Di fatto c’è un ampio accordo fra quanti studiano il clima non solamente sulla constatazione che il cambiamento del clima è cosa reale, (un’indagine ha mostrato che il 97% degli scienziati sono d’accordo) ma anche sul fatto che noi siamo responsabili dei danni causati dal riscaldamento del pianeta.
Se ci sono differenze fra le varie correnti di pensiero esse concernono due fronti : la valutazione delle conseguenze dell’aumento di temperatura e quali tecnologie e quali politiche offrano le migliori soluzioni per ridurre su scala globale l’emissione dei gas che aumentano l’effetto serra.
Per esempio: dobbiamo andare avanti col nucleare? Investire sulle energie rinnovabili vento, sole e geotermica? Limitare le emissioni di carbonio per mezzo di una legge sul commercio o imponendo una tassa (carbon tax)?
Finchè il pubblico non comprenderà appieno i pericoli cui andiamo incontro procedendo sulla via odierna, questi dibattiti sono verosimilmente destinati ad affondare.
Qui è dove gli scienziati devono intervenire. Io penso che non sia più possibile per essi stare sul marciapiede a guardare. Io non ho avuto altra scelta che entrare nella mischia.
Sono stato perseguitato da pubblici ufficiali, minacciato di violenza e più dopo che in uno studio fatto assieme ad altri quindici anni fa ho trovato che il riscaldamento medio nell’emisfero settentrionale non aveva precedenti almeno negli ultimi 1000 anni…”
“Nel 2003 quando in una udienza del Senato mi fu richiesto un parere su una questione politica io risposi: “Non sono uno specialista nelle questioni politiche e per me non sarebbe utile portare la mia testimonianza su ciò che mi chiedete”.
Non è un atteggiamento insolito fra gli scienziati il credere e l’affermare che noi compromettiamo la nostra obiettività se scegliamo di immergerci nella palude della politica o affrontare le implicazioni sociali del nostro lavoro.
Ma non c’è niente di inappropriato nel far uso delle nostre conoscenze scientifiche per parlare delle conseguenze effettive sulla società delle nostre ricerche. Se noi scienziati scegliamo di non intrometterci nei dibattiti pubblici, lasciamo un vuoto che sarà riempito da persone che hanno in mente solo i loro interessi a breve termine..
Sarebbe una abrogazione delle nostre responsabilità nei confronti della società se restiamo in silenzio di fronte a problemi così gravi….
Come ci giudicherà la storia se noi vediamo il pericolo che ci fronteggia, ma non facciamo nulla per far comprendere la necessità e l’urgenza di agire per evitare il disastro che può accadere? Come potrei spiegare ai miei nipoti che il loro nonno vide il pericolo ma non avvisò in tempo?”
Articolo originale in lingua inglese di Michael E. Mann – traduzione dall’inglese di Angelo Ruggeri
L’originale dell’articolo si trova su albixforpoetry-poetryandmore
Commento a cura di Angelo e Ruggeri
Nel mio libro “Racconti per un giorno i pioggia” pubblicato in edizione elettronica dall’ Istituto di Cultura Italiano di Napoli io ho discusso lo stesso problema riferendolo alla realtà dell’Italia dove scienziati e ingegneri non discutono ancora su problemi così grossi e di difficile soluzione come l’effetto serra ma sono alle prese con inondazioni ricorrenti , inquinamento, dissesti del territorio e frane in gran parte causati dall’opera dell’uomo.
SCIENZA E POLITICA di Angelo Ruggeri
“Voi uomini bianchi credete che la natura vi appartenga, credete di poterla trasformare a vostro piacimento. Ma noi sappiamo che nei boschi, nei monti, nei fiumi, c’è uno spirito divino che voi non potete violare impunemente”.
Queste sono le parole che un vecchio capo indiano disse ai bianchi vincitori.
Stiamo distruggendo le foreste, e il deserto avanza. Scaviamo gallerie, perforiamo la terra ed anche il fondo del mare alla ricerca di minerali, petrolio, ferro, rame, oro e diamanti, e facciamo un uso smodato di questi beni come se non dovessero mai finire.
Ma non è così, non passeranno secoli, ma soltanto pochi decenni prima che il petrolio ed altri preziosi minerali si esauriscano.
Noi che siamo disposti ad affrontare tanti sacrifici per il benessere dei nostri figli non ci chiediamo cosa sarà di loro, cui lasceremo una terra in gran parte sterile ed impoverita.
Inquiniamo coi rifiuti della nostra civiltà fiumi, laghi e mari.
Gli uomini di scienza e gli ingegneri sono i maggiori protagonisti di questo tipo di sviluppo poiché sono essi che progettano industrie e città. ma non vogliono ammettere le loro responsabilità, difendendosi con l’accusare i politici per ogni disastro che accade.
“ Non siamo noi che decidiamo quanto accade nel mondo. Gli uomini di Stato ci chiedono di progettare armi per i loro eserciti, la gente comune vuole avere a disposizione sempre nuovi beni per il consumo di un giorno, i ricchi ci chiedono di costruire le loro ville nei luoghi privilegiati dalla natura. Noi non possiamo contrastare la volontà dei potenti, né cambiare i desideri della gente”, dicono essi a loro difesa.
