo nome e gira il mondo facendo conferenze. Oggi, George W. Bush è scomparso dalla scena politica e si presume possa finalmente godersi in santa pace un Jack Daniels nel suo ranch del Texas. In tutto il mondo accade che chi in politica perde si ritira, qualche volta anche per la vergogna, in Italia no. In Italia il fatto di perdere le elezioni sembra dia quasi la patente per continuare a perseverare fino, magari, a diventare presidente del Copasir o di qualche altro ammennicolo inutile dello Stato. Veltroni ha perduto e cosa fa? Si ripropone come se nulla fosse accaduto, come se Berlusconi fosse un politico “normale”, come se nel frattempo gli italiani non si siano amabilmente stufati di lui e di D’Alema e di Violante, e di Fassino e di tutti i simulacri di una politica che fu. Per assurdo, sono proprio i vecchi democristiani i più incazzati e i più strenui nemici di Berlusconi, la Bindi e Franceschini ne sono due esempi lapalissiani. Che fine abbiano fatto i vecchi dirigenti del Pci-Pds-Ds non è dato di sapere o forse si: sono alla ricerca di Dio, come Bertinotti. Donna Rosy ha anche detto che il candidato premier naturale del Pd è Pierluigi Bersani (ma cosa dovrebbe dire il presidente del Partito?) e che l’autocandidatura di Vendola è stata intempestiva. Ma di Vendola ha detto anche un’altra cosa: “il leader di Sinistra Ecologia e Libertà è una ricchezza perché sta facendo un gran lavoro nell'area della sinistra”. Proviamo a tradurre il Bindi pensiero: “Caro Nichi, avresti potuto aspettare un po’, giusto per una questione di forma, ma hai fatto bene. Con te vinciamo. A Walter penso io sperando che gli africani lo vogliano ancora”.
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