Crolla Changu e crolla anche la borsa di Kathmandu, (Nepal Stock Exchange-Nepse) e i depositi bancari, tutti segnali di una gran paura sulle sorti del paese da parte d’investitori piccoli e grandi. Segnali non icoraggianti: I FDI (Foreign Direct Investment) sono calati del 36% (rispetto al 2009), le rimesse degli emigranti dell’11%, non ci sono più soldi disponibili tant’è che il tasso interbancario è salito al livello record del 13.28%. Significa che per il pubblico s’arriva al 20% e che gli usurai dei villaggi praticano il 120%. La gente è strozzata. Spendere per educazione, salute, rinnovo degli attrezzi agricoli è un lusso e tutto il paese retrocede.
Purtroppo non succede niente che possa indicare l’uscita dall’impasse politico-istituzionale: i partiti sono fermi, l’Assemblea Costituente è alla fine del mandato e non ha concluso niente, l’unica ipotesi decente è un governo di unità nazionale con dentro i maoisti. Serve qualcosa di nuovo ed ecco comparire Kalibaba, il santone dei politici. Barbetta curata, collane di rudraska (la noce sacra) a proteggere lo spirito e il corpo, volto furbetto che mi ricorda quella dei Baba che s’aggirano nella Piazza a vendere tika (le rosse benedizioni) per 20-50-100 rupie, in base alla faccia del turista. Tutti i leader politici (compreso il Presidente della Repubblica, primo ministro ed esclusi i maoisti) vanno al suo sacrificio del fuoco (yagya) celebrato dal santone, per trovare ispirazione e qualche idea per smuovere il paese. Per ora solo fuoco e fiamme, riso e legumi offerti alle divinità per sperare che, almeno loro, si diano da fare per rimettere in sesto il paese. Fra i seguaci e discepoli anche l’ex-re Gyanendra che cerca stimoli per ripresentarsi come salvatore del paese.
La crisi fa brutti scherzi. Kalibaba (segue Vishnu e il suo avatare Krishna) è abbastanza popolare in Nepal dove nacque (a Okhaladhunga) 72 anni (non li dimostra) orsono. Ha studiato a Banares nella prestigiosa ’Università di Sanscrito, poi è sparito per riapparire come sanyasi a disposizione dei sovrani e dei politici. Siamo nel Kali Yuga, dice, tutto è nero ma è prossima la comparsa di una reincarnazione divina (kalki), che riporterà pace e prosperità. Lo stesso deve accadere in Nepal, predica, e qualcuno arriverà a salvarlo. Malgrado la sua trasversalità politica, al santone non dispiace un revival della monarchia e la reintroduzione dell’hinduismo come religione di stato. Dice che sarebbe pronto ad auto immolarsi per raggiungere quest’ultimo obiettivo. Nessuno ci crede. L’opposizione (i maoisti, compreso Prachanda) reagiscono e vanno nel Terai a scarificare qualche bufalo (lo scorso febbraio) per allontanare i cattivi auspici di Saturno che incombeva nel cielo. Niente di nuovo, perché in India il santone Chandraswami, faceva e disfaceva governi guidando l’ex primo ministro Narashima Rao e, ancor oggi, santoni, oracoli, baba guidano tante decisioni di politici, uomini d’affari e mafiosi. Giro tutto al povero Bersani.