Magazine Lavoro

Quando il lavoro fondò la Repubblica

Da Brunougolini
Quando il lavoro fondò la Repubblica «Per essere liberi davvero è necessario che sia efficacemente protetto, ad esempio, il diritto al lavoro e quello di esistenza e di autonomia delle comunità di lavoro…». Non sono parole polemiche di Fassina o Landini rivolte alla ministra Fornero che nei giorni scorsi aveva dettato al Wall Street Journal la massima: «Il lavoro non à un diritto». Sono concetti elaborati nel 1946 dal democratico cristiano Giorgio La Pira, uno dei padri costituenti. Mentre un altro di questi «padri», il comunista Palmiro Togliatti sosteneva: «Ogni cittadino ha diritto al lavoro». Sono citazioni tratte da un interessante volume «Il valore del lavoro» curato da Antonio Passaro, giornalista e scrittore, capoufficio stampa della Uil. È un’accurata ricostruzione del dibattito che portò alla elaborazione della Costituzione italiana soprattutto in riferimento ai temi del lavoro. Con quell’articolo uno: «L’Italia e una Repubblica democratica fondata sul lavoro». Non fu facile, nel 1946, l’approdo a quella formulazione. Molti temevano (soprattutto nella destra liberale) che si volesse in qualche modo introdurre spazi a concezioni classiste o a modelli ispirati dai Paesi del cosiddetto socialismo reale. E non fu solo frutto, come scrivono oggi alcuni commentatori, di un alleanza catto-comunista. C’erano, accanto ad Amendola, Marchesi, Moro, Fanfani, Nenni, Basso uomini come La Malfa, Valiani, Pacciardi. E al momento della votazione finale erano in campo tre ipotesi. Quella appoggiata da comunisti e socialisti diceva: «L’Italia è una Repubblica democratica di lavoratori». I sì Furono 227 e i no 239. Per poco non ottenne la maggioranza. Ebbe anche il voto favorevole, argomentato da Rodolfo Pacciardi, di repubblicani, socialdemocratici e azionisti. Questi ultimi avevano rinunciato a una seconda dizione («fondata sui diritti di libertà e del lavoro»). A quel punto comunisti e socialisti decisero di approvare il testo presentato da democratici cristiani come Fanfani e Moro: «L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro». Scrive Passaro, riprendendo i resoconti parlamentari, che «erano le 19.45 di sabato 22 marzo del 1946 e tutta l’assemblea e il pubblico si levarono in piedi… ». Nel volume c’è anche una parte finale dedicata ai problemi d’oggi, con un accurata cronistoria del confronto sulla cosiddetta «riforma del mercato del lavoro». Una vicenda un po’ paradossale, sintetizzata nella prefazione al libro firmata da Giovanni Flores. Scrive Flores, tra l’altro, che il lavoratore atipico e precario sarebbe pronto «dopo la sua esperienza lavorativa di qualche mese, a giocarsi la propria professionalità sul mercato, solo che il mercato non c’è». Ecco: una riforma per una cosa che non esiste. Torna in mente il dubbio di Piero Calamandrei perfino su quell’articolo uno: «È una bellissima frase». Ma confessa di non saperne spiegare gli effetti giuridici agli studenti

Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :

Dossier Paperblog