Perché non possono contrastare con la verità l’azione di quegli uomini politici quando si accorgono che costoro per incompetenza o altro causano disastri?
Perché gli uomini di scienza non possono educare la gente comune mostrando i pericoli cui l’umanità va incontro se l’attuale dissipazione di risorse non rinnovabile associata ai guasti dell’inquinamento dovesse continuare?
Non possono forse perché hanno fatto un errore fondamentale: quello di considerare la politica cosa estranea alla scienza e dalla tecnica. Come se dicessero ai politici e forse lo dicono davvero : “ Noi abbiamo inventato le armi, ve le affidiamo e voi fatene quello che volete”
Io penso invece che scienziati e ingegneri debbano tornare a far politica, impegnandosi in quella che molti di essi considerano ancora “cosa sporca”. Uscire dagli uffici e laboratori e mischiarsi alla gente del popolo, andare nei paesi e nelle borgate e perché no? Parlare anche coi rappresentanti dei partiti politici, frequentare le loro assemblee..
Sento le voci contrarie, le ho sentite anche quando ero studente di ingegneria:
“ Noi uomini di scienza mischiarci in quel mare di intrighi e corruzione, col rischio di aver macchiata la nostra reputazione e compromessa la vita familiare e con la certezza di non aver più tempo da dedicare agli studi che costituiscono parte essenziale della nostra attività? Si dedichino alla politica coloro che non hanno niente di meglio da fare.”
Se avessi ascoltato queste voci, la mia vita sarebbe stata più piana e tranquilla, quanti guai avrei evitato!
Non posso negare che per un ingegnere mischiarsi in politica può essere rischioso : gli interessi economici coinvolti nell’esecuzione di un’opera pubblica o di una impresa industriale possono essere molto grandi , così come gli impatti che l’opera può avere sul territorio e le conseguenze sulla popolazione in termini di lavoro e di valorizzazione economica delle aree dove si costruisce.
Tutte queste ragioni in una società dominata dall’interesse economico a corta distanza condizionano anche pesantemente chi ha l’incarico di progettare e costruire un’opera sia privata che pubblica perché alla fin fine è sempre chi paga per l’opera colui che prende le decisioni definitive.
Così vediamo casa costruite in zone franose, o sul letto di fiumi e impianti industriali inquinanti costruiti in quartieri densamente abitati.
Ma ciò accade anche perché gli ingegneri e gli scienziati si sono troppo a lungo estraniati dalla politica: se gli uomini onesti e capaci che sanno affrontare e risolvere i problemi col metodo scientifico facendosi guidare , oltre che dal buon senso comune e dalle conoscenze acquisite, da un buon sentimento morale, si tengono lontani dalla politica giudicandola corruttrice, succede davvero che la politica cade in mano ai disonesti e agli incapaci, i quali diventano così arbitri del nostro futuro..
DEMOSTENE
Così parlò Demostene agli Ateniesi:
“ O cittadini le vostre deliberazioni devono precedere gli eventi non seguirli,
altrimenti non siete voi a decidere ma il caso o i vostri nemici .Quando la stagione è asciutta dovete costruire argini ai fiumi,.”
Bello a dirsi: ma a farsi..
manca l’accordo su cosa fare
e quelli che hanno men cose da dire
più forte gridano nelle assemblee.
Non sa Caio ciò che vuole ,ma lo vuole con forza:
è ricco, prepotente, viene eletto presidente.
La gente aspetta le sue decisioni,
ma lui non sa quel che vuole, idee proprie non ha,
ascolta contrarie opinioni. Gli suggeriscono infine:
“Chi non fa niente, neppure fa il male”
E lui non fa niente, e tutto va a male.
Lo dice il poeta: “Omnia ruit”, il male vien da solo,
forza occorre e volontà per fare il bene,
come per far andare un carro in un pendio:
senza freni scende da solo, senza spinte non risale.
“Nominiamo una commissione di esperti”.
Dunque non siete voi gli esperti?
Così vi proponeste agli elettori!
Già sul monte s’addensano le nubi,
si sente a valle vicino il temporale.
Speriamo non si dica poi:
“Anche questa tragedia avrebbe potuto evitarsi.
Ma non si evitò. Venne la pioggia violenta
con fulmini e rumor di tuoni
sembrava che rotolassero pietre dal monte
ed era il torrente che gonfio, adirato,
con voglia di far danni, si precipitava in basso.
Entrò nelle case, portò via qualche vita,
lasciò fango, rovine e pianti.
Quelli che più avrebbero dovuto esser grati alla sorte
per aver avuto salva la vita
di più imprecarono contro l’avversa fortuna.
“ Pazienza per le case distrutte –
disse il parroco ai funerali- le ricostruiremo,
ma quelli che hanno perduta la vita
non la riavranno, su questa terra almeno.
Sia ad essi clemente il cielo, morti non sono in peccato”