Magazine Lavoro
A muovere tale accusa non è solo qualche dirigente della Cgil ma anche uno studioso come Pietro Ichino. Ha detto in un' intervista al "Mondo": "I buoni-lavoro non sono più soltanto un mezzo di pagamento semplificato, disponibile per alcuni tipi di rapporto di lavoro marginale. Sono diventati una sorta di via d’uscita dal diritto del lavoro, consentita anche per rapporti di lavoro niente affatto occasionali, in un’area sempre più ampia. Così si è creato un altro tipo di lavoro precario, nel quadro del regime di apartheid fra protetti e non protetti che caratterizza il nostro mercato del lavoro".
Certo il professor Ichino stronca i "buoni" per sostenere la sua proposta di "contratto unico". Una proposta che forse migliorerebbe l'esercito dei precari (oggi licenziabili e senza diritti) ma per rendere anche i lavoratori stabili tutti licenziabili e quindi precari. Non basta però mettere in luce i limiti delle idee di Ichino, occorrerebbe mettere in campo scelte e fatti che impediscano davvero l'esistenza di due aree diverse del lavoro.
Magari cominciando da questo boom dei voucher. Le cifre parlano chiaro: nel 2011 ne sono stati venduti 11,5 milioni con un incremento dell'87 per cento rispetto al 2010 e coinvolgendo 150 mila lavoratori all'anno. L'intento era buono perché il voucher del valore di 10 euro contiene sia i contributi previdenziali che assicurativi (Inps e Inail). Una cosa ben diversa dal lavoro nero. Solo che sono stati adottati soprattutto nelle regioni del Nord, non al Sud dove maggiormente prospera, appunto, il lavoro nero. C'è poi il fatto che dovevano servire solo a determinate attività come i lavori agricoli stagionali o per occupazioni collegate a eventi sportivi o a spettacoli. Invece si sono rapidamente estesi al commercio, ai lavori di cura (badanti). Hanno coinvolto migliaia di lavoratori che avrebbero dovuto essere ingaggiati con normali contratti di lavoro. E spesso i limiti del voucher (un ora di lavoro) sono stati travolti.
Ha dichiarato a "Terra" Andrea Pastore, del Nidil-Cgil di Napoli: "Dal momento che è lasciata interamente al datore di lavoro la facoltà di compilarlo senza alcun controllo, nessuno costringe a inserire la data giusta. In caso di bisogno, il voucher può essere tranquillamente postdatato o compilato quando ce n’è bisogno". Insomma una truffa che non aiuta certo una crescita produttiva di qualità.
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