Freschissimo di stampa, il nuovo albo di Arianna Papini – brava ed originale illustratrice, nonché interessante autrice completa – edito da Lapis, appare, fin dal primo sguardo, elegante e raffinato, impressivo già dal titolo: “Quando il lupo assaggiò la bambina”.
Ma non siamo di fronte all’ennesima versione, rimescolata e corretta, di Cappuccetto Rossa, sebbene i protagonisti, unici e incontrastati del racconto, siano sempre loro: un lupo e una bambina.
Due esseri tra i più diversi; uno lo immaginiamo forte, prepotente, aggressivo, l’altra la pensiamo subito debole, indifesa.
E forse così parrebbe anche in questo caso, anche se già in principio le differenze si assottigliano: in un luogo fuori dai luoghi e in un tempo oltre i tempi, ci vengono presentati un lupo solo – e per questo cattivo – e una bambina, anch’essa sola, perché troppo sognatrice.
Tutt’altro che fragile, la piccola decide di partire alla ricerca, perché così si fa quando il proprio luogo non rispecchia il proprio sé, perché così accade con la crescita: che ci si debba impegnare per scovare la realtà giusta affinché aspirazioni e sogni possano germogliare.
Nel suo cammino, trova tramonti così pacifici e rilassanti da divenire il posto giusto per posare il suo sogno di pace, scopre cieli stellati così infiniti e profondi da essere riconosciuti come perfetti per soddisfare il suo sogno di silenzio, incontra il vento che fruscia tra gli alberi e resta così incantata da trovare la buona risposta al suo sogno di musica. Fuggita da una città troppo stretta per contenere i desideri, probabilmente troppo caotica, dispersiva, impersonale, e da una casa piena zeppa di ciò che non è essenziale ma solo frutto di una cultura consumistica, la piccola protagonista incontra finalmente la natura, nella sua vastità e nella sua semplicità, e con essa si ricongiunge, placando i suoi desideri inespressi che fino ad allora l’avevano tormentata.
Ma del regno naturale fanno parte anche gli animali, e in particolar modo il lupo, grande, nero e spaventoso, del quale provare paura e dal quale fuggire, ma solo dopo che questo l’abbia assaggiata nel sonno.
Il lupo fa l’esperienza della bambina e la bambina fa l’esperienza del lupo, due esseri diversi che per un istante si incontrano. L’una scappa e torna alla sua città, l’altro rimane nel bosco, apparentemente immutato, ma, come si evince dalle immagini, toccato e commosso.
Ma ciò che è avvenuto non si cambia: l’esperienza della natura e dei sogni resta per la bambina come principio di crescita e terreno per l’anima, l’incontro con la piccola è un piccolo germoglio nel cuore del lupo, che dall’assaggio, oltre il rimpianto e la nostalgia, può trarre l’idea che è possibile, forse, un’altra realtà per lui, meno solitaria e cattiva.
Un albo non facile. Un testo aulico e ricercato e delle illustrazioni immaginifiche, ricche di rimandi fantastici e di suggestioni, incorniciano una storia profonda, che offre molteplici spunti e piani di lettura.
Vi si può leggere una critica alle città moderne, dove consumismo ed omologazione, nonché fretta e caos, rendono difficili i sogni e la fantasia, dove non c’è spazio per il verde e i bambini spesso vivono sacrificati in case, magari bellissime e colme di giochi all’ultima moda, ma di fatto povere di contenuti autentici, di compagnia, di affetto e di libertà.
Ancora, possiamo trovare il tema dei diversi che si incontrano, si toccano, si “assaggiano”, dove anche se l’uno intimorisce l’altro, per entrambi ci può essere occasione di cambiamento e riflessione.
Si può osservare che chi appare cattivo spesso lo diventa perché è solo e che solo l’amore, o l’esperienza dell’altro e della sua vicinanza, possono invertire la direzione.
Ma, allo stesso tempo, tra le righe, possiamo rilevare anche un monito a non fidarsi sempre, a non fidarsi troppo, ma a riconoscere il pericolo, quando si manifesta, e a saper avere anche la saggezza di mettersi in salvo.
Le tavole dell’autrice sono, infine, intense e lievissime allo stesso tempo, si sposano perfettamente con un testo al quale le accomuna la medesima poesia, la stessa dimensione onirica, il medesimo linguaggio che è fatto più di tracce dell’immaginazione che della realtà, più di associazioni emotive che di fedeltà ai fatti.
Le pagine si popolano allora di curiosi animali volanti e beccuti, le proporzioni cessano d’essere fedeli al vero, le figure perdono dettagli là dove si fondono con gli sfondi naturali di cui fanno parte. E i colori, anche quando sono intensi, scuri o cupi, restano costantemente equilibrati e mai stridenti.
Come avevo già scritto tempo fa, trovo le illustrazioni di Arianna Papini profondamente e fortemente femminili, là dove il termine si accorda con sensibilità, eleganza, attenzione emotiva ed armonia.
(età consigliata: dai 5 anni)
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