di Cristiano Abbadessa
Il tema, lo sapete, era “La sovranità appartiene al popolo”; e il richiamo alle imminenti elezioni era presente, neppure sotto traccia. Come spunti, avevamo proposto due frasi: una del presidente Napolitano contro i populismi, l’altra di padre Zanotelli contro il potere finanziario globale; due visioni in qualche modo contrapposte, certamente entrambe contenenti elementi di verità utili a sviluppare una riflessione da riprendere nella creazione narrativa. Come nella filosofia del progetto, le frasi potevano essere lette da molti punti di vista, e ci si poteva ispirare all’una o all’altra o a entrambe, condividendole o meno.
Fra gli autori che hanno partecipato, però, soltanto uno in forma abbastanza esplicita e uno in maniera molto più velata hanno fatto riferimento alla fallibilità del popolo, che può essere manipolato, ricattato, superficiale, soggetto a comportamenti irrazionali, oppure distante dalla cosa pubblica e ripiegato sul proprio particolare. Tutti gli altri racconti hanno invece, con gradazioni e forme giustamente diverse e personali, messo in risalto la figura del popolo come entità “buona”, oppressa, talora apertamente vessata o tenuta in una voluta ignoranza e soggezione; mentre, dall’altra parte, si stagliava la figura di un potere lontano, estraneo, dominante, mai espresso dal popolo stesso e impegnato semmai, attraverso i suoi fedeli servitori (figura ricorrente), a mantenere ben stretto il giogo. Una rappresentazione che ciascun autore ha modellato in forme proprie, più o meno allegoriche, ma che è possibile ritrovare quasi in tutte le opere.
È stato, come dicevo prima, un buon termometro per misurare la temperatura sociale. Anche perché conosco bene alcuni degli autori (non tutti, è chiaro), e so che questa visione non discende necessariamente dalla loro formazione politica o dal personale orientamento. Da narratori del presente, però, hanno fotografato (e trasfigurato) un sentimento comune e diffuso, che ben rappresenta i nostri tempi. Davanti a queste creazioni letterarie ho capito, più di quanto sia riuscito ai sondaggisti con i loro numeri o ai politologi con i loro saggi, che quelle forze politiche oggetto del richiamo presidenziale, quei partiti o movimenti contro i quali era diretto il segnale di allarme del “populismo”, avrebbero ricevuto alle elezioni un premio, e non una punizione. In particolare, tanto per essere più espliciti, lì ho capito che il Movimento 5 Stelle sarebbe andato oltre il 20% e si sarebbe affermato come il più credibile interprete di quel diffuso sentimento che ritrovavo anche nei racconti dei nostri autori.
Sabato scorso, nell’ambito della manifestazione di Cinisello, abbiamo presentato il nostro Narrativo Presente in una tavola rotonda con ospiti di riguardo. È stata una bella chiacchierata, che il tempo non ha consentito di dipanare fino in fondo. Tra gli argomenti rimasti un po’ in sospeso vi era il valore di testimonianza storica che, un domani anche non vicino, avranno questi racconti per quanti, alla ricerca delle tracce della memoria, vorranno ricostruire un periodo della nostra storia rifacendosi a fonti varie, magari pescando i fatti dagli archivi dei giornali ma cercando di cogliere spirito, sentimenti e linguaggi del tempo dalle tracce della narrazione. Credo che l’insieme dei racconti scritti nel mese di gennaio 2013 per Narrativo Presente rappresenterà, in futuro, un ottimo punto di partenza per capire il voto della fine di febbraio e classificarlo come inevitabile conseguenza di un sentire diffuso, ben chiaro a chi ha guardato la realtà e tutt’altro che imprevedibile.
Direi, per gli scopi che ci siamo prefissi, che si tratta di un’ottima partenza.