Da bambina, curiosando di nascosto nei cassetti di mamma (chi non lo fa?!) mi capitava tra le mani una bellissima stola in morbida lana bianca e rosa, quest’ultima impreziosita da filo di lamè argento che la rendeva misteriosa e luccicante.
Lo scialle non era lavorato a ferri, ma piuttosto un pizzo, una trama così perfetta da sembrare quasi un prodotto confezionato industrialmente…però non avendo mai visto mamma indossarlo, non avevo nemmeno mai osato approfondire.
E così la stola è rimasta lì, nel cassetto, celando la sua storia tra la carta croccante che la custodiva.
Ma, come ogni cosa con una storia da raccontare, e quindi con uno splendido valore latente, lo scialle reclamava la sua identità, voleva svelarci la sua origine.
Voi sapete bene, perchè ve l’ho raccontato tante volte, che ho la fortuna di poter passare qualche ora del mio tempo in una deliziosa casetta in montagna, il tempo lì si ferma e si rasserena, ed è proprio in questo luogo che spesso ho modo di incontrare zio Francesco, fratello di mamma, e di chiaccherare di tante cose….ebbene si, anche di maglia.
L’immancabile lavoro che mi porto appresso, favorisce il flusso dei ricordi…ed è qui che ritorniamo allo scialle, alla morbida nuvola di lana bianca e rosa, perchè non l’avrei mai immaginato ma, le mani che lo hanno confezionato, sono proprio quelle di zio Francesco!
L’argomento è uscito per caso, lui parlava di lana, mi raccontava che, solo cinquant’anni fa, ai tempi della sua giovinezza, tanti maschi sapevano lavorare a maglia, sapeva farlo anche lui anche se quello scialle l’aveva fatto a telaietto. Ma dove aveva appreso la tecnica?!
Eccoci al punto signori miei; una volta anche i maschi imparavano a lavorare a maglia, senza temere di poter essere considerati femminucce, imparavano a scuola e mentre svolgevano il servizio militare, a maggior ragione durante il servizio militare!
Imparare a lavorare a maglia poteva essere molto utile e pratico; c’era chi tricottava caldi calzettoni per se e per gli amici, centrini e sciarpe, guanti e scialli…prima per impegnare il tempo nelle lunghe ore di campo, spesso per vendere i manufatti e racimolare qualche soldo per non essere troppo di peso per la famiglia.
Mio zio si ingegnava, confezionava uno scialle a settimana, poi li vendeva ai compagni e poteva essere indipendente.
Intelligente, furbo e decisamente sostenibile.
Direi che la filosofia dovrebbe essere presa ad esempio in questi momenti di crisi, che ne dite?!
{lang: 'it'